Come hanno agito e reagito i colossi del business mondiale, e in particolare le Tech Company, allo scoppiare delle ostilità nella delicata questione russo-ucraina? Le iniziative a supporto delle popolazioni colpite sono state diverse, dall’erogazione di servizi gratuiti a boicottaggio del Paese che ha dato il via all’attacco è la linea che diversi marchi hanno scelto di seguire. Una scelta di campo coerente con le strategie di brand purpose e responsabilità delle company, che si fa concreta anche e soprattutto in momenti di emergenza.
Le Tech Company per l’Ucraina
Un esempio mediaticamente rilevante di impegno nella causa è stato la pronta mobilitazione di Elon Musk alla richiesta d’aiuto del ministro ucraino Fedorov che, in un Tweet, aveva richiesto un supporto per la connettività. Musk ha subito messo a disposizione i satelliti della sua Starlink, garantendo connessione Internet con banda ultra-larga a bassissima latenza su tutto il territorio.
Questo a dimostrazione di come il governo ucraino stia utilizzando i social per fare una “comunicazione di guerra” che risponde alle logiche più moderne del marketing, in modo diretto e cercando attivamente il supporto internazionale.
Altro ambito che si è subito mobilitato è il mondo TelCo, con tutti i principali player che hanno subito attivato chiamate gratuite illimitate da e verso l’Ucraina. E non solo: Vodafone sta offrendo un bene davvero prezioso, ossia il lavoro. Grazie a un processo di recruiting semplificato e accelerato, i cittadini ucraini e non, maggiorenni, che si trovano nella condizione di lasciare l’Ucraina, potranno accedere a posti di lavoro in diversi Paesi europei in cui Vodafone opera. Una opportunità che viene offerta anche da altre Tech Company. Trovare lavoro, infatti, è il primo passo per un ritorno alla normalità almeno parziale in un nuovo Paese per tanti profughi costretti all’espatrio. Molte società specializzate in recruiting – GiGroup, Ranstad e Manpower Group per citarne alcune delle più note – si stanno impegnando per creare percorsi di accoglienza e formazione, uniti anche a counseling psicologico e linguistico.
Altro esempio lodevole è quello di AirB&B, che ha realizzato un grande progetto di prenotazioni gratuite come raccolta fondi per supportare la popolazione. Nelle sole prime due settimane dell’invasione sono state prenotate ben 430 mila notti in Ucraina attraverso la piattaforma, da 165 Paesi del mondo. Ovviamente, i pernottamenti pagati a Kiev o a Odessa non verranno davvero utilizzati: questo è un modo nuovo e veloce di fare raccolta fondi per beneficenza.
Altro esempio è quello del colosso della cyber-security Vectra AI, che ha messo a disposizione un’intera suite di rilevamento e risoluzione delle minacce informatiche per imprese ibride e multicloud ucraine che potrebbero essere a rischio nel contesto della guerra.
Mentre Flixbus e altri attori del trasporto pubblico e privato (anche Trenitalia nel nostro Paese) garantiscono corse gratuite per i cittadini ucraini.
Stop al business in Russia per 500 aziende internazionali
Oltre agli esempi proattivi sopracitati, con azioni di supporto alle popolazioni colpite con servizi utili, c’è anche la presa di posizione in negativo nei confronti dell’aggressore politico. Oltre alle sanzioni internazionali, infatti, la Russia si è trovata a fronteggiare lo shutdown di molte attività e servizi, legati al mondo digitale e tecnologico.
Infatti, alcune Big Tech hanno preso la decisione, eticamente complessa ma ancora più pesante dal punto di vista del business, di ritirare i propri servizi dal territorio russo.
Oracle, SAP e Microsoft, solo per citarne alcune, sono state invitate dallo stesso Presidente ucraino Zelensky a “boicottare” l’economia russa, oscurando piattaforme e bloccando le operations.
E non solo, lo stesso hanno fatto anche Google, Meta, Apple: Google, in particolare, avrebbe sospeso il rilevamento dei dati di geolocalizzazione, sensibili e fondamentali in un momento simile, Meta avrebbe smantellato una rete di account fake e starebbe limitando la propaganda filorussa. Richieste di sospendere i servizi sarebbe arrivate anche a PayPal, Mastercard e agli altri principali player di pagamento.
Netflix ha bloccato il proprio streaming in Russia, così come le maggiori piattaforme Social sono state almeno parzialmente oscurate e hanno fermato l’erogazione di campagne e monetizzazioni sui canali di aziende e creator russi.
Quella dei Social non è, però, solo un’azione passiva, al contrario: YouTube, ad esempio, ha chiuso i canali dei media governativi russi, mentre Facebook sta “permettendo” il diffondere di contenuti contro l’esercito russo, bypassando le proprie stesse norme sull’incitamento all’odio. Twitter ha rimosso oltre 50.000 tweet perché considerati fake-news o comunque contenuti imprecisi legati al tema della guerra. Non solo, Twitter è anche diventato un luogo di confronto pubblico tra le parti e di ricerca di supporto da parte del governo ucraino.
Secondo la Yale School of Management, sono ben 500 le aziende, trasversali per settore, che ad oggi hanno ritirato i propri servizi e prodotti dal mercato russo, qui l’elenco completo.
Segnaliamo anche l’iniziativa di GetResponse, che ha diffuso online una lista di centinaia di startup e imprese tecnologiche con sede in Ucraina a cui affidarsi per ridare vigore all’economia del Paese e ai piccoli imprenditori e startupper locali (visibile qui). Nell’elenco si trovano importanti realtà del mercato IT ucraino come Grammarly, GitLab, MacPaw, per chi desidera fornire un aiuto efficace e immediato agli imprenditori ucraini e alle loro famiglie. L’obiettivo è di supportare il settore IT ucraino. La sola capitale Kiev, ad esempio, ospitava più di 1000 startup e aziende IT.