Data economy significa un’economia illuminata dai dati. Le aziende, guidate dai dati, vedono aumentare notevolmente le proprie performance. In generale, lo sviluppo economico e sociale è strettamente collegato all’utilizzo dei dati e alla loro trasformazione in informazioni, usate per prendere decisioni e per creare nuovi prodotti e servizi. Quanto vale la data economy? Secondo le previsioni della Ue, da qui ai prossimi due anni (2020) la data economy potrebbe raggiungere il valore di 739 miliardi di euro, generare il 4% del PIL e impiegare 7,4 milioni di persone.
Oggi, grazie alla data economy, le aziende possono avvicinare i propri clienti in nuovi modi, più funzionali ed efficaci. Il nuovo mantra del business è racchiuso nelle 4C: Compliance, Confidentiality, Contestuality e Cybersecurity. Tutto ruota attorno a un’economia dei dati che lavora su un concetto che va oltre l’approccio omnicanale. A centro della governance, infatti, c’è la velocità: il livello di personalizzazione della customer experience (CX) è costruito sulla capacità di gestire in real time tutte le informazioni possibili su ogni singolo cliente. Se ne è parlato, più in dettaglio, in occasione della Customer Experience Conference 2018, organizzata in questi giorni da IDC a Milano.
«Oggi a trainare le performance aziendali non sono più i prodotti in sé e per sé – ha spiegato Ivano Ortis, Vice President Retail, Manufacturing and Financial Insight di IDC -. Il nuovo baricentro del business è la customer experience che, se ben gestita, oggi inverte un principio fondamentale dell’economia, perché saranno i prodotti a trovare i clienti. Le imprese sono molto consapevoli di questa evoluzione. Solo in Italia per quasi la metà delle aziende che abbiamo analizzato (48%), la customer experience risulta al secondo posto delle priorità, dopo la Sicurezza (52%) e prima della ricerca di nuovi mercati (47%)».
Data economy e customer experience management
«La velocità è oggi una leva competitiva essenziale per la sopravvivenza aziendale – ha ribadito Ortis -. La velocità con cui i dati vengono raccolti, estrapolati e analizzati, così come la velocità con cui le imprese reagiscono a tali informazioni è parte integrante della data economy. Grazie al digital transformation journey delle aziende, oggi stiamo sempre di più andando nella direzione di una real time economy, dove i processi, i modelli e gli ecosistemi di business tendono a diventare più digitali e connessi per stare al passo con la velocità imposta dai nuovi consumatori».
Secondo una ricerca condotta da IDC su un campione di imprese a livello mondiale, quasi tre quarti delle aziende oggi ha una qualche inefficienza operativa o una mancata opportunità di business dovuta all’incapacità di poter agire a livello analitico e decisionale sui dati gestiti in tempo reale. Entro la fine del 2018, il 70% delle aziende avrà effettuato cambiamenti operativi sulla base della trasformazione dei modelli di business causata dalla crescente importanza della customer experience.
L’opinione degli analisti è che, da qui a tre anni, il 40% dei principali brand sarà in grado di offrire un’esperienza digitale consistente e continua sia all’interno che all’esterno di uno store, di un’agenzia o di una filiale. Il tutto senza alcuna distinzione tra fisico e virtuale. Perno centrale dello sviluppo, una data economy incentrata sull’uso dei dati più utili, strutturati e destrutturati, superando finalmente le logiche a silos.
La gestione di questi flussi informativi porterà nuove informazioni alle aziende, consentendo di applicare ulteriori KPI per la misurazione della customer experience. Il 40% delle aziende, ad esempio, utilizza già standard come il Next Promoter Score (NPS) e il Customer Satisfaction Index (CSI), possibili solo attraverso un uso evoluto dei dati.
L’apporto dell’Intelligenza Artificiale nella data economy
L’Intelligenza Artificiale costituirà un tassello strategico della data economy. Il 39% delle aziende sta facendo investimenti importanti in AI a supporto della customer experience. Tra i contributi più significativi, consentire ai sistemi di elaborazione del linguaggio naturale di evolvere da analisi sintattiche a interpretazioni conversazionali. Per IDC entro il 2021 il 10% delle interazioni dirette con la clientela sarà incentrata su soluzioni di questo tipo.
L’Intelligenza Artificiale non interagisce solo per servire il cliente in modo olistico. Agisce sulla segmentazione dei dati, lavorando su una maggiore qualità rispetto alla generazione dei target e quindi dei percorsi di personalizzazione che rendano un’esperienza gratificante. Perché, alla fine, si parla tanto di data economy ma il principio fondamentale è che se un dato non è in grado di scatenare un processo, quel dato è inutile. Il customer journey, dunque, si basa su un nuovo modello interpretativo dei dati che parte da un assunto importante: oggi non è più sufficiente creare delle esperienze che piacciano alle persone.
Il vero valore? Non è più il prodotto ma l’esperienza del cliente
Oggi è necessario creare esperienze che le persone amino. I consumatori non pensano per canali. Vivono attraverso una molteplicità di interfacce. I punti di contatto sono detonatori, ma è la progettazione dell’interfaccia e del processo di tracking dell’innesco che aiutano le aziende a capire e a gestire i processi informativi che scaturiscono dalle interazioni.
«Per i brand il modo migliore per differenziarsi oggi è quello di creare un’esperienza unica – ha aggiunto Annarita Galati, Personalization Lead di Accenture Interactive -, in tempo reale, su tutti i touchpoint della relazione e del business. Come generare questa esperienza contestuale e istantanea? Grazie a una data economy guidata da insight analitici che, costruendo un profilo arricchito del cliente, abilitano la generazione del valore».
Grazie alla raccolta di dati provenienti da diverse fonti come:
- Dati di navigazione
- Dati provenienti dal servizio clienti
- CRM
- Survey
- Transazioni
- Interazioni
- Social Media
- Fonti esterne
è possibile capitalizzare tutte le informazioni e sviluppare profili estremamente più ricchi dei clienti, incrociati con ulteriori dati relativi, ad esempio, al modo di usare il web o le app. Tutto questo consente di:
- Abilitare una segmentazione dei clienti più accurata
- Creare contenuti personalizzati
- Lanciare campagne data-driven
- Elaborare modelli predittivi
- Misurare meglio le perfomance
- Attivare insight
- Studiare azioni correttive
- Aggiungere valore per il consumatore
«Sfruttare tutte le possibili fonti di dati contribuisce al miglioramenti dell’esperienza del cliente – ha evidenziato Galati -. Si stima che l’80% dei dati disponibili per le aziende non sia strutturato, il che significa che il potenziale informativo non è sempre sfruttato. Le indagini sui consumatori, i messaggi e-mail, contatti dal servizio clienti, solo per citare alcune fonti, sono un bacino di dati prezioso. Estrarre le informazioni rilevanti da diversi canali, diverse regioni e diverse lingue aiuta le analisi, sostituendo a un approccio top down un approccio bottom up».
ROE (return on common equity) servito dai dati
È in questo modo che è possibile trasformare i risultati in insight azionabili. Solo così è possibile valutare i risultati delle azioni intraprese ma anche generare raccomandazioni e consigli utili al miglioramento della customer experience. L’obiettivo della data economy, infatti, è fare la differenza andando a lavorare su un livello di ipersegmentazione quanto più dettagliata possibile. Oggi riesce a farlo il 35% delle aziende mentre solo il 5% ha centrato la gestione della customer experience contestuale e in real time.
Perché farlo? Perché nella data economy, è possibile utilizzare analitiche avanzate che permettono di generare una customer experience non solo contestuale ma anche autonoma, autoapprendente, compliant e misurabile. Questo approccio, a detta degli esperti, rispetto a un’esperienza non personalizzata permette di:
- aumentare le conversioni del 32%
- incrementare le revenue del 43%
- generare un aumento degli acquisti ricorsivi del 65%