In molte aziende sono presenti sempre più gruppi battezzati come “Agile Team“, ovvero gruppi di lavoro interfunzionali di persone che hanno le risorse e le competenze necessarie per sviluppare un intero task, un ciclo di sviluppo o un progetto loro assegnato.
Questo avviene perché l’approccio Agile non è più solo un paradigma organizzativo delle startup tech della Silicon Valley: negli ultimi anni, sta diventando un tema sempre più centrale anche per le aziende consolidate e più tradizionali, tanto che è stato coniato il termine “Agile Organization”. L’approccio Agile è basato su team piccoli, imprenditoriali e vicini al cliente. Di fatto, i team costituiscono il cuore pulsante, il motore di un’organizzazione agile, rappresentando l’unità fondamentale di sviluppo di progetti e soluzioni innovative.
Come spesso accade nel mondo del business si tende a etichettare con nomi magari più accattivanti e, sicuramente, più marketing oriented, concetti che in realtà così nuovi non sono. “Self-managed team”, “Interfunctional team”, “Crossfunctional team”, “Super-team” sono solo alcune delle etichette che già negli scorsi decenni circolavano in molte grandi aziende consolidate e che, al netto di quanto aggiunto dal mondo dello sviluppo software in modalità agile, condividevano molti degli aspetti oggi caratterizzanti i team agili.
Nella pratica, questi team replicano – o meglio, tentano di replicare – la struttura e il modello operativo di una startup (e infatti, in alcuni casi, sono chiamati “Startup interne”).
Il ruolo dell’Agile Team all’interno dei processi di innovazione aziendali
“Great things in business are never done by one person. They’re done by a team of people”, diceva Steve Jobs.
Come possiamo trovare persone più innovative? Non di rado, di fronte a questa esigenza, ci si prefigura anche il classico stereotipo di profilo da ricercare, qualcuno di energico, dinamico, pieno di idee, non convenzionale, ecc. In pratica, ci si aspetta di individuare tanti (piccoli?) Steve Jobs, come se fosse l’unico modello di imprenditore e innovatore possibile.
Tuttavia, quando si tratta di innovazione, è raro vedere persone che possiedono l’intera gamma di competenze necessarie per condurre un’iniziativa, forse ancora più difficile in un contesto aziendale. Infatti, è molto complicato, se non quasi impossibile, che un dipendente “medio” possegga tutte le competenze e qualità di un fondatore di startup.
Inoltre, i problemi che affrontiamo oggi sono troppo complessi per essere risolti da un genio solitario che lavora in isolamento. Per questo motivo, costruire un team bilanciato è un’attività cruciale per reperire e condensare tutte le abilità necessarie per sviluppare un progetto di innovazione.
Gli effetti positivi dell’Agile Team: una conferma dalla letteratura scientifica
La letteratura scientifica stessa afferma che i team hanno effetti positivi sullo sviluppo di nuovi prodotti/servizi. Possiamo quindi pensare al team come l’attore protagonista nello sviluppo progetti di innovazione. È quell’organismo che concretamente svolge tutte le attività fondamentali comprese all’interno delle diverse fasi del processo di innovazione, tipicamente (ma non necessariamente) dalla fase di ideazione a quella di prototipazione e validazione. Sviluppa una o più idee, identifica le ipotesi da testare, definisce le sperimentazioni da effettuare con l’obiettivo di validare le proprie assunzioni. Prende tutte le decisioni e le scelte rilevanti durante lo sviluppo del tema, dell’ambito o del progetto assegnatogli dall’azienda.
Come creare un Team per lo sviluppo di progetti di innovazione (e i miti da sfatare)
Per quanto potuto constatare anche dall’esperienza diretta, esistono delle prassi aziendali e dei miti difficili da scalfire quando si tratta di coinvolgere le persone e costruire i team a cui assegnare le sfide dell’innovazione.
Mito #1: Ingaggiare i Talenti (o in gergo aziendale “i soliti noti”)
A chi possiamo affidare i progetti di innovazione? Quasi sempre, questa domanda posta dal management al vertice di un’azienda rappresenta il punto di partenza nel processo di creazione di team di innovazione.
La risposta più frequente e immediata, forse perché relativamente semplice, e per questo allettante, da parte dei dirigenti responsabili della realizzazione di iniziative di innovazione è quella di assegnare un’iniziativa a talenti ad alte prestazioni, credendo – ed illudendosi – così di raggiungere il successo. D’altronde, si tratta di attingere a bacini di dipendenti già pronti dal momento che esistono già in moltissime organizzazioni cluster come, ad esempio, quelli rappresentati dagli “high potential” oppure dagli “young talent”.
Altra alternativa molto ricorrente è quella di rivolgersi al proprio vice, alla classica persona fidata che ben si conosce, allineata perfettamente al proprio pensiero. Questo tipo di scelta può rivelarsi dannosa per (almeno) 2 motivi:
- primo, si ingaggiano risorse già sature, essendo coinvolte in tutte le iniziative rilevanti, con pochissimo tempo a disposizione e che, probabilmente, dedicano il meglio delle proprie forze ad altre attività, ritenute prioritarie/più strategiche/ecc.;
- secondo, si perde del “capitale” sotto (o mal) utilizzato, sottovalutando l’esistenza di veri e propri “talenti nascosti”, persone che per propria natura o per passioni personali hanno già presenti competenze e attitudini imprenditoriali, ma che essendo magari confinati agli estremi dell’organizzazione, sono per questo poco conosciuti, considerati e coinvolti nelle attività aziendali.
È opportuno, infatti, ricordare quello che dice Simon Sinek: “It’s better to have a great team, than a team of greats”.
Mito #2: Non è un lavoro adatto a tutti (i livelli) …e poi ci sono delle gerarchie “da rispettare”
Molti manager assumono le risorse con un “tipo” specifico in mente, di solito le persone che sembrano più simili a sé stesse. Sebbene possa essere più comodo e ci si senta più a proprio agio a lavorare con persone che condividono il medesimo background, coinvolgere chi non sembra, parla o pensa allo stesso modo può permettere di evitare le costose insidie della conformità.
Infatti, numerosi studi hanno dimostrato che team eterogenei sono più smart, più creativi ed esaminano i fatti in modo più approfondito. La letteratura scientifica già da diversi anni ha mostrato che team eterogenei da un punto di vista di background culturale, formazione accademica, sesso, ruolo gerarchico, funzione di appartenenza e esperienza professionale ottengono performance significativamente migliori quando si affrontano sfide in ambito innovazione.
Ad esempio, una divergenza nelle capacità e nelle conoscenze è positiva per la dinamica del gruppo. Previene il “pensiero unico” di gruppo che in molti casi produce decisioni errate all’inizio dei progetti, anche solo per la mancanza di un vero e proprio challenge alle proposte effettuate. Allo stesso modo, la provenienza da network differenti è positiva, in quanto facilita la ricerca di informazioni rilevanti e di competenze quando necessario.
Inoltre, studi recenti hanno confermato che creare team di innovazione con dipendenti provenienti da tutti i livelli gerarchici è una buona strada da percorrere, sebbene questa composizione abbia favorito l’insorgenza di problemi di relazione interni ai team.
Costruire team partendo da queste variabili è sicuramente un buon inizio, ma è sempre più rilevante considerare anche le competenze specifiche in ambito innovazione. È quindi fondamentale, innanzitutto, identificare i tratti critici che guidano e definiscono i più grandi innovatori, ovvero tutte quelle caratteristiche e attitudini tipiche di un imprenditore.
A seguire è quindi indispensabile mappare i dipendenti per scoprire quali talenti e predisposizioni imprenditoriali essi posseggono così da coinvolgere coloro che sono più pronti e, successivamente, creare team con persone complementari anche dal punto di vista delle competenze e delle predisposizioni all’innovazione.
Ad esempio, alcune persone sono più brave ad ispirare gli altri, ma deboli nell’ottenere risultati. Altri, invece, eccellono nella pianificazione, ma hanno bisogno di supporto per comunicare e vendere la visione e la value proposition.
Valutare l’attitudine all’innovazione di ciascun membro del team può essere di aiuto nella costruzione di un gruppo migliore, con più alte probabilità di successo, che sappia sviluppare – e mettere a terra – soluzioni innovative. Proprio come succede nelle migliori startup, nelle quali i fondatori sanno i propri punti di debolezza, le qualità mancanti e si circondano di professionisti e individui che completano i loro punti di forza, anche i team di innovazione devono, per quanto possibile, includere tutte le competenze chiave.
“You don’t get harmony when everybody sings the same note”, dice Doug Floyd.
Mito #3: Agile = no rules! (caos, nessuna regola, nessuna preparazione, nessun investimento)
I team di innovazione o Agile Team sono sicuramente tra le vittime di alcune “deviazioni” o cattive interpretazioni dei vari approcci lean e agile, in particolar modo per quanto riguarda l’illusione di ottenere il successo rapidamente e senza investimenti (il mantra fast & cheap).
In realtà, e anche la letteratura accademica lo sottolinea, i team di innovazione di nuova formazione difficilmente possono gestire all’istante zero tutto il lavoro complesso che devono svolgere senza un corretto setup iniziale. Ciò significa condividere con il nuovo team come funzionano i processi aziendali di innovazione, cosa si intende per innovazione all’interno della propria organizzazione, come individuare nuove opportunità, come sviluppare soluzioni innovative, in poche parole il team deve essere consapevole del contesto organizzativo nel quale operare e deve ricevere tutti gli “attrezzi” specifici del mestiere prima di poter essere operativi.
Spesso il top management sottovaluta le difficoltà nell’affrontare il tema innovazione e, contemporaneamente, sopravvaluta la prontezza della propria organizzazione che di fatto costituisce l’ambiente nel quale i team di innovazione opereranno. In realtà si sottostima così tanto l’impegno richiesto che si chiedono risultati in breve tempo ai team lasciandoli lavorare “on top” – la sera, nei weekend – al proprio carico quotidiano di lavoro. Non solo è necessario del tempo affinché un qualsiasi gruppo possa diventare efficace ed efficiente nel proprio lavoro – basta fare riferimento al classico modello sviluppato da Tuckman che descrive le diverse fasi di sviluppo di un team – ma serve anche del tempo a ciascun membro del team per comprendere il complesso, variegato e ambiguo mondo dell’innovazione. A questo proposito alcune ricerche accademiche stimano che siano necessari dai 6 agli 8 mesi per sviluppare team di innovazione ad alte prestazioni.
“No matter how great the talent or efforts, some things just take time. You can’t produce a baby in one month by getting nine women pregnant”, ricorda Warren Buffett.
Agile, eterogeneo e consistente: ecco com’è il team ideale
Per ridurre al minimo i fallimenti le aziende dovrebbero essere più strategiche nella composizione dei team di innovazione.
Affidare progetti di innovazione alla solita personalità, corrispondente allo stereotipo di “creativa”, che lancia un’idea dietro l’altra può non essere la scelta migliore. È necessario ingaggiare persone che oltre alla creatività esprimano resilienza, propensione al rischio e capacità di comunicare. Individui che siano portati a sperimentare, a gestire il rischio e ad affrontare eventuali, ma probabili, fallimenti. Sono diversi i tratti che contraddistinguono un comportamento imprenditoriale ed innovativo, ma tutte doti necessarie per sviluppare soluzioni innovative.
La buona notizia? Persone con queste attitudini e competenze sono già presenti in tutte le organizzazioni, il dovere è individuarle, ingaggiarle nelle iniziative di innovazione e creare un contesto favorevole al loro lavoro. Altrimenti, non solo viene sottoutilizzato un capitale già presente in azienda, ma il rischio è che queste persone di valore e con attitudini innovative lasceranno l’organizzazione verso ambienti maggiormente stimolanti.
In conclusione, il team “ideale” è agile, eterogeneo e consistente, racchiude tutte le principali competenze e conoscenze necessarie a percorrere un processo poliedrico, incerto e ambiguo come quello dell’innovazione. Nella sua quotidianità il team perfetto deve operare come una start-up che adatta il proprio piano e le proprie attività sulla base dell’apprendimento derivante dalle continue sperimentazioni e dai feedback del mercato.