Management

Strategia digitale e creazione del valore per l’impresa: nuovi strumenti, tecnologie, metriche

L’innovazione digitale mette a disposizione un nuovo ventaglio di opzioni per raggiungere l’obiettivo di ogni strategia aziendale, quello di generare crescita e risultati positivi. Un giro di opinioni fra alcuni protagonisti italiani per orientarsi nelle opportunità della digital transformation

Pubblicato il 24 Lug 2019

Giovanni Viani*

Partner, YourGroup

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Ogni azione che svolgiamo nelle aziende in cui lavoriamo, anche se non ne siamo spesso consapevoli è, o dovrebbe essere, finalizzata alla creazione del valore. Strategia è l’insieme pianificato delle scelte commerciali, operative e finanziarie, che, tenendo conto dell’ambiente e delle risorse disponibili, si ritiene possa portare agli obiettivi stabiliti di sviluppo di questo valore.

La strategia mira quindi alla creazione di un vantaggio competitivo in grado di generare utili superiori ai benchmark con cui ci confrontiamo. Misuriamo il valore come capitalizzazione di Borsa o valutazione di mercato. È una visione orientata al futuro perché ciò che conta non è più tanto il differenziale dei ricavi e dei costi o la fotografia dello stato patrimoniale ma la potenzialità di produrre risultati sempre migliori.

Prefiggersi la massimizzazione del valore nel lungo periodo vuol dire garantire agli investitori un livello adeguato di cash flow, valutato nel differenziale rispetto al livello dei principali concorrenti. In realtà, il valore è tale non solo in quanto stimato e previsto, ma anche in quanto comunicato e percepito, per cui rientra nelle sue leve anche l’efficacia con cui gli obiettivi fissati e poi raggiunti vengono trasmessi agli investitori.

A valle della big idea occorre una costante cura all’execution, giorno dopo giorno, facendo sì che ogni funzione, ogni processo, accumuli e metta a terra, al momento giusto, valore trasferibile al cliente, in una delivery non solo commerciale ma anche adeguata alle aspettative di marginalità, nonché di compliance e responsabilità sociale, di tutti gli stake-holders.

Valore, come si misura

«Due i metodi più usati nella pratica internazionale – dice Andrea Pietrini, Presidente e fondatore di YOURgroup al Master in Digital Strategy, Politecnico di Milano – quello dei Discounted Cash Flow e quello dei Multipli». Eccoli in dettaglio

  • Discounted Cash Flow, ovvero flussi di cassa scontati per il misurare il valore di un’impresa. Il valore risulta dalla somma dei cash flow previsti lungo tutto l’arco temporale e dalla misura del rischio. I flussi di cassa vengono attualizzati al costo medio ponderato del capitale, che è appunto la media ponderata del costo del capitale di terzi e del capitale di rischio.
  • Multipli, in particolare un multiplo dell’EBITDA. In questo caso si parte dai Ricavi e si sottraggono i costi di produzione per determinare il Valore Aggiunto. Andando al netto dei costi generali otteniamo l’EBITDA. Questa è la metrica più importante per determinare il valore di un’azienda. Viene considerato quindi l’EBITDA previsto in business plan, moltiplicato per un fattore numerico rappresentativo delle prospettive del settore, al netto di debiti e cassa.

Come agire allora per accrescere il valore dell’impresa? Abbiamo diverse leve tradizionalmente a disposizione e il digitale oggi consente un’ulteriore batteria di strumenti, applicabili secondo un mix variabile alla start-up digitale, alla PMI avviata alla crescita o in turnaround, alla grande azienda che ha necessità di creare valore per accumulare spazio di manovra rispetto alle concorrenti.

Leve reddituali

Accrescimento dei Ricavi. Abbracciare le opportunità offerte dal digitale per creare valore, può avvenire in molti modi, ecco una check list per macro aree.

  • Ampliare i canali di vendita attraverso ecommerce
  • Sviluppare nuovi modelli distributivi per canali di intermediazione oppure anche solo per delivery logistica
  • Cercare nuovi clienti attraverso sistemi innovativi di leads generation, che integrino scouting di liste consumer e business con informazioni alternative e le processino via AI
  • Ampliare la visibilità sul mercato allargando il numero di touchpoint fisici e digitali e allineandoli
  • Strutturare ed efficientare la relazione col cliente attraverso marketing automation e re-targeting
  • Riconsiderare il nostro modello di business da prodotto a servizio (servitization), espandendolo in modalità miste tra subscription e pay per play, strizzare l’occhio ai modelli di gamification per poi verticalizzare ove possibile fino alle moderne soluzioni in-thing
  • Contaminare il processo progettazione, lancio e sviluppo commerciale con modelli più dinamici, ispirati a design thinking e growth hacking
  • Riorganizzare il meccanismo di determinazione del prezzo in chiave dinamica e real-time attraverso AB testing e artificial intelligence
  • Ampliare il business scope dell’azienda e ragionare in termini di ecosistema, facendo evolvere quindi il meccanismo delle partnership distributive in una modalità di relazione integrata.

Un approccio quindi non solo data driven, ma anche in grado di scomporre l’offerta ridefinendo alleanze e collaborazioni grazie alla tecnologia.

Ovviamente il digitale ci assiste anche nell’andare oltre ai confini fisici e territoriali, per cui l’internazionalizzazione diventa un’opzione alla portata di tutti, la cui complessità tuttavia non deve essere sottovalutata, anzi riconsiderata. Maggiore accessibilità all’internazionalizzazione sì, ma solo se si riesce a selezionare il partner realmente competente. «Andare all’estero non vuol dire semplicemente partecipare a una fiera, o tradurre il proprio sito o fare una campagna online» dice Marinella Latteri di Thymos Business & Consulting, società di corporate finance esperta in M&A e consulenza strategico-finanziaria d’impresa «occorre un valido progetto strategico industriale, e che quest’ultimo sia supportato anche in termini finanziari con strumenti di finanza straordinaria di medio lungo periodo. Quando crescono le risorse in gioco e le aspettative, bisogna mettere in conto rischi e imprevisti che possono impattare sugli sviluppi commerciali attesi, per cui il progetto di internazionalizzazione va supportato in termini di finanza strutturata. Si può ragionare sull’ingresso di un socio o sull’emissione di un mini bond per reperire le risorse finanziare da impiegare, ad esempio, per acquisire o costituire una realtà nei Paesi target creando un punto strategico logistico o di produzione. Quindi non parliamo solo di reperire risorse finanziarie, ma del loro mix e dell’adeguatezza delle stesse al progetto industriale». D’altro canto, internazionalizzare consente di valorizzare l’azienda non solo in termini di ricavi attesi, ma anche di accrescerne l’appeal agli occhi di un potenziale investitore aumentandone la capacità di confronto col mercato e riducendo il rischio Paese.

Riduzione dei costi operativi

Il modello storico di riduzione dei costi passa attraverso l’ampliamento della scala di produzione, con la semplificazione e focalizzazione dell’offerta commerciale e quindi produttiva. Le tecnologie Industry 4.0 nascono invece proprio per consentire efficienza, e quindi costi più bassi, a scala di produzione costante e addirittura su lotti unitari. Cioè realizzare nella linea di produzione un prodotto per uno specifico cliente minimizzando fermo macchina e costi aggiuntivi. Dalla produzione di massa, quindi alla massima customizzazione produttiva. E, ovviamente, il set di strumenti include manutenzione predittiva per ridurre downtime e scarti, digital twin per tenere sotto controllo costi di progettazione e ingegnerizzazione, augmented e virtual reality per l’assistenza tecnica, droni e robot per svolgere operazioni di produzione e manutenzione sempre più efficienti, digitalizzazione dei flussi informativi fino alla robot process automation per abbattere tempi e costi di processo dall’amministrazione alla supply chain, knowledge management basato su machine learning per mettere soluzioni e informazioni a vantaggio di tutte le community interne coinvolte. L’utilizzo dei dati, attraverso ogni applicazione dell’IOT, consente riduzioni nell’uso dei fattori di produzione ed efficientamento nella gestione dei semilavorati, in termini di movimentazione e impiego.

E in ambito organizzativo, il valore si genera anche attraverso riduzione dei costi via smart working, nuove modalità di ricerca, selezione e formazione del personale, ma soprattutto, come sostiene Emanuele Corsico Piccolini di Consulbrokers, «Le opportunità offerte dal digitale ci consentono di ripensare modelli organizzativi storici in soluzioni radicalmente nuove. Creiamo valore non solo aumentando l’efficienza interna e sul cliente ma anche con un approccio responsabile alle risorse. Ad esempio, tracciamo la quantità di carta che riusciamo a eliminare e la misuriamo in termini di alberi. La nostra generazione vive concetti come digitale ed efficienza nell’impiego delle risorse ambientali come strettamente correlati, anche in questi termini misuriamo il valore.»

L’importanza del Fintech

Il digitale dà un nuovo slancio al ruolo del CFO in azienda. Non solo le tradizionali rinegoziazioni del debito con gli istituti di credito, la locazione operativa e tutti gli strumenti della finanza agevolata, siano essi bandi europei, nazionali o regionali, credito d’imposta per la ricerca e sviluppo o per la formazione, voucher per la digitalizzazione e per l’impiego di innovation manager, iperammortamento, finanza alternativa (ICO e SPAC), ma anche una serie di opportunità sul fronte del private equity che stanno fiorendo un po’ favorite dagli incentivi un po’ dalla dinamica delle start up, che aiuta la sperimentazione di nuovi strumenti, che gradualmente iniziano ad attrarre le PMI e anche le grandi aziende. Andiamo dal sistema dei business angels, al crowdfunding, ai club deals, fino a M&A su modelli d’aggregazione d’impresa che stanno rimescolando le carte grazie alla permeabilità degli ecosistemi del digitale e alla revisione dei pesi lungo la filiera. E per il debito, piattaforme di landing, minibond e piattaforme digitali di factoring.

Secondo Renato Fontana, Presidente Giovani Federmanager, «Il digitale sta completamente ridisegnando il ruolo del CFO sia in termini operativi sia di opportunità. Il CFO deve attivarsi come un minatore per individuare il valore nascosto nei dati che tratta e deve aprirsi al Fintech scandagliando tutte le opportunità che offre per allargare il campo delle risorse finanziarie disponibili per l’azienda. Ad esempio, si può arrivare fino al punto di creare una vera e propria valuta/coin aziendale, ovviamente dove le condizioni lo permettono, per finanziare un progetto d’investimento, che sia finalizzato a riduzione costi o espansione ricavi».

Due diligence, Digital Assessment e Indicatori di performance

Anche l’analisi del valore aziendale per processi di due diligence e per indicatori di performance vede nuovi ingressi. Spesso i fondi di private equity chiedono un digital assessment che valuti il grado di aggiornamento e scalabilità dei sistemi aziendali. «E’ un servizio che stiamo iniziando ad offrire, su richiesta di investitori interessati ad aziende il cui vantaggio competitivo può essere fortemente condizionato dalla qualità e aggiornamento del software» commenta Luca di Chio di DTraining. Così come il livello di resilienza da attacchi esterni, «Grandi e piccole aziende ci chiedono sempre più spesso un assessment del loro grado di resilienza dai cyber-attacchi e sicuramente rafforzarlo attraverso progetti mirati è un’attività in crescita per la consulenza indipendente” aggiunge Andrea Maglione di TDC, Tecniche di Compliance “un mercato che si rafforzerà con l’arrivo dei requisiti NIS in termini di cyber-security».

Ampliando lo sguardo all’intero processo di creazione del valore, sia la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Pisa, sia il Politecnico di Milano hanno predisposto dei metodi di assessment dello stato di implementazione digitale dell’azienda e della sua strategia. Entrambi gli assessment sono stati applicati ad alcune centinaia di casi nell’ultimo anno e sono stati condivisi con Confindustria e Federmanager, che li stanno promuovendo presso consulenti, manager e aziende.

«Integrare assessment e supporto operativo ai C-Level è il modello consulenziale di YOURgroup sul fronte della strategia digitale, che sia applicata a start up, PMI o grandi imprese, anche nei casi di ricambio generazionale e turnaround – dichiara Andrea Pietrini -. Il tema della creazione del valore è al centro delle nostre attività, probabilmente perché la nostra società nasce con un approccio finanziario per poi ampliarsi a digitale e fintech, e utilizziamo un modello di assessment attraverso il quale costruiamo una proposta di revisione strategica del modello di business e finanziario, individuando una serie di indicatori chiave per monitorare la progressione delle correzioni. Ad esempio:

  • KPI specifici per settore e funzione; se immaginiamo il caso di un’azienda di ecommerce, allora occorre monitorare il costo di acquisizione per cliente, il tasso di conversione, lo scontrino medio, il return on advertising spending; se invece pensiamo a un gruppo operante nel manufacturing, allora guardiamo ai dati di efficienza a partire dall’overall equipment effectiveness
  • E ovviamente, i fondamentali di fatturato, EBITDA, cash burn rate e variable margin per prodotto.»

Dall’assessment per fasi di trasformazione del valore all’individuazione degli strumenti e delle tecnologie per la sua messa a terra ed estrazione in chiave competitiva, il passaggio avviene attraverso un continuo scouting e verticalizzazioni, l’espansione di partnership e accordi operativi. E assistiamo anche allo sviluppo di Innovation Center, è il caso ad esempio dei quello recentemente lanciato da Gellify a Casalecchio (BO), a quello di Accenture e di Microsoft a Milano o di EY a Brescia. In preparazione è l’area espositiva di MADE 4.0 del Politecnico di Milano, prevista in lancio entro fine anno. Sempre più, infatti, si cerca di accompagnare la scelta delle tecnologie con aree espositive, e così scendono in campo in campo università, consulting e incubatori, con un graduale passaggio dai temi soft a quelli sempre più hardware.

Corporate finance

Secondo una ricerca EY di luglio 2019, il 75% delle grandi imprese ha già iniziato a introdurre moduli di trasformazione digitale Industry 4.0, mentre delle PMI solo il 37% ha saputo far uso di tali opportunità, nonché degli incentivi ad esse associati. È evidente che se questo divario non si colma, possiamo aspettarci nel medio termine un ulteriore calo di competitività delle piccole e medie imprese italiane, con la conseguenza di nuovi giri di aggregazioni e cessioni.

In altre parole, le nuove tecnologie esprimono il loro potenziale se perfettamente integrate e interconnesse, e c’è sicuramente uno scoglio sia culturale, sia di accessibilità, sia di scala rispetto alle piccole e medie imprese. Questo vale tanto per il B2C quanto per il B2B. Questo secondo comparto mostra la fragilità più pericolosa perché soggetto a maggiore dipendenza e volatilità dalla domanda e a temi di accreditamento e credibilità. Quindi il digitale, da un lato può essere la chance per la PMI italiana di sviluppare posizionamenti originali grazie al nostro record manufatturiero e nelle produzioni di qualità, dall’altro, se non interpretato correttamente, potrebbe rappresentare una drastica ragione di obsolescenza, in tempi accelerati rispetto a come siamo abituati.

«La digital transformation – commenta Paolo Verna di EnVent Capital Markets – ha un impatto diretto sull’incremento del valore dell’azienda. L’introduzione di nuove tecnologie che si integrano nel sistema azienda accelerandone sviluppo e adattamento ai sempre più mutevoli contesti competitivi ha un impatto diretto sui principali driver di valorizzazione. La diversificazione dei canali di vendita, l’allargamento dei mercati di riferimento, la possibilità di intercettare in anticipo i cambiamenti della domanda e di efficientare l’impiego delle risorse produttive, l’utilizzo dei dati come fonte di valore sono tutte leve chiave su ricavi, marginalità, gestione del magazzino e del circolante, pay back period, redditività degli investimenti e riduzione del rischio firm specific.»

Ecco allora la chiave di possibili nuove intese tra business/tecnologia e finanza. Ad esempio, pensiamo a un modello di private equity come il Search Fund, di cui si inizia a sentire parlare anche in Italia, in cui l’iniziativa di un team di manager incontra un pool di investitori da cui ottiene mandato per individuare un’azienda target su cui operare un’acquisizione e che lo stesso team andrà poi a gestire. Un modello finanziario energicamente basato su competenze, processi, mercati e tecnologie.

«Esiste un’opportunità finanziaria straordinaria associata alle nuove tecnologie – conclude Giuseppe Mario Sartorio di Scouting, managing partner corporate finance, – sempre più fondi si stanno specializzando sull’Industry 4.0 e sui servizi di digitalizzazione dei processi. Quindi innovare la propria azienda vuol dire valorizzarla e portarla all’attenzione di una platea importante di investitori professionali, con risorse fresche dedicate, generando un circolo virtuoso che fa leva, tra l’altro, anche sugli importanti sgravi fiscali. C’è solo un passaggio culturale nell’affidarsi per l’imprenditore. Il valore nasce anche dal poter arricchire il management aziendale con nuovi talenti e figure con competenze tecnologiche, anch’esse ulteriore determinante di valorizzazione. Questi passaggi sono davvero in grado non solo di mettere in sicurezza il proprio business ma soprattutto di accelerare fortemente la crescita».

Forte permeabilità quindi tra finanza, tecnologia, business e organizzazione, che trova una sintesi nel ruolo dell’Innovation Manager. Secondo una ricerca 4.manager è questa la figura più attesa dall’imprenditore per quest’anno e l’immediato futuro, per il supporto nelle scelte di trasformazione digitale e Industry 4.0. Ed è infatti oggetto del recente voucher del MISE, che ne sostiene i costi fino al 50% e che si applica ad attività che appunto vanno dalla consulenza tecnologica, marketing, commerciale e organizzativa ad interventi nel fintech e corporate finance.

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