Editoriale

La morte può arrivare via Internet

Il recente caso Apple, accusata di rallentare gli iPhone, accende i riflettori su uno scenario senza precedenti: attraverso gli aggiornamenti automatici del software, sempre più utilizzati, i fornitori controllano i nostri prodotti e possono anche decretarne il fine vita. Non solo gli smartphone, ma anche le auto e tutto ciò che è connesso

Pubblicato il 05 Feb 2018

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La morte può arrivare via Internet. Mi era già successo con un caricabatterie per auto: lo avevo acquistato presso una delle catene più note, funzionava benissimo, ma dopo un aggiornamento il mio smartphone annunciò che era (diventato) “incompatibile”. Evidentemente chi produceva quel caricabatterie non aveva corrisposto il “dovuto” al produttore dello smartphone (non farò nomi), e la risposta era stata drastica: penalizzando non solo le vendite future di quella marca, ma anche gli “incolpevoli” possessori – come me – di caricabatterie acquistati nel passato.

Più di recente il caso Apple, apparso sui giornali di tutto il mondo, e forse (se i sospetti della nostra magistratura si rivelassero corretti) un simile caso Samsung. Apple, senza preavviso alcuno sui contenuti di un aggiornamento, ha “rallentato” il funzionamento degli iPhone di qualche anno fa: per motivi di funzionalità secondo la società, per incentivare la vendita dei nuovi modelli secondo molti commentatori. Se questa tesi fosse vera ci troveremmo di fronte a una rilettura innovativa e molto più efficace della tradizionale “obsolescenza programmata”: per la possibilità di inviare al momento più opportuno il messaggio di morte, con esecuzione immediata, invece che essere costretti a decidere in largo anticipo l’orizzonte di vita approssimativo del prodotto, con una forte incertezza sulla data precisa del decesso.

Sono due episodi che ci devono far riflettere, perché il meccanismo degli “aggiornamenti automatici” via Internet si sta diffondendo a macchia d’olio, con il passaggio al modello cloud. Esso è ovviamente utilizzato per aggiornare i sistemi operativi dei PC e renderli impermeabili ai nuovi attacchi informatici, ma più generale tende a essere presente ovunque ci sia un software da manutenere e (se possibile) da migliorare.

È il caso quest’ultimo reso famoso da Tesla, che vende le sue auto elettriche insieme con la promessa di migliorarne continuamente il funzionamento – nel futuro – attraverso la messa a disposizione via Internet di software sempre più sofisticati.

Siamo in presenza, in altre parole, di uno strumento che può essere straordinariamente utile, ma che può anche essere utilizzato per scopi “impropri”. Alla stregua di quello che molte banche fanno da sempre, aggiustando i bilanci a fine anno scaricando silenziosamente costi – anch’essi “impropri” – sui clienti. Alla stregua di quello che potrebbe accadere in futuro ai possessori di auto, piuttosto che di elettrodomestici, quando diventerà generale il check-up via Internet del buon funzionamento dei diversi componenti e l’avviso immediato ai clienti delle necessità di intervento: le case automobilistiche e i produttori di elettrodomestici potrebbero, come visto per le banche, segnalare guasti inesistenti per gonfiare i fatturati dei loro centri di assistenza e le vendite di ricambi.

In sintesi, occorre favorire al massimo la diffusione di questi meccanismi innovativi di aggiornamento e di check-up continuo, per i notevoli vantaggi che essi possono dare. Ma occorre nel contempo, essendo questi servizi – senza precedenti nella storia – una parte integrante dei prodotti, che vengano evidenziate  nei contratti di vendita (così come avviene per la tradizionale definizione delle garanzie) le regole di correttezza e di trasparenza che i produttori si impegnano a seguire. È opportuna una definizione legislativa (almeno a livello UE) delle “regole del gioco”, con le connesse sanzioni; ma forse ancora più importante è il controllo “dal basso”, che sarebbe sicuramente favorito – nel nostro Paese – da una maggiore diffusione delle associazioni di consumatori.

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