L’arrivo dei nuovi domini varati dall’Icann sta generando un po’ di confusione nelle aziende. C’è chi li considera una sorta di ricatto (se non compri il dominio rischi che se lo prenda qualcuno che può farne un utilizzo dannoso per la tua azienda) e chi invece vuole tradurlo in opportunità.
Fra queste ci sono, o potrebbero esserci dipende dall’utilizzo, le aziende italiane che hanno acquisito i domini legati ai brand. In prima fila il gruppo Fiat che ha registrato tutto i marchi con .ferrari, .alfaromeo e altri, ma nella lista c’è spazio anche per il .cipriani .bnl e .praxi, la società di consulenza.
Dal punto di vista finanziario ogni dominio costa 200-250.000 euro tanto che «Fiat potrebbe avere speso un paio di milioni di euro», spiega Gabriele Sposato, product owner domain di Dada che si occupa di domini con il brand Register.it.
Poi ci sono i generici che sono oltre settecento e qualcuno come .estate, .deals, .hotel è già sul mercato. Altri ne arriveranno nei prossimi due-tre anni, per un totale di circa settecento, e al momento fra i clienti di Dada il .ewenb è il più richiesto seguito da .shop, .hotel, .store. Circa centomila le manifestazioni di interesse (non esistono preregistrazioni) per Dada da parte di quattromila clienti.
Altri gruppi sono quelli dei geografici come .london o .roma che per il momento non è stato assegnato perché era stato acquistato da una società americana che poi non ha raggiunto l’accordo con il governo italiano (l’Icann obbliga a trovare un’intesa con l’autorità locale), e gli altri dedicati alle community (.bike, .music, .green). Chiudono la lista i domini in caratteri non latini.
La procedura di rilascio dei domini prevede un “sunrise period” (fase di prelancio riservata a possessori di marchi registrati), per arrivare all’”early access period” (acquisti i domini ma li paghi un po’ di più, serve per guadagnare una margine superiore su quelli più richiesti) per poi passare alla fase aperta, general availability, con prezzi standard e aperta a tutti.
«A oggi non esiste un calendario ufficiale del rilascio», avverte Sposato perché le date saranno decise di volta in volta. Molti domini sono infatti ancora contesi. In pratica non è ancora stato stabilito l’applicant che lo gestirà e quindi non si può sapere quando arriverà sul mercato. I domini contesi sono circa seicento fra i quali c’è il .app, prima conteso fra tredici società fra le quali c’è anche Google.
In questo caso se non si raggiunge un accordo si procede a un’asta. L’applicant che si aggiudica il dominio dovrà poi venderlo alle stesse condizioni a tutti i registrar, i distributori, che lo piazzeranno poi sul mercato. L’applicant però può decidere prezzo, regole di ammissione e posizionamento. Per esempio Donuts, uno degli applicant più importanti, ha deciso di vendere i suoi domini, per un certo periodo di tempo con il prezzo maggiorato da una fee il cui importo dipende dal giorno in cui viene acquistato il dominio.
La nuova ondata di estensioni genera anche una serie di complicazioni e discussioni legali. Per esempio la Ue sta discutendo con i titolari di alcuni domini perché si teme che alcune denominazioni legate a zone geografiche, Chianti, Champagne per esempio, possano andare in mani diverse rispetto a quelle dei consorzi che le tutelano.
Anche per questo nascono servizi per la protezione del marchio come il trademark clearing house. «Si tratta di un database mondiale di marchi registrati che permette di partecipare alla fase di sunrise. Aderendo al servizio il possessore del marchio ha il diritto di registrare il dominio corrispondente al brand prima di chiunque altro». E se qualcuno cercasse di registrare il marchio sarebbe immediatamente avvisato che si tratta di un brand, un avvertimento fondamentale in caso di disputa legale. Contemporaneamente alla richiesta di registrazione, inoltre, il registrar viene informato e avvisa il cliente che può decidere come comportarsi.