Una top manager che tutto il mondo ci invidia, Cristina Scocchia, da tre anni e mezzo CEO della multinazionale del beauty KIKO. Brand iconico del Made in Italy, KIKO coniuga la tecnologia e l’innovazione di prodotto con la creatività dei settori moda e makeup in una formula magica che attrae e fidelizza soprattutto le più giovani. Numeri da capogiro quelli del brand del gruppo bergamasco Percassi: KIKO è una realtà da 7.700 dipendenti, presente in 27 paesi con una rete di circa 900 punti vendita, a cui si aggiunge un canale eCommerce esteso a ben 34 paesi.
Who's Who
Cristina Scocchia
AD illycaffè e Consigliere di Amministrazione EssilorLuxottica
Un modello di leadership femminile
Laurea in economia e commercio in Bocconi e master in economia aziendale dell’Università di Torino, Scocchia inizia la sua carriera in Procter&Gamble nel 1997. Qui rimane 17 anni, durante i quali ricopre ruoli di crescente responsabilità fino ad acquisire, nel 2012, la leadership delle Cosmetics International Operations con la supervisione, nelle marche di sua competenza, di oltre 70 paesi del mondo. Dal 2014 al 2017 assume l’incarico di Amministratore Delegato di L’Oréal Italia, guidando il ritorno alla crescita della società in un contesto economico particolarmente sfidante.
Da luglio 2017 è Amministratore Delegato di KIKO, di cui ha completato il piano di risanamento che ha portato in soli due anni al raddoppio dell’Ebitda. Attualmente, siede anche nei Consigli di Amministrazione di EssilorLuxottica e Illycaffe.
Un modello di leadership femminile cui guardano molte giovani donne, Cristina Scocchia ha compreso in tempi non sospetti l’importanza chiave del digitale in un mondo, quello del beauty, per il quale l’esperienza in store sembrava irrinunciabile.
In questa intervista ho cercato di carpire la ricetta segreta del suo successo e di quello di KIKO. Ne sono venuti fuori degli spunti davvero interessanti.
Who's Who
Cristina Scocchia
AD illycaffè e Consigliere di Amministrazione EssilorLuxottica
Quali sono le principali qualità per essere un buon leader?
Un leader deve avere il dono della visione, deve pensare in modo strategico, a 360 gradi e con un orizzonte temporale di lungo periodo. Questo significa non solo definire una direzione, ma anche un piano per raggiungerla. E significa soprattutto avere la capacità di prendere decisioni difficili. Mai come in questo periodo siamo chiamati a farlo, mettendoci sempre la faccia e trattenendoci dentro la pressione e lo stress. Il leader deve essere un esempio, un punto di riferimento in grado di ispirare fiducia. Deve avere un comportamento irreprensibile anche dal punto di vista etico e morale. Ma questo non basta. Un leader può definirsi tale solo se sa costruire dei team forti e se sa motivarli a dare il meglio anche in questo momento storico in cui al rapporto diretto si è sostituito quello mediato dalla tecnologia. Perché per uscire da questa crisi dobbiamo fare tutti la nostra parte.
Come sono cambiati i modelli organizzativi e come questo si riflette sullo stile di leadership?
La mancanza di fisicità degli ultimi mesi non fa che rafforzare la necessità di accelerare il passaggio da modelli di leadership gerarchica a modelli di leadership diffusa e responsabile, in cui prevale un rapporto di fiducia tra azienda e collaboratori e in cui si valutano il merito, la performance e i risultati.
Come riesce a ottenere il massimo dai suoi collaboratori?
Credo molto nell’efficacia di una leadership partecipativa, basata su credibilità e fiducia, e su una comunicazione trasparente, tempestiva ed empatica, che aiuti mantenere il senso di comunità senza lasciare indietro nessuno, neanche in momenti difficili come quelli che stiamo vivendo.
Come una manager come lei riesce a garantirsi un buon equilibrio tra vita privata e vita lavorativa?
Sicuramente conciliare diversi ruoli è difficile e richiede tante energie. Ma è possibile, concentrandosi in ogni ruolo sui momenti chiave che fanno la differenza e imparando a delegare il resto, senza sensi di colpa. Sicuramente non è una ricetta universale ma a me ha aiutato molto.
Quali sono i pilastri della strategia di KIKO?
La nostra formula si basa su tre ingredienti: prodotti di qualità, un prezzo accessibile e una visione tutta italiana del concetto di bellezza. Come italiani, cresciamo vedendo e respirando la bellezza. La vediamo nei dipinti, nelle sculture, nei mosaici e in una natura che ci ispira infinitamente. La riproponiamo in oggetti di moda e di design che il mondo ci invidia. Questo è il nostro DNA: un concetto italiano di bellezza universalmente attraente.
Come sono cambiati i modelli d’acquisto negli ultimi 12 mesi?
La crescita dell’eCommerce e il calo del traffico nei negozi stanno cambiando il retail e le abitudini d’acquisto in modo permanente, dando più importanza all’omnichannel, alla capacità di integrare realtà fisica e virtuale. Nessuno poteva prevedere la pandemia e l’accelerazione che avrebbe impresso a questi trend, ma in KIKO avevamo intuito in tempi non sospetti queste traiettorie strategiche di cambiamento. Già dal 2018 abbiamo puntato sull’eCommerce, non solo investendo in un nuovo sito web, in una nuova app per smartphone e in nuove tecnologie try-it-on, ma anche soprattutto stringendo partnership con i principali marketplace in Europa, negli Stati Uniti e in Cina.
Il suo ingresso in azienda è coinciso con la svolta digital di KIKO…
Sì, il 2018 e il 2019 sono stati due anni di svolta per KIKO. Abbiamo attuato un intenso processo di trasformazione e riorganizzazione, con l’obiettivo di aumentare l’efficacia finanziaria e operativa dell’azienda. Il processo di turnaround non solo ci ha consentito di raddoppiare l’Ebitda in appena due anni, ma ci ha permesso di gettare le basi di quelle strategie di innovazione di prodotto, digitalizzazione dell’azienda, sviluppo dell’eCommerce e dell’onmicanalità, che si sono poi rivelate essenziali per essere resilienti durante la pandemia. Lo sviluppo qualitativo e quantitativo del digital marketing è, quindi, parte integrante di una strategia più ampia, finalizzata a modernizzare l’azienda e digitalizzare il modo in cui opera al proprio interno e con i propri clienti. Oggi il digital marketing conta oltre il 70% dei nostri investimenti marketing e presenta un ottimo ritorno sull’investimento.
Come è possibile garantire ai clienti KIKO esperienze sicure e ingaggianti anche oggi?
KIKO ha implementato tutti i protocolli di sicurezza previsti dai diversi Paesi. Nei nostri punti vendita è quindi possibile fare un’esperienza d’acquisto piacevole e priva di rischi. Tra le varie misure che abbiamo adottato, le più importanti riguardano la riduzione del numero di clienti che possono entrare contemporaneamente in negozio, l’impiego di mascherine e gel disinfettanti e un approccio molto attento all’utilizzo dei tester di prodotto. Ogni articolo che entra in contatto con un cliente è, infatti, ad uso esclusivo di quel cliente. In questo modo siamo in grado di garantire un’esperienza completa e sicura. Tutto questo senza dimenticare che il mondo digitale e le tecnologie di intelligenza artificiale ci permettono di creare applicazioni molto interattive, che assicurano una valida esperienza di makeup virtuale».
Qual è la strategia social? Quanto conta il social listening?
Il social listening per noi è centrale per raccogliere il feedback dei nostri clienti sui prodotti, sulle collezioni e sull’assetto valoriale della marca. È una fonte di informazioni davvero importante per KIKO e ci permette di capire in profondità cosa desiderano i nostri clienti e cosa si aspettano da noi nei diversi mercati. Al momento siamo presenti globalmente in tutte le principali piattaforme social, con un ruolo centrale affidato a Instagram, che è un mezzo altamente visivo, quindi è l’ideale per il mondo del beauty. Siamo anche attivi su Facebook, con campagne social molto targettizzate, Youtube, Twitter, Pinterest, TikTok e persino su Spotify, con playlist a tema KIKO. Il consumatore digitale si aspetta varietà e creatività e noi ogni mese postiamo su queste piattaforme più di 100 contenuti, tra immagini e video, ad un ritmo che solo 10 anni fa sembrava impossibile.
Che importanza riveste la brand awareness?
La brand awareness per KIKO varia a seconda dei mercati. In Italia, Francia, Spagna e Portogallo è molto alta, anche grazie al grande numero di negozi presenti in questi mercati. Nei Paesi in cui siamo entrati solo negli ultimi anni, come ad esempio quelli medio-orientali, stiamo ancora investendo per costruire la notorietà della marca e in questi casi il digital marketing è uno strumento fondamentale.