Produrre acciaio in Italia è oggi una sfida difficile. Con le aziende cinesi e indiane non si può certo competere sui costi, ma è possibile farlo, con successo, su un altro piano: quello del prodotto di qualità e del servizio su misura.
Significa vendere un acciaio non solo eccellente, ma realizzato ad hoc per le esigenze dei clienti. E questo è fattibile grazie a investimenti cospicui nell’innovazione tecnologica e una grande attenzione al capitale umano.
Lo conferma la storia delle Acciaierie Bertoli Safau, nata 26 anni fa in provincia di Udine, in un momento di profonda crisi del settore, dalla fusione di due aziende con una lunghissima storia alle spalle. Contemporaneamente, nel capitale societario è entrato il Gruppo Danieli, di cui oggi ABS rappresenta la divisione Steelmaking, che conta oltre 1.300 dipendenti, 1.100 in Italia e 200 circa in Croazia, per un fatturato di 800 milioni circa, in crescita.
«Spingere l’innovazione tecnologica, che non è solo impiantistica ma riguarda tutta l’azienda, per noi è stato fondamentale per restare competitivi. Il fatto che esistiamo ancora ne è la dimostrazione: ogni giorno sui giornali si legge di qualche azienda nel settore siderurgico che chiude o che è in difficoltà», dice Alessandro Trivillin, Amministratore Delegato dell’azienda dal 2011, il manager che ha saputo portare nel mondo siderurgico modelli e approcci di innovazione che in altri settori sono molto comuni, con un’attenzione al cliente da azienda retail.
Dott. Trivillin, quanto è importante per lei l’innovazione?
C’è uno slogan che normalmente utilizzo: “Non solo chi non innova è perduto, ma anche chi innova lentamente!”. Grazie all’innovazione dei processi produttivi, oggi si producono migliaia di tipologie diverse di acciai, che qualche anno fa non erano neanche concepibili: noi in questo momento stiamo già pensando ai prodotti dei prossimi 15 anni, che saranno totalmente diversi.
Per questo, abbiamo avviato un programma di investimenti in Italia per 360 milioni di euro e ora siamo proprio a metà. Di questi, 220 milioni sono destinati a un impianto che non adotta l’ultimo step della tecnologia, ma è oltre: è un prototipo. È fondamentale, però, organizzare l’innovazione all’interno dell’azienda. In ABS da un anno e mezzo abbiamo creato un modello strutturato, suddividendolo in tre aree: innovazione di processo, innovazione di prodotto e tecnologie “non core”.
Abbiamo un responsabile in ognuna di queste aree, con coordinamento centrale, per avere un filo conduttore unico. Esiste un board dedicato all’innovazione, con incontri periodici in cui vengono presentati i prodotti e i potenziali progetti. C’è molto metodo anche nell’innovazione, con una logica di project management: anche in questo campo, il 99% è sudore e solo l’1% ispirazione. Prima avevamo un approccio molto latino, creativo: facevamo comunque molta innovazione ma ci mancavano queste fondamenta solide dell’organizzazione.
Quali sono gli obiettivi dell’innovazione in ABS?
Da qualche anno abbiamo cercato di re-immaginare tutta l’azienda in una logica cliente-centrica. Nel mondo siderurgico, quello che domina sono gli impianti: siamo una realtà capital intensive, con milioni di euro di investimenti, quindi il focus è sempre stato su rendere più effi cienti gli impianti. Abbiamo cambiato questa logica mettendo il cliente al centro e, partendo da qui, il primo trait d’union per andare a soddisfare le esigenze sono i processi innovativi. Il prodotto classico ormai arriva in nave dalla Corea, dall’India o dalla Cina.
Noi dobbiamo fare qualcosa in più, differenziarci producendo acciai speciali destinati a nicchie particolari: guardiamo al singolo cliente, al suo specifi co processo produttivo e andiamo a di soddisfare puntualmente le esigenze, con una produzione tailor-made. Senza la digitalizzazione e senza il supporto della tecnologia non saremmo riusciti a fare i passi che abbiamo fatto fi no ad ora, ma specialmente non riusciremmo a fare i passi che abbiamo in previsione di fare nei prossimi anni.
Ci può fare qualche esempio di questo approccio all’acciaio tailor-made?
Un esempio molto semplice riguarda l’acciaio per i pistoni. Le compressioni dei motori negli anni ‘70 erano al massimo 110 bar, adesso sono più del doppio, con la prospettiva di arrivare a 270. Ecco, i pistoni devono essere fatti con acciai che hanno caratteristiche meccaniche inimmaginabili qualche anno fa.
Un altro nostro cliente è leader mondiale nelle catene per l’ancoraggio delle piattaforme petrolifere, installate in tutti i mari del mondo. Con lui stiamo collaborando per sviluppare acciai diversi per ogni tipologia di sito, in base alla salinità, all’acidità e alla profondità del mare. Per produrre queste catene, che hanno un diametro di 5-6 metri, si utilizza una certa tipologia di acciaio nel fondale, dove vengono ancorate, mentre le caratteristiche sono diverse man mano che si va verso la superfi ce. Questo spiega bene cosa vuol dire tailorizzare al massimo il singolo prodotto del cliente.
Un altro elemento importante sono i sensori: ne abbiamo migliaia nelle nostre fabbriche.
Che dati raccolgono i sensori? E come li utilizzate?
Sono centinaia gli elementi chiave che possono influenzare una buona colata di acciaio, la produzione dell’acciaio non è una scienza perfetta. Per questo, analizziamo migliaia di parametri. Qui si entra a pieno titolo nel mondo dei Big Data: la tecnologia ci permette analisi su grandi volumi di dati in tempo reale per essere vicino al cliente, dandogli comunicazione immediata sui suoi prodotti.
Una delle nostre linee produttive è lunga più di un chilometro e ha molti sensori: ognuno di questi rappresenta un elemento importante per il cliente, perchè gli comunica che a quel punto del processo produttivo l’acciaio aveva determinate caratteristiche, informazioni che gli saranno utili in fase di lavorazione. Utilizziamo la soluzione Business Object per l’analisi dei dati, e adesso ci stiamo spingendo verso le analisi predittive.
Stiamo anche installando una serie di fotocamere, molto particolari, perché l’acciaio fonde a 1600°, per scattare fotografie del prodotto durante la lavorazione e, tramite un portale, renderle disponibili al cliente in tempo reale: questo, ripeto, mentre lo produciamo, non quando l’abbiamo spedito. Questo sistema facilita il tracking dei prodotti e agevola le logiche di just in time, per l’ottimizzazione del magazzino e la riduzione delle scorte. La digitalizzazione è fondamentale per essere vicini al cliente e competere col servizio.
In generale, quanto è spinta la digitalizzazione dei vostri processi?
Sono ormai 5-6 anni che lavoriamo in questa direzione, per eliminare la carta e ottimizzare i processi, e qualche risultato l’abbiamo ottenuto. Il primo passo è stato quello della certezza del dato: siamo partiti mettendo la base con un gestionale SAP. Il secondo passaggio, grazie alla piattaforma, è l’integrazione del dato, dall’inizio alla fine di tutti i nostri processi. Su questo stiamo lavorando, e aggiungiamo dei pezzi ogni anno.
Va detto che la nostra filiera è un po’ particolare, abbiamo livelli di digitalizzazione completamente diversi. La nostra materia prima è il rottame e i nostri fornitori sono i rottamai: non possiamo chiedergli di usare piattaforme digitali per farci le offerte.
Diverso se andiamo ad approcciare il leader mondiale nella produzione dei cuscinetti. Il mondo siderurgico non è brillantissimo nell’uso del digitale, quindi cerchiamo la contaminazione con altri settori. Per esempio, dal mondo della grande distribuzione abbiamo preso spunto per organizzare la gestione dei nostri terzisti. Ora ci stiamo focalizzando sulla digitalizzazione della relazione con il mercato.
Cosa intende?
È uno step in più rispetto al classico CRM: parte dai fabbisogni del cliente, dalla relazione iniziale, dal momento in cui cominciamo a ipotizzare con lui lo sviluppo di un prodotto, fino alla messa a punto e la consegna finale. Ci sono migliaia di parametri che vanno a identificare un prodotto. Non usiamo più la carta, mandando un fax come si faceva qualche anno fa, ma creiamo una relazione 2.0, che si avvicina più a logiche di social network.
Un altro aspetto fondamentale che contraddistingue ABS riguarda l’attenzione alle persone…
Poniamo molta attenzione alle persone, per metterle nelle condizioni migliori di poter dare il massimo. E le piattaforme tecnologiche possono aiutare anche a raggiungere questo obiettivo. All’inizio dell’anno è iniziato un progetto per installare SuccessFactors, che sarà live a giugno: oltre alle anagrafiche, il primo modulo sarà quello della formazione. Poi c’è il tema della sicurezza sul lavoro, che a noi è molto molto caro.
Abbiamo realizzato device wearable, indossati dai nostri dipendenti, che tramite appositi sensori sono in grado di rilevare se ci sono dei problemi: ad esempio se una persona cade, in caso di incidente, o se vengono rilevati dei gas, che a volte sono inodore ma pericolosissimi, viene generato un allarme.
ABS fa parte del gruppo Danieli. Questo vi aiuta a essere innovativi?
Il Gruppo Danieli rappresenta per noi una spinta fortissima per l’innovazione. Siamo un laboratorio di ricerca e uno showroom per il Gruppo. Succede che viene studiato con noi un nuovo impianto, e dopo due, tre, quattro anni di fine tuning viene venduto al nostro concorrente, magari a poca distanza. Questo ci obbliga a essere sempre un passo in avanti: possiamo usufruire delle migliori tecnologie al mondo per un periodo limitato, ma sappiamo che dopo queste passeranno al nostro concorrente.
******Chi è Alessandro Trivillin******
Trivillin nasce a Treviso nel 1968 e si laurea in Economia Aziendale presso l’Università Cà Foscari di Venezia nel 1992. Nello stesso anno trova lavoro in Selina Spa (settore abbigliamento) e vi rimane fi no al 1995 anno in cui si trasferisce in Fassa Bortolo (settore materiali per l’edilizia) per occupare, fino al 2007, il ruolo di Responsabile Amministrativo/Personale. Approda quindi in Acciaierie Bertoli Safau ricoprendo inizialmente il ruolo di CFO per essere nominato, pochi anni dopo, – nel 2011 – Amministratore Delegato della stessa società. È un sostenitore dell’evoluzione quale concetto concreto da applicare quotidianamente sia nell’organizzazione del lavoro che nella crescita delle risorse umane. È sua ferma convinzione che la risorsa umana è l’asset centrale di ogni organizzazione e crede che solo attraverso l’evoluzione di competenze tecniche, organizzative e comportamentali delle persone si possano perseguire nuovi traguardi e compiere innovazione in azienda anche attraverso il supporto e l’ideazione di nuove tecnologie.
******Acciaierie Bertoli Safau: una storia che inizia nel 1800******
ABS nasce nel 1988 dalla fusione di due acciaierie di lunga esperienza ed alta qualificazione, le “Officine Bertoli”, fondate nel 1813, e “Safau”, le cui origini risalgono al 1934. Oggi ABS rappresenta la divisione Steelmaking del gruppo Danieli, leader mondiale nella costruzione di impianti per l’industria siderurgica, che distribuisce il proprio acciaio di assoluta qualità in 41 Nazioni. La produzione è destinata all’industria automobilistica, mezzi pesanti, industria meccanica, energetica e petrolifera. Nel bilancio approvato a settembre 2014, i ricavi sono passati da 686,4 a 795,1 milioni di Euro, in crescita del 16 per cento rispetto al precedente esercizio. Il risultato netto di 28,2 milioni di Euro è più che raddoppiato. l numero dei dipendenti in forza al 30 giugno 2014 era di 1367 unità.