“Per prosperare nel prossimo decennio, le aziende devono diventare resilienti, cioè in grado di resistere a minacce o cambiamenti imprevedibili, per poi emergere più forti di prima”. In questo modo, gli analisti di McKinsey traducono in pochi e forti concetti un tema che tiene banco da poco meno di due anni, da quando cioè la pandemia ha creato una frattura tra le imprese flessibili e capaci di modellarsi in funzione degli eventi e quelle che, per modello organizzativo, cultura e impianto tecnologico, non sono state in grado di reggere l’urto. La pandemia è stata la disruption per eccellenza, ma non dimentichiamo che il mondo stava già attraversando una fase di forte cambiamento contraddistinta dall’incertezza geopolitica, da rivoluzioni tecnologiche, da una globalizzazione sempre più marcata e dagli effetti del cambiamento climatico, tanti elementi che condizionano negativamente la capacità delle imprese di prosperare senza avere gli strumenti e l’attitudine per adattarsi al cambiamento. Questa attitudine è la resilienza.
La strada verso la resilience e il ruolo del digitale
Le aziende hanno difficoltà a diventare resilienti, poiché devono adottare nei confronti di questo tema un approccio olistico, integrato, a 360 gradi. La resilienza, infatti, è finanziaria, operativa, organizzativa, culturale, reputazionale e anche tecnologica: intraprendere un percorso di cambiamento deve indirizzare tutti questi aspetti, non solo occuparsi di una più specifica continuità del business da approcciare con strumenti tecnologici, con la resilienza delle applicazioni e dei data center. Eppure, senza maturità digitale la resilienza, o meglio l’anti-fragilità, non si può raggiungere. Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti, dalle modalità di lavoro agile con video-call ormai quotidiane all’accesso remoto agli strumenti di lavoro, dalla digitalizzazione dei processi produttivi in chiave 4.0 allo sviluppo di ecosistemi connessi nelle Supply Chain globali: senza una focalizzazione sul digitale, da affiancare agli aspetti organizzativi, culturali e di business, la resilienza resta un obiettivo difficoltoso da raggiungere.
Parola d’ordine: programmazione
Per approfondire il tema e calarlo nella realtà del tessuto economico italiano, abbiamo interpellato Antonello Morina, CEO Formula Impresoft, azienda parte di Impresoft Group, primario polo tecnologico italiano che risponde alle esigenze di resilienza delle imprese unendo le competenze di operatori leader nella trasformazione digitale, tra cui, oltre a Formula Impresoft, 4wardPRO, Qualitas Informatica, NextTech, OpenSymbol e NextCRM. “Per noi, resilienza significa capacità di innovare e di trasformarsi continuamente, non solo per sopravvivere a potenziali shock, ma per cogliere sempre nuove opportunità. Ce l’ha dimostrato la pandemia: insieme a evidenti motivi di sofferenza sono nate opportunità su cui alcune aziende hanno costruito, e stanno costruendo, il loro vantaggio competitivo”.
Who's Who
Antonello Morina
CEO Formula Impresoft, azienda parte di Impresoft Group
Per quanto concerne i tratti distintivi delle imprese resilienti, Morina non ha dubbi: sono quelle che investono prima e meglio, che si affidano in modo convinto alla trasformazione digitale, anticipando i tempi e programmandone i passaggi. Più si è pronti dal punto di vista della digitalizzazione, più si è in grado di dominare gli scenari. La keyword è “programmazione”: la resilienza parte da qui, e non è un caso che un paradigma di forte trasformazione come Industria 4.0 sia stato concepito all’origine come un invito a programmare il cambiamento. Le aziende che dominano l’incertezza degli scenari economici sono quelle che evolvono ogni giorno e che continuano a programmare il loro cammino, la crescita digitale e i modelli di business.
Il vantaggio del tessuto economico italiano? Il fatto di essere composto per larga parte di PMI, nonostante un livello di maturità digitale (mediamente) inferiore rispetto alle enterprise: “Oltre a dover essere resilienti dal primo giorno per gestire al meglio le complessità del Sistema, le nostre imprese hanno spesso la peculiarità di avere un modello organizzativo flessibile. Il tessuto economico italiano è composto soprattutto da PMI, molto più portate a mutare pelle rispetto al variare delle situazioni. Da questo punto di vista, si tratta di un vantaggio non da poco”.
Impresoft Group e l’approccio corretto al tema della resilienza
Sulla base di quanto affermato finora, il valore di un Gruppo che accompagna le imprese nell’iter di trasformazione digitale sta nella capacità di interpretare (e gestire) le esigenze di resilienza, adottando un approccio olistico. Il vero vantaggio si ha quando la complementarità dei componenti del Gruppo si esprime in una sinergia forte e in un’offerta integrata. Per questi motivi, la strategia del Gruppo Impresoft si basa su diversi Competence Center d’eccellenza, che mantengono una loro indipendenza derivante dallo storico e dal posizionamento acquisito, ma che lavorano sempre più in sinergia e in maniera integrata. Tutto ciò contraddistingue Impresoft Group ed è l’essenza del suo vantaggio competitivo. “Il nostro Gruppo – aggiunge Morina – è composto da aziende che costituiscono veri e propri centri di eccellenza nei vari comparti e che operano in modo sinergico. I nostri obiettivi, infatti, non si limitano alla crescita dal punto di vista organizzativo, ma riguardano anche un’integrazione sempre maggiore dell’offerta, così da renderla più fruibile alle aziende con cui lavoriamo e semplificata dal punto di vista commerciale. Il nostro segreto è questo: garantiamo indipendenza alle nostre aziende e, al tempo stesso, ne valorizziamo le sinergie, cosa che rappresenta al meglio la nostra strategia”.
Impresoft Group, ci spiega Morina, è strutturato in modo tale da abilitare le imprese italiane a una resilienza a 360 gradi grazie alla interrelazione dei Competence Center specializzati in specifiche aree di eccellenza: Corporate Resilience, Business Application, Customer Engagement e Industry Solutions. Da questa sinergia nasce UniQa: un’offerta di soluzioni integrate e modulari in grado di rispondere ai bisogni di innovazione diversificati di aziende di differenti dimensioni e che operano in vari settori merceologici.
I dati indicano la strada della resilienza
Oltre ai pilastri della modernizzazione dell’IT, della sicurezza informatica, dell’Agile Working, della digitalizzazione e remotizzazione dei processi, un elemento cardine della business resilience è la valorizzazione dei dati, un’attività che rientra in quell’iter che conduce alla data-driven company e a cui tutte le imprese italiane – a prescindere dalle dimensioni – dovrebbero ambire. “Tra le competenze che il Gruppo mette a disposizione delle aziende ci sono quelle dedicate all’analisi data-driven delle performance, che da molti anni sono un supporto fondamentale per le decisioni strategiche. Oggi, in un mondo sempre più globalizzato e complesso, è sconsigliabile basarsi sulla sensibilità personale per condurre l’azienda. Inoltre, fino a poco tempo fa gli strumenti decisionali lavoravano su dati acquisiti e rappresentavano situazioni pregresse: oggi, con i nuovi sistemi basati sull’AI ci si sta spingendo verso sistemi predittivi che superano il concetto di ‘supporto decisionale’ e diventano una guida per decisioni razionali e, soprattutto, rapide”. D’altronde, se resilienza è adattarsi il prima possibile a nuovi scenari, la pandemia ha dimostrato che solo chi agisce con la velocità giusta può guardare al proprio futuro con comprensibile ottimismo.