Sul quantum computing la svolta l’ha dettata Ibm quando ha presentato (al Consumer electronics show di Las Vegas 2019) il primo computer quantistico (o quantico) commerciale, l’Ibm Q System One. La potenza della computazione quantistica e della fisica subatomica è uscita dai laboratori per entrare nel mondo del business: il computer quantistico di Ibm, tramite il cloud, può essere impiegato dalle aziende per applicazioni commerciali che vanno dai modelli finanziari al farmaco personalizzato, dalle previsioni meteorologiche alla crittografia.
In questa corsa al computer quantistico più potente Ibm deve vedersela con Google, che in California ha un Quantum Artificial Intelligence Lab dedicato alla ricerca e sviluppo quantistico. Il laboratorio unisce strettamente il lavoro di Big G sull’intelligenza artificiale e quello sul calcolo quantistico focalizzandosi sullo sviluppo di semiconduttori e algoritmi dedicati. Il direttore John Martinis, uno dei massimi esperti di ricerca quantistica, ha aperto le danze dichiarando che il colosso californiano era vicino alla creazione del computer quantistico in grado di dimostrare la “quantum supremacy”, la superiorità del calcolatore quantistico sui supercomputer tradizionali. Così infatti è stato.
Ma sono tanti i centri di ricerca e le aziende che in tutto il mondo investono sullo sviluppo del quantum computing. L’Europa, con la “Quantum Flagship Initiative”, ha messo in campo 1 miliardo di euro in dieci anni a partire dal 2018.
Analizzando la domanda su scala globale, diverse grandi aziende che operano nei settori più diversi stanno investendo sul Quantum Computing: crescono gli annunci di progetti di sperimentazione, e nel 2023 si contano un totale di 151 progetti (+50% negli ultimi due anni) realizzati da 108 aziende. Tra i settori più prolifici per numero di progetti troviamo quello finanziario, il chimico-farmaceutico, l’automobilistico e quello energetico.
A confermarlo sono i dati dell’Osservatorio Quantum Computing & Communication della School of Management del Politecnico di Milano, condivisi in occasione del convegno “Quantum Revolution: Italy, are you (getting) ready?”
Computer quantistico e i qubit: che cos’è e come funziona
I quantum computer sono calcolatori che sfruttano le leggi della fisica e della meccanica quantistica, quella che studia le particelle subatomiche. La loro unità fondamentale è il bit quantistico o qubit, legato allo stato in cui si trova una particella o un atomo e le cui peculiarità permettono di svolgere i calcoli in modo molto più veloce.
Infatti, mentre nel metodo computazionale classico ogni bit è rappresentato da zero o uno (sistema binario), nel computing quantistico il qubit può essere 0-1 o zero e uno contemporaneamente. Questo è possibile grazie alla sovrapposizione degli stati quantistici, che abilita i calcoli in parallelo (anziché uno alla volta), moltiplicando esponenzialmente potenza e velocità anche per calcoli estremamente complessi, riducendo i tempi di elaborazione da anni a minuti.
Oltre alla sovrapposizione di stati i qubit hanno altre proprietà specifiche che derivano dalle leggi della fisica quantistica come l’entanglement, cioè la correlazione tra un qubit ed un altro, da cui deriva una forte accelerazione nel processo di calcolo.
Peculiarità e problematiche del computer quantistico
Lo stato subatomico crea anche delle problematiche che il quantum computing deve superare. La prima sfida è mantenere la qualità dei qubit, potenti ma delicati: perdono rapidamente le loro speciali qualità quantiche (in circa 100 microsecondi) a causa di fattori quali le vibrazioni e le fluttuazioni della temperatura dell’ambiente e le onde elettromagnetiche. Le particelle sono volatili e fragili, proprio perché cambiano stato, e potrebbero causare la perdita di dati e informazioni utili al processo di calcolo.
Per il funzionamento della tecnologia quantistica, inoltre, sono necessarie temperature molto basse vicino allo zero assoluto (circa -273° C). Per ottenerle finora il metodo più comune è ricorrere ai gas liquefatti (come l’isotopo elio-3), ma è un sistema molto costoso. Un team di ricercatori della TUM (Technical University of Munich)ha sviluppato un sistema di raffreddamento magnetico per temperature estremamente basse, adatto per l’elettronica quantistica, che evita il ricorso all’elio-3 ed è già commercializzato dalla startup Kiutra.
Secondo il citato report McKinsey l’hardware rappresenta ancora il vero “collo di bottiglia” per il calcolo quantistico e le sue applicazioni. Bisogna aumentare il numero di qubit di un computer quantico, garantendone allo stesso tempo qualità adeguata. L’hardware ha inoltre un’importante barriera d’ingresso, poiché richiede un mix raro di capitale, esperienza nella fisica quantistica sperimentale e teorica e competenza approfondita – specialmente conoscenza degli ambiti specifici per le singole opzioni di implementazione, si legge nel report. Il vero traguardo sarà la realizzazione di un calcolo quantistico corretto da errori e fault-tolerant entro il 2030.
Ibm Q System One e la community quantistica sul Cloud
Ibm ha inaugurato l’era dei computer quantistico nel 2001 creando all’Almaden Research Center un elaboratore quantistico a 7 qubit. Nel 2017 ha realizzato e reso operativi due computer quantistici rispettivamente a 16 e 17 qubit. A febbraio 2019 al Ces di Las Vegas Ibm ha annunciato un computer da 20 qubit, ma nei laboratori è arrivata a simulare il funzionamento del computer quantistico a 56 qubit, un livello considerato da supercomputer. A ottobre 2019 l’azienda ha inserito nel suo arsenale di super-macchine quantistiche un computer da 53 qubit. Inoltre Ibm ha anche sviluppato il Q System One, il primo sistema di elaborazione quantistica “integrato e universale” progettato sia per la ricerca scientifica che per l’uso commerciale, e ha annunciato l’apertura del suo primo Quantum computation center a Poughkeepsie, New York, dove saranno ospitati alcuni dei più avanzati sistemi quantistici di Ibm basati su Ibm cloud. Adesso tutto questo si rinnova.
Infine, in occasione dell’annuale Quantum Summit, l’azienda ha annunciato Eagle, il primo processore quantistico a 127 qubit che sancisce il superamento della potenza di calcolo simulabile con gli attuali computer. Il processore Eagle consente di sfruttare il potenziale di calcolo dei dispositivi basati sulla fisica quantistica per risolvere problemi complessi, effettuare sperimentazioni ed eseguire applicazioni basate su algoritmi quantistici. Eagle è l’ultimo passo lungo il percorso di scalabilità dell’informatica quantistica tracciato da IBM per consentire ai circuiti quantistici di raggiungere il Quantum Advantage, il punto in cui i sistemi quantistici superano significativamente quelli classici. Insieme al lancio di Eagle Ibm ha inauguranto il Quantum System Two, la nuova generazione di sistemi integrati di calcolo quantistico progettata per lavorare con processori a 433 e 1121 qubit che verranno sviluppati nei prossimi anni. Il primo processore Eagle è disponibile in versione sperimentale per alcuni selezionati membri del Q Network, il programma commerciale di quantum computing di Ibm.
Computer quantistico: le API e le nuove competenze
A febbraio 2021, Ibm ha aggiornato la sua roadmap per lo sviluppo delle sue soluzioni di quantum computing allargando la strategia dall’hardware al software e all’implementazione cloud-native dei workload quantistici. Un piccolo “salto quantico” anche questo: il colosso di Armonk intende creare una vera comunità open-source del calcolo quantistico dotandola di strumenti di sviluppo aperti e così “democratizzare” l’accesso alla tecnologia dei quanti il più velocemente possibile.
L’annuncio di Ibm, nello specifico, riguarda gli aggiornamenti per gli sviluppatori del quantum kernel che scrivono codice e ai quali ora vengono offerte API per i circuiti. Ibm ha rilasciato il Qiskit runtime, un ambiente di esecuzione che aumenta la capacità di far girare più circuiti più velocemente, portando a un aumento di 100 volte della velocità dei workload che usano l’esecuzione iterativa dei circuiti, secondo Ibm. Permette, inoltre, anche lo storage dei programmi quantistici di modo che altri utenti possono farli girare “as-a-service”.
Ibm ha anche messo a punto una certificazione delle competenze di sviluppo quantistico sulla sua piattaforma software. Si tratta della IBM Quantum Developer Certification con cui, si legge in una nota dell’azienda, “Ibm Quantum offre un percorso per persone con tutte le conoscenze di base nello sviluppo per ottenere una certificazione nella programmazione con Qiskit, che valorizza le loro quantum coding skills e le trasforma in opportunità di tradurle in un lavoro. Il quantum computing, secondo le più recenti ricerche di mercato, sarà un’industria da 65 miliardi di dollari nel 2030 e avrà bisogno di molte figure professionali”.
Il computer quantistico Google e la “supremazia quantistica”
La ricerca di Google e del suo Quantum AI Lab ha permesso nel marzo del 2018 di sfornare un chip per computer quantistici da 72 qubit, chiamato Bristlecone. Nel 2019 il Financial Times ha riportato (in base a un blog post di un ricercatore di Google successivamente rimosso) che Google aveva ottenuto la supremazia quantistica, svolgendo in 3 minuti un’elaborazione che ad Ibm Summit (il supercomputer commerciale più veloce al mondo, non quantistico) avrebbe richiesto 10.000 anni. L’esperimento sarebbe stato eseguito con un processore da 53 qubit con nome in codice Sycamore.
Pochi mesi dopo Google ha confermato il traguardo in uno studio apparso su Nature, spiegando di aver effettuato in 3 minuti e 20 secondi un calcolo estremamente complesso utilizzando il suo chip quantistico Sycamore a 53 qubit. Pronta la replica di Ibm: una configurazione diversa di Summit, con capacità di storage aggiuntiva, avrebbe permesso di risolvere l’operazione (scovare schemi ricorrenti in una serie casuale di numeri) al massimo in 2 giorni e mezzo e con maggior precisione. “I computer quantistici non regneranno mai ‘supremi’ sui computer tradizionali – ha chiarito Dario Gil, director of research di Ibm – ma lavoreranno insieme, ognuno sfruttando le loro caratteristiche specifiche”. Anche per Torsten Siebert, direttore del programma di ricerca sul quantum computing della tedesca Fraunhofer Society, “il progresso probabilmente sarà raggiunto tramite combinazioni ibride. E per il colosso dei chip Intel “la quantum practicality” è ben lontana: un conto sono gli esperimenti in laboratorio e un conto sono gli utilizzi reali.
Google resta convinta della portata del suo risultato e del suo valore commerciale: “Speriamo che quando le persone cominceranno a usare questa tecnologia e a vedere la stabilità delle prestazioni e l’interfaccia cloud, si entusiasmeranno per quello che Google ha da offrire”, secondo le dichiarazioni riportate da Reuters di John Martinis, chief scientist for quantum hardware dell’azienda di Mountain View.
Nel Quantum AI Lab Google ha creato anche un chip per computer quantistici da 72 qubit, chiamato Bristlecone, e per molti esperti la supremazia che Google sta effettivamente già raggiungendo è quella su processori e algoritmi. Big G sta conducendo esperimenti con un nuovo circuito basato su una griglia di 49 qubit, mentre sul fronte del software ha annunciato l’anno scorso la versione alpha di Cirq, framework open source per computer quantistici NISQ che permette ai ricercatori del quantum computing di scrivere gli algoritmi quantistici per processori quantistici.
La sigla NISQ sta per Noisy Intermediate Scale Quantum e indica la maggior parte dei computer quantistici realizzati e verificabili al momento. Sono “noisy” per l’elevata rumorosità (che tra l’altro ne limita le prestazioni incidendo sulla griglia di qubit) e sono “Intermediate-Scale” perché rientrano nella fascia dei 50-100 qubit: superano le prestazioni dei supercomputer standard ma – dicono gli scienziati – solo potenze che vanno oltre i 100 qubit potranno rendere veramente rivoluzionario il calcolo quantistico.
Altri player: da Microsoft Q al D-Wave
Tra le altre aziende impegnate nella computazione quantistica c’è Microsoft, che ha sviluppato il linguaggio di programmazione Q# e rilasciato un “Quantum Development Kit” per aiutare i programmatori a sviluppare le applicazioni sfruttando il cloud di Azure.
Tra i produttori di macchine e processori spicca invece la canadese D-Wave Systems, che ha venduto il primo computer quantistico per scopi di ricerca alla Lockheed Martin nel 2011 e il cui computer quantistico D-Wave two con processore a 512 qubit si trova dal 2013 nel Quantum Artificial Intelligence Lab di Google per sperimentazioni condotte con la Nasa. La società canadese ha annunciato anche il D-Wave 2000Q, supercomputer quantistico con un processore da 2000 qubit.
Il colosso dei chip Intel, tramite i suoi Intel Labs, ha svelato quello che definisce il primo chip di controllo criogenico: nome in codice Horse Ridge, sarà in grado di accelerare lo sviluppo dei sistemi di quantum computing full-stack, consentendo quella “praticabilità” dei supercomputer quantistici che la stessa azienda californiana ha contestato alla rivale Google.
Nell’arena del quantum computing è entrato anche il colosso dell’elettronica coreano Samsung investendo nella startup americana IonQ. IonQ, una “pure play”, del computer quantistico, possiede computer quantistici realizzati con le sue tecnologie e usati da enti di ricerca che ne affittano la potenza di calcolo. Sono macchine che non devono essere mantenute in ambienti con temperature vicine allo zero assoluto (come accade per i competitor), ma funzionano a temperatura ambiente. Inoltre, la maggior parte delle componenti è disponibile off-the-shelf; ciò abbatte enormemente i costi di realizzazione e manutenzione aiutando ad avvicinare il calcolo quantistico all’uso commerciale. Il vero cuore delle macchine quantistiche di IonQ è però il chip, un prodotto ad hoc che la startup americana si fa realizzare da un fornitore esterno. IonQ si è quotata alla fine del 2021 alla Borsa di New York; dopo la prima giornata di contrattazioni ha raggiunto una capitalizzazione di mercato di 345 milioni di dollari.
Anche Amazon ha deciso di entrare nell’arena del computer quantistico lanciando Braket, un servizio completamente gestito offerto all’interno del portafoglio di servizi cloud di AWS (Amazon Web Services) che permette di iniziare a usare il computing quantistico offrendo un ambiente di sviluppo in cui esplorare e progettare gli algoritmi quantici, testarli su computer quantici simulati e applicarli alle varie tecnologie quantistiche.
Digital Quantum Computing: il traguardo italiano
C’è anche l’Italia nell’evoluzione del computer quantistico. Restringendo il focus sulla situazione italiana, durante l’anno in corso, il Paese inizia a muovere primi passi verso la creazione di un ecosistema nazionale sul Quantum Computing, grazie ai fondi in ricerca e sviluppo derivanti dal PNRR che ammontano a oltre 140 milioni (che tuttavia, nella maggior parte dei casi, si rivelano esigui e senza una strategia di medio-lungo termine), ma anche al crescente interesse nel mondo privato. L’investimento da parte di quest’ultimo è ancora modesto (meno di 6 milioni di euro), e stanziato principalmente su risorse interne all’azienda.
Sempre secondo i dati dalla School of Management del Politecnico di Milano, nello specifico il 24% delle aziende ha intrapreso il percorso verso la Quantum Readiness: l’11% solo a scopo informativo, attraverso iniziative di disseminazione e qualche relazione di ecosistema; un ulteriore 12% in modo più concreto, avviando anche una sperimentazione; solo l’1% è definibile Quantum Pioneer, ovvero sta lavorando in modo organico con un commitment aziendale di lungo termine.
È interessante notare come, del 76% di aziende che non ha ancora avviato un percorso di Quantum Readiness, è presente un 7% di imprese che detiene tutte le caratteristiche abilitanti per l’innovazione tecnologica ma decide in questo momento di assumere una posizione da spettatore. La restante parte è invece ancora in una fase di trasformazione organizzativa che rende il Quantum Computing difficile da inserire tra le priorità di lavoro.
Entrando nel merito degli investimenti pubblici italiani, è possibile identificare due iniziative. La prima è il Centro Nazionale HPC, Big Data e Quantum Computing (budget totale di 320 milioni di euro, di cui 30 dedicati a uno Spoke sulla computazione quantistica), che ha l’obiettivo di promuovere la creazione di una rete di collaborazione tra centri di ricerca, università e aziende.
La seconda è il partenariato esteso NQSTI – National Quantum Science and Technology Institute – che ha l’obiettivo di promuovere attività di ricerca fondamentale competitiva nella Quantum Science.
Ma c’è un altro traguardo a firma italiana: il team napoletano di Seeqc, guidato dal ricercatore Marco Arzeo, ha sviluppato e misurato con successo un’operazione logica (gate) a due-qubit. Quello di Seeqc è il primo team italiano e uno dei pochi tra una manciata di altre aziende internazionali di computazione quantistica a raggiungere questo traguardo ingegneristico.
Seecq è un’azienda di computazione quantistica digitale con sedi negli Usa e in Europa. A Napoli lavora con un team nato dalla collaborazione con l’Università Federico II. La misura di un gate a due-qubit rappresenta un passo cruciale per il Quantum Computing Seeqc nel portare avanti il design e lo sviluppo di una piattaforma commerciale.
L’innovazione di Seeqc è nell’approccio alla parte hardware della computazione quantistica, spiega Arzeo: a differenza dei colossi più noti del Quantum Computing, Seeqc usa il Digital Quantum Computing, ovvero circuiti integrati che uniscono il qubit con l’elettronica di controllo digitale.
Il calcolo quantistico digitale combina infatti la computazione classica con quella quantistica, creando un’architettura completamente digitale e provando a superare così i problemi di efficienza, stabilità e costi che si presentano spesso con i sistemi di calcolo quantistico basati su un’infrastruttura analogica e di controllo a microonde (tecnologia CMOS).
Questa nuova architettura include circuiti digitali di proprietà Seeqc combinati con circuiti contenenti bit quantistici (qubit) in una struttura modulare raffreddata nella stessa unità criogenica. L’architettura su circuito di Gestione Quantistica Digitale (DQM, Digital Quantum Management) di Seeqc consente all’azienda di co-progettare hardware quantistico specifico.
Infatti, il Quantum Computing Seeqc è application-specific: la società lavora con partner industriali per consegnare al mercato, nell’arco dei prossimi 3-5 anni, una piattaforma di computazione quantistica che risolve problemi specifici.
Le applicazioni già usate oggi
Il quantum computing ha già degli early adopters. Uno studio di Reply, realizzato grazie alla piattaforma proprietaria di rilevamento e monitoraggio delle tendenze “trend SONAR”, ha individuato i settori in cui si sta sviluppando il maggior numero di applicazioni commerciali: Informatica, Servizi finanziari, Logistica e trasporti, Cybersecurity.
Nell’informatica, per esempio, il calcolo quantistico viene applicato per la rilevazione di anomalie statistiche, verifica e validazione dei software, addestramento delle reti neurali, classificazione di dati non strutturati. Nei servizi finanziari viene sfruttato, tra l’altro, ai fini del rilevamento di instabilità dei mercati, per lo sviluppo di strategie di trading, simulazioni di mercato, ottimizzazione dei portafogli, previsioni finanziarie. Nella Supply Chain e trasporti si contano progetti che sfruttano le potenzialità del calcolo quantistico per la gestione del traffico, i veicoli a guida autonoma, l’ottimizzazione della rete di ricarica elettrica.
La quantum cybersecurity
C’è un altro aspetto del computing quantistico che è molto rilevante: quello legato alla sicurezza informatica. Una potenza come quella quantistica richiede di riprogettare i metodi di protezione delle comunicazioni, delle transazioni e di qualunque tipo di trasferimento di dati: potenzialmente, i computer quantistici possono superare tutte le barriere della tradizionale crittografia. Di qui la corsa allo sviluppo di una nuova crittografia quantistica, basata su misure sofisticate come la distribuzione di chiavi quantiche, algoritmi a sicurezza quantistica e generatori di numeri casuali quantici. La quantum cybersecurity sarà la base delle reti di comunicazione quantistica, abbinando alla potenza e velocità anche la sicurezza. Ed è qui che è scesa in campo anche l’Europa.
Scende in campo l’Europa (insieme all’Italia)
L’Ue si è interessata allo specifico campo della crittografia quantistica con il progetto pilota OpenQkd (Open European quantum key distribution testbed), che installerà un’infrastruttura di test per le comunicazioni quantistiche nei paesi europei. Questa infrastruttura incorpora la Qkd (Quantum key distribution o distribuzione quantistica di chiavi crittografiche), una forma di cifratura ultra-avanzata basata sulla trasmissione di segnali ottici e non radio e per questo inviolabile anche ai computer quantistici. L’obiettivo del progetto europeo è potenziare la sicurezza dello scambio di informazioni in settori di rilevanza critica, a partire dalle telecomunicazioni, ma con un focus anche su reti elettriche, sanità e servizi pubblici. OpenQkd è finanziato dalla Commissione europea con 15 milioni di euro e durerà fino al 1 settembre 2022. È coordinato dall’AIT (Austrian Institute of Technology) e coinvolge un team interdisciplinare di 13 paesi europei; dovrà validare dei casi d’uso concreti e sviluppare un ecosistema di innovazione, includendo università, Pmi e start-up.
L’Italia partecipa al progetto con il gruppo di ricerca QuantumFuture del Dipartimento di Ingegneria dell’informazione dell’Università di Padova, una delle avanguardie internazionali nella ricerca sulle tecnologie quantistiche grazie agli studi sulla fattibilità delle comunicazioni quantistiche satellitari (in collaborazione con il Centro di Geodesia spaziale dell’Agenzia spaziale italiana a Matera), la generazione e il controllo di fenomeni quantistici come l’entanglement per investigare principi base della meccanica quantistica, lo sviluppo di nuovi dispositivi di fotonica integrata per applicazioni di crittografia quantistica e l’ideazione di nuovi schemi per produrre gli stati quantistici fruttati nella realizzazione di sistemi di Qkd.
L’Italia partecipa anche alla citata “Quantum Flagship Initiative” della Commissione europea: il fisico Tommaso Calarco è stato uno dei promotori e il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) coordinerà le attività del nostro paese legate a questa iniziativa.
Sempre in ambito CNR, il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ino) di Firenze, in collaborazione con il Laboratorio europeo di spettroscopia non lineare (Lens) di Firenze, ha effettuato il primo test sul campo italiano di un sistema di crittografia quantistica (Qkd), passo iniziale per la futura realizzazione dell’Italian quantum backbone (Iqb), ovvero la rete italiana di comunicazione quantistica, capace di garantire la privacy degli utenti e sicurezza dei dati, a prova di cyber-attacchi. Per effettuare il test è stato sfruttato come canale di trasmissione una porzione della dorsale italiana in fibra ottica, una rete di circa 1.800 km realizzata dall’Istituto nazionale di ricerca metrologica (Inrim) di Torino che collega l’Italia da Torino a Matera.
Tra le emergenti tecnologie quantistiche che si prospetta entrino a far parte nella nostra vita di tutti i giorni già dal prossimo futuro – spiega il Cnr -, la crittografia è senza dubbio quella in stato più avanzato. Infatti, questa tecnologia è già abbastanza matura per una sua massiccia applicazione al di fuori dei laboratori di ricerca. Questo metodo permette di distribuire in modo sicuro le chiavi di autenticazione, come pin e password, codificando l’informazione su stati quantistici della luce e consentendo di rivelare una potenziale intrusione grazie alle leggi fondamentali della fisica quantistica, come il principio di indeterminazione di Heisenberg.
L’Europa si sta dotando di una innovativa rete per le comunicazioni quantistiche, EuroQCI, che combina l’utilizzo di fibre ottiche commerciali con quello di satelliti dedicati. In Italia, paese all’avanguardia nelle comunicazioni quantistiche e fra i paesi fondatori della EuroQCI, si sta lavorando sempre più alla possibilità di integrare questa tecnologia con le reti e le infrastrutture in fibra ottica già installate, che utilizziamo quotidianamente per telecomunicazioni. “L’Italia può ambire ad avere un ruolo fondamentale nello sviluppo futuro delle tecnologie quantistiche su fibra ottica”, afferma Davide Calonico, ricercatore Inrim e coordinatore dell’infrastruttura nazionale in fibra ottica Quantum Backbone.
Nelle linee guida politiche presentate per la Commissione europea 2019-2024 dalla nuova presidente Ursula von der Leyen le strategie digitali occupano una posizione di primo piano e il calcolo quantistico – insieme a 5G, intelligenza artificiale, blockchain – è tra le tecnologie su cui l’Europa vuole fondare la propria competitività sullo scenario globale. Per tenere testa ai concorrenti che vengono da Stati Uniti, Cina e Corea, l’Unione europea giocherà la carta dello sviluppo all’insegna dell’etica, della sicurezza, della privacy e dell’equità fiscale per proporre un nuovo modello agli altri paesi. “Definiremo insieme degli standard per questa nuova generazione di tecnologie che diventeranno la norma globale”, ha indicato von der Leyen. Il potenziale innovativo di dati, AI, calcolo quantistico e blockchain può essere liberato trovando “la via europea”, in equilibrio tra libero flusso e ampio uso dei dati e difesa della privacy, della sicurezza e degli standard dell’etica.