Reportage

La grande ascesa del Dragone tra Shenzhen e Shanghai

Un breve viaggio nel cuore economico della Cina, il Guangdong, considerato la “fabbrica del mondo”, prodotti ICT inclusi. Shenzhen, una megalopoli da 12 milioni di abitanti con un cielo sempre grigio di smog, ne costituisce il fulcro amministrativo. E poi Shanghai, che con i suoi 20 milioni di abitanti è la città più popolata al mondo.

Pubblicato il 03 Ott 2015

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Negli ultimi anni la provincia del Guangdong, nel sud della Cina continentale, è stata protagonista di una rapida crescita economica, soprattutto in virtù delle riforme avviate a partire dal 1978 dal leader dell’epoca, Deng Xiaoping. La prossimità della regione all’oceano in passato ha favorito l’emigrazione di gran parte della popolazione rurale verso l’Europa e gli Stati Uniti.

Nell’ultimo trentennio, però, una serie di fattori, come la vicinanza a Hong Kong (ex colonia inglese), i forti vantaggi fiscali introdotti dalle politiche governative e i legami con gli emigrati, hanno favorito lo sviluppo economico dell’area che è, oggi, una delle più ricche della Cina. Tutto intorno alle grandi città è un proliferare di fabbriche, spesso estese come un capoluogo di provincia italiano. E se è vero che molte si specializzano in lavorazioni a basso costo e basso valore aggiunto (basti pensare che qui si produce l’85% degli alberi di Natale artificiali e l’80% dei giocattoli venduti nel mondo), è noto che nella zona sono concentrate anche le aziende che producono componenti e tecnologie ICT all’avanguardia, come il colosso Huawei.

Gli sgravi fiscali favoriscono il reinvestimento di buona parte dei profitti in ricerca e sviluppo e il governo ha deciso due anni fa di destinare 250 miliardi di dollari l’anno all’obiettivo di “sfornare” 195 milioni di ingegneri, informatici e nuovi manager entro il 2023. Nell’ultimo decennio i laureati sono quadruplicati, il numero di college e università è raddoppiato nel paese, arrivando a sfiorare le 2.500 unità. Una crescita senza rallentamenti, programmata, che si accompagna agli investimenti nei settori trainanti dell’economia come le tecnologie digitali e il “green” (energie rinnovabili, biotecnologie, auto ibride…).

Insomma, non più “imitazione” ma “innovazione”, sembra essere il nuovo imperativo del paese del Dragone.

Shenzhen, culla delle fabbriche hi-tech

Storico villaggio di pescatori, con le riforme del ’78 Shenzhen è divenuta la prima “zona economica speciale” della Repubblica Popolare Cinese (PRC). Milioni di auto in fila come lunghi serpenti dei quali non si vede la testa affollano gli stradoni a quattro corsie della città, sulla quale svettano quartieri di grattacieli alti almeno 40 piani.

La vista dal 100° piano dell’Hotel St. Regis (430 metri) è spettacolare e proprio a Shenzhen sarà inaugurato nel 2016 il secondo grattacielo più alto al mondo (Ping An Financial Center, 660 metri), dopo il Burj Khalifa (828 mt) di Dubai. Nessuno o quasi parla inglese, nemmeno i vigili urbani o i tassisti, solo i rivenditori di borse e orologi falsi sanno come farsi capire dai turisti e dagli uomini d’affari in cerca di “tarocchi” d’occasione.

Le fabbriche di tecnologie e componenti ad alto valore aggiunto strategicamente posizionate nei suoi sobborghi sono realmente all’avanguardia, completamente digitalizzate e robotizzate. La maggior parte di queste applica in concreto i canoni del “miglioramento continuo” propri di alcuni programmi di gestione della qualità come Six Sigma. L’obiettivo cui tendere, per tutti, è la perfezione: ridurre gli scarti di produzione a zero, arrivare a verificare e certificare il 100% dei pezzi e dei componenti prodotti.

Shanghai è la città più popolosa al mondo, una conurbazione con oltre 20 milioni di abitanti e una densità di popolazione per chilometro quadrato di circa 3.600 persone. Non stupisce, quindi, che tutta l’area urbana sia un cantiere a cielo aperto perché la richiesta di abitazioni è ampiamente insoddisfatta.

I condomìni sono composti da una decina di grattacieli di almeno una trentina di piani o più, con una ventina di appartamenti per ciascun piano e ovunque si vedono panni stesi sui balconi. Il perché è presto detto: solitamente una famiglia non riesce da sola a permettersi un appartamento in città e, quindi, è costretta a coabitare con altre famiglie. Per poter dormire tutti, i mobili sono ridotti al minimo indispensabile e per gli armadi non c’è posto.

Le distanze, come del resto a Shenzhen e nelle altre megalopoli cinesi, sono molto più ampie di quanto non appaia dalle cartine.

Il centro della città è diviso idealmente in due zone. Quella vecchia è piena di contrasti. Qui si alternano strade moderne e templi, bazar e vicoli sporchi e poveri. Quella nuova ti sorprende per la pulizia e l’ordine di strade e giardini. Anche di notte c’è sempre chi ramazza un marciapiede o tosa l’erba.

Alla sera la magia della città ti avvolge con i suoi mille colori e tutti si riversano sul Bund, il lungofiume posto sulla parte più antica della città, quella con gli alberghi più lussuosi e le case dal tipico stile tedesco e francese. Dal Bund si può ammirare il distretto di Pudong, sull’altra sponda del fiume Azzurro (Yangtze), con gli altissimi grattacieli espressione dello sviluppo economico cinese. Tra questi lo Shanghai World Financial Center (che per la sua forma è stato ribattezzato “cavatappi”), la torre della televisione (chiamata “perla d’oriente”) e la Shanghai Tower (detto “sigaro”).

Una città che definire “trafficata” è un eufemismo: per coprire anche brevi distanze in auto ci possono volere delle ore. Tutti sono, però, sempre connessi. Milioni di smartphone e tablet sui quali tenersi in contatto via social (WeChat la più diffusa, causa la censura di Facebook) e guardare video musicali.

Una potenza fondata sul digitale

Una forbice che tende sempre più ad allargarsi, quella tra lo stile di vita della popolazione che vive di lavori tradizionali e quella di chi, invece, studia. Oltre 135 milioni di cinesi vive con un reddito inferiore alla soglia di povertà (circa il 10% della popolazione), ma nel paese si producono 841 telefonini ogni mille persone (negli altri paesi sono solo 83,6 per 1.000 persone). I computer prodotti sono 283 ogni mille persone (contro le 5,9 unità, in media, del resto del mondo).

Vedendo sul campo, nel Guangdong e a Shanghai, il grado di penetrazione delle tecnologie digitali e gli sforzi fatti dal governo per favorire l’innovazione a 360° è più facile comprendere perché la Cina “traina” o, come è successo questa estate con il crollo del mercato immobiliare interno e della Borsa, “trascina” l’economia mondiale.

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