Con 158 anni di storia, una rete di oltre 12.800 Uffici Postali, 130mila dipendenti, 536 miliardi di euro di attività finanziarie totali e 35 milioni di clienti, Poste Italiane riveste un ruolo di primaria importanza nell’ecosistema digitale e svolge una crescente attività di ricerca di soluzioni e partnership strategiche con startup e scaleup di respiro internazionale per accelerare i processi di cambiamento e le sfide indirizzate dal piano strategico Deliver 2022. Poste, quotata alla Borsa di Milano dal 2015, è la più grande realtà del comparto logistico in Italia ed è leader nel settore finanziario, assicurativo e dei servizi di pagamento.
Innovazione dall’interno e dall’ecosistema esterno
“Per Poste Italiane l’innovazione è sempre stata una priorità, non solo di prodotto e servizio ma anche di mindset. Quando sono entrato in azienda nel 2003, per esempio, sono stato subito coinvolto nel progetto relativo a un nuovo concept di carta di credito prepagata che avrebbe rivoluzionato il settore dei pagamenti a livello mondiale, cioè la Postepay. E anche l’entrata dell’azienda nel mondo della telefonia con Poste Mobile ha aperto un nuovo mercato. Come Poste Italiane, inoltre, siamo da sempre focalizzati su tematiche legate alla Pubblica Amministrazione a supporto del cittadino, e questo ci ha permesso di contribuire all’innovazione a livello Paese, dando per esempio un importante contributo sul tema dell’identità digitale”, racconta Alessandro Leonardi, Head of Open Innovation di Poste Italiane.
Dal 2018, per volontà dell’allora nuovo Amministratore Delegato Matteo Del Fante, è stata creato un gruppo di 7 persone, esclusivamente dedicato all’Open Innovation, con l’obiettivo di complementare l’innovazione che nasce all’interno di Poste Italiane e delle singole Business Unit con la ricchezza proveniente dall’ecosistema esterno. “Il team che compone questo gruppo è formato da figure molto senior con provenienza interna, dalle BU o da altre società del Gruppo. Questa eterogeneità è una fonte di ricchezza per il team, perché alcuni Innovation Manager rappresentano un punto di riferimento per ambiti verticali come il mondo assicurativo oppure i servizi finanziari e di pagamento”, spiega il manager. [Nella foto di apertura il team di Open Innovation: da destra, Guido Cendali Pignatelli, Alessandro Leonardi, Alessandro Bollati, Giuseppe Esposito (Resp. M&A e Open Innovation), Enrico Chiarini e Andrea Trozzi]
Oltre all’area Open Innovation, all’interno delle Business Unit esistono anche altri presidi di innovazione che sviluppano l’R&D interno, innovazione incrementale ed evoluzioni tecnologiche, come l’Innovation Lab all’interno della Direzione Sistemi Informativi.
L’Open Innovation di Poste Italiane
Il team di Open Innovation ha cominciato a lavorare fin da subito a un modello per la raccolta di input e bisogni provenienti dalle BU e dalle altre società del Gruppo su tematiche volte a indirizzare gli ambiti strategici del piano industriale e le sfide imminenti da fronteggiare, tra cui i cambiamenti di scenario come quello repentino e imprevedibile determinato dalla pandemia. “A tal proposito abbiamo dato vita a una vera e propria Innovation Community composta da 50 manager, che sono pivot di innovazione nelle BU e nelle società di Gruppo, con funzione non solo di “sonda” dei need, ma anche di ambassador dell’innovazione all’interno delle singole realtà”, racconta il manager. La formazione della community ha richiesto la collaborazione delle Risorse Umane di Poste italiane, che hanno avviato un intervento di change management e sviluppo di competenze per abilitare capacità di analisi e ascolto e per sviluppare l’innovation mindset necessario. “Svolgiamo sessioni di confronto bimestrali con l’Innovation Community, in cui possono essere invitate anche realtà esterne”, spiega Leonardi, che aggiunge: “a inizio e a metà anno condividiamo con i membri della community un piano d’azione, che raccoglie i need ma che fornisce anche indicazione di trend. Attraverso la dialettica con le BU e le altre società possiamo poi tracciare un percorso operativo di azioni per ciascun need/trend, come demoday, funnel scouting, sperimentazioni con startup, etc.”.
Il team di Open Innovation ha un budget a disposizione per partecipare a programmi specifici o finanziare sperimentazioni e Proof of Concept, ma alle Business Unit è richiesta la condivisione dell’investimento affinché abbiano un maggiore commitment nelle attività fino alla pre-industrializzazione, “che è il momento della verità per capire se siamo riusciti a completare un progetto innovativo per il business”.
“Il nostro compito è raccogliere le indicazioni delle BU e delle altre Società, ma anche tradurre e trasmettere queste ultime agli interlocutori dell’ecosistema di innovazione digitale, come incubatori, acceleratori, Università, ma anche fondi di venture capital e banche d’affari; tra questi attori ci sono le startup, che intercettiamo e selezioniamo tramite scouting interno o attraverso la partecipazione a programmi di Open Innovation come lo Startup Intelligence degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano”.
Nel 2020 l’attività di scouting ha permesso a Poste Italiane di entrare in contatto con quasi 600 startup, raccolte in un database che dal 2018 ad oggi ha registrato 1.200 record. Lo scorso anno solo 170 startup hanno raggiunto la fase di qualificazione (ossia il contatto diretto con le BU e le altre società), “ma la mortalità di questo scouting può essere anche dovuta alla bontà del matching tra domanda e offerta oppure ai criteri stringenti da noi definiti per ridurre le sollecitazioni”, spiega Leonardi. Ben 15 progetti sono arrivati alla fase di sperimentazione, in ambiti completamente diversi: dalla logistica alla finanza, dal delivery all’AI applicata a processi di customer care, alla biometria per l’accesso alle digital properties. Infine, in 7 casi è stato dato il via libera per la partecipazione in operazione straordinaria in equity. Nel corso dell’ultimo biennio Poste Italiane ha chiuso infatti importanti operazioni con realtà innovative (come Sennder, Milkman, Tink e Moneyfarm).
“A ottobre 2020 il team di Open Innovation è stato fuso con quello di M&A, riportando direttamente al CFO. Questa scelta è stata dettata dal mandato stesso dell’AD, secondo cui l’attività di innovazione è al servizio di obiettivi e linee esplicitate nel piano industriale, quindi strettamente connessa a logiche di business”, spiega il manager, che conclude: “questo spiega anche perché non abbiamo avviato attività di puro corporate venture capital. Quella delineata è una struttura organizzativa insolita per l’innovazione, ma che sta portando a tanti risultati positivi”.