Negli anni fra il 2008 e il 2010 la percentuale di piccole imprese (10-49 addetti) con attività innovative è aumentata di 0,7 punti percentuali rispetto al periodo 2006-2008, mentre è diminuita di 2,7 punti la quota delle aziende della classe d’addetti 50-249 e di 1,4 punti percentuali tra quelle con oltre 250 addetti.
La quota di piccole imprese con attività innovative è risultata in crescita soprattutto nell’industria (con un aumento di 2,1%), ma anche nei servizi (+0,7%).
L’unico comparto in cui si è ridotta è quello delle costruzioni dove la flessione arriva al -4,6%.
Sono i dati dell’indagine di Rete Imprese Italia, che riunisce Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti, da cui emerge che da parte delle piccole imprese innovatrici si può cogliere una diffusa tendenza alla “polarizzazione” delle innovazioni adottate, che sempre più spesso riguardano o soltanto il processo o soltanto il prodotto/servizio offerto. Minoritaria è la quota di piccole imprese che innova sui due fronti.
Innovare prodotti e servizi per restare sul mercato
La prima fase della crisi economica sembra aver portato ad una maggiore attenzione nei confronti dell’offerta di prodotti o servizi innovativi, più che verso l’efficientamento dei processi produttivi.
La quota di imprese innovatrici che punta esclusivamente sull’innovazione di prodotto/servizio è aumentata di 7 punti percentuali tra le piccole imprese dell’industria e del 5% tra le piccole imprese dei servizi.
La quota di fatturato imputabile a nuovi prodotti o servizi introdotti dalle piccole imprese innovatrici nel periodo 2008-2010 è più che raddoppiata, raggiungendo il 38,1%, a fronte del 17,8% registrato tra il 2006 e il 2008. Si tratta di un’incidenza circa 15 punti percentuali più elevata di quella che si può cogliere tra le imprese innovatrici di medio-grandi dimensioni.
Tra le piccole imprese innovatrici la quota di fatturato proveniente da prodotti o servizi nuovi non solo per l’impresa, ma anche per il mercato di riferimento raggiunge il 12,4%, a fronte dell’11,7% della classe d’addetti 50-249 e del 12% tra le aziende con più di 250 addetti.
La crescita viene registrata anche per l’impegno singolarmente offerto dalle piccole imprese. Per ciascuna impresa innovatrice di dimensione compresa tra i 10 e i 49 addetti aumenta del 9,8% (14.332 euro) la quantità di risorse destinata alle innovazioni di processo e di prodotto e del 24,9% (1.626 euro) la spesa per addetto destinata all’innovazione.
Guardando al totale dei settori, le piccole imprese innovatrici sostengono una spesa per addetto più elevata sia rispetto alle aziende di media e di grande dimensione: 800 euro in più nel primo caso, 500 euro in più nel secondo. L’unica eccezione è rappresentata dal settore industriale, dove per le aziende con più di 50 addetti la spesa pro-capite raggiunge gli 11.200 euro, a fronte degli 8.100 di quella della classe 10-49.
Sia nel settore industriale sia nei servizi, tra le piccole imprese innovatrici si registra una crescente attenzione verso le fasi di Ricerca e Sviluppo o di progettazione, a scapito dell’acquisto di nuovi macchinari e impianti produttivi o nuove tecnologie, anche se tale voce continua a permanere maggioritaria.
Politiche pubbliche sbilanciate verso le aziende grandi
Le politiche pubbliche a sostegno dell’innovazione rimangono però squilibrate a vantaggio delle aziende di medio-grandi dimensioni.
Ad avere accesso a forme di sussidi per l’innovazione è, rispettivamente, il 18% di tutte le aziende con più di 50 addetti (che diventa il 36% con riferimento alle sole innovatrici), a fronte d’un più modesto 8% di quelle che hanno una dimensione compresa tra i 10 e i 49 addetti (percentuale che si triplica però se calcolata sulle sole piccole realtà innovative). “Appare allora evidente e sempre più marcato il dualismo tra piccole imprese, i cui sforzi per l’innovazione sono finanziati a livello locale, e medio-grandi aziende, che invece accedono in prevalenza a risorse di carattere nazionale”.