La teoria dell’intelligenza emotiva, da molti anni applicata con successo in molteplici contesti personali e professionali, offre una lettura interessante anche delle relazioni virtuali che sempre più soppiantano quelle vis-à-vis nel mondo del lavoro. A Daniel Goleman abbiamo chiesto come le organizzazioni dovrebbero oggi affrontare i temi della comunicazione, della formazione e della selezione, in particolare quando coinvolgono la generazione dei nativi digitali.
Who's Who
Daniel Goleman
Psicologo e Co-Director Consortium for Research on Emotional Intelligence in Organizations, Rutgers University
Professor Goleman, già dagli anni 90 con i suoi libri sull’intelligenza emotiva lei ha messo in luce il crescente disagio emotivo dei bambini e delle nuove generazioni. Oggi queste stesse nuove generazioni che ha studiato si affacciano al mondo del lavoro: quali consigli si sente di dare a chi si trova a selezionare i giovani e a doverne sviluppare i talenti?
Quando nel 1995 scrissi Intelligenza emotiva, avevo sotto mano una serie di dati che mostravano come i bambini dei Paesi sviluppati stessero accusando stress emotivi maggiori rispetto alle generazioni precedenti. Ora i ragazzi di quella generazione stanno per entrare nel mondo del lavoro e rappresentano una sfida per le aziende che li assumono. Una buona strategia sarebbe quella di utilizzare la lente dell’intelligenza emotiva nella selezione e, soprattutto, nella loro formazione. Competenze quali la consapevolezza di sé, la capacità di auto-organizzarsi, l’empatia e la capacità di gestire le relazioni personali – i fondamenti dell’intelligenza emotiva – possono essere apprese in qualsiasi momento della vita. Nella formazione dei dipendenti più giovani, le aziende dovrebbero porre enfasi su collaborazione e lavoro di squadra, comunicazione e altre “soft skill”. Per quanto riguarda la motivazione, questi lavoratori necessitano molto più delle generazioni precedenti di trovare uno scopo e un significato nel lavoro che svolgono.
I nuovi modelli organizzativi sono caratterizzati da livelli di turnover e dispersione dei lavoratori sempre più elevati. In questo contesto, come fare a favorire l’instaurarsi di un corretto rapporto tra individui e tra questi e l’organizzazione?
I tassi di turnover più alti e le maggiori distanze tra le persone rendono più difficoltoso instaurare quel tipo di relazioni personali che arricchiscono la vita lavorativa e rendono il lavoro più piacevole. Le aziende dovrebbero quindi prestare attenzione a creare più opportunità di incontro tra i propri dipendenti – come pranzi, meeting fuori dagli uffici ecc. – così da agevolare la nascita di amicizie. In un certo senso le aziende sono stratificazioni di relazioni interdipendenti; fortificare queste relazioni è di aiuto per tutti.
La globalizzazione porta a interagire in modo sempre più frequente con persone che portano culture, linguaggi, modelli di comportamento e valori diversi. Quale impatto può avere questo contesto sulle condizioni emotive e quali sfide comporta per le abilità relazionali delle persone?
Lavorare con persone che hanno background culturali differenti può rendere la vita più ricca. La diversità in azienda, se da un lato è di aiuto per stimolare la creatività, dall’altro aumenta le probabilità che si vengano a creare incomprensioni e difficoltà nella comunicazione. Una competenza di grande aiuto in questo ambito è l’empatia cognitiva, ovvero l’abilità di capire in quale maniera un’altra persona pensa, percepisce e comprende il mondo che lo circonda. L’empatia cognitiva è ciò che ci consente di esprimerci con modalità che l’altra persona è in grado di comprendere.
Dentro e fuori dalle organizzazioni, l’interazione sociale avviene oggi in modo sempre più “mediato” dalle tecnologie dell’Information and Communication Technology. Fenomeni come i social network su Web e i sistemi di Unified Communication and Collaboration stanno portando le persone a utilizzare codici di comunicazione e comportamento parzialmente diversi da quelli sviluppati dall’uomo in migliaia di anni di storia. Quali nuove regole sociali e quali abilità emotive e relazionali questi strumenti richiedono di sviluppare?
Le comunicazioni virtuali, come le mail e i social network, possono ingannare il cervello. I nostri circuiti sociali sono progettati per interagire con la ricchezza informativa che caratterizza gli incontri vis-à-vis, in cui riusciamo a cogliere in maniera istantanea tutte le componenti emozionali implicite. Le comunicazioni mediate dalla tecnologia privano il nostro cervello di queste componenti, e ciò può portare a una comprensione errata, o scatenare reazioni impulsive. Una ricerca ha rivelato, per esempio, che le eMail sottendono un pregiudizio: chi riceve il messaggio tende a interpretarlo in una luce più negativa rispetto alle intenzioni del mittente. Il Web richiede una maggiore empatia: per esempio è necessario, prima di inviare una mail, fare una pausa e chiedersi come l’altra persona reagirà leggendola, e quindi magari rivederla utilizzando un tono più amichevole.
Da sapere
Chi è Daniel Goleman
Esperto indiscusso di “intelligenza emotiva”, Daniel Goleman è noto in tutto il mondo per aver stimolato un atteggiamento culturale più rispettoso e favorevole alle emozioni. È nato in California nel 1946. Ha conseguito un dottorato ad Harvard in psicologia clinica, tuttavia il suo dono come giornalista combinato con la sua competenza in neurologia hanno fatto di lui l’influente psicologo che è oggi. La sua carriera come giornalista scientifico comincia quando viene assunto dal New York Times per occuparsi di psicologia e scienze comportamentali dal 1984 al 1996, attività che gli è valsa per due volte il premio Pulitzer. Autore del bestseller acclamato dalla critica Intelligenza emotiva (1996), il contributo di Goleman all’arena psicologica ha influenzato a livello educativo, politico e professionale. È autore di diversi libri. Il più recente, Intelligenza ecologica (2009), considera le conseguenze ambientali occulte di ciò che compriamo. Daniel Goleman sarà speaker al World Business Forum 2011 che si terrà a Milano il 9 e 10 novembre.
Cos’è l’intelligenza emotiva?
Daniel Goleman ha trasformato il nostro modo di misurare e valutare l’intelligenza e come questa si correla al successo nella vita. Con uno sguardo rivoluzionario alla capacità cognitiva, non respinge l’importanza del QI, ma ritiene che non sia l’unica misura della nostra attitudine. La teoria di Goleman considera fattori emotivi che in molti casi sono formati fin dall’infanzia, ma possono anche essere sviluppati dalle esperienze nel corso dell’esistenza. Dalla pubblicazione del suo libro, il concetto si è ampliato per essere utilizzato nella formazione, nel business e nella gestione delle Risorse Umane.