Il tema del ritardo dei pagamenti è sempre sotto i riflettori e pur fioccando i decreti legislativi ancora non è del tutto chiara la via da percorrere.
Punto di partenza è stata l’emanazione del Decreto 192 del 2012 relativo alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, che ha portato i termini a 30 giorni (con deroghe a 60), andando di fatto ad anticipare il diritto a emettere fattura per interessi di mora, e modificando solo in parte i tempi di incasso complessivi.
A seguire sono entrati in vigore nel giugno 2012 il DM Certificazioni – che sancisce la necessità di certificazione del credito attraverso il Portale Certificazione Crediti (PCC) predisposto dal MEF – e nel giugno 2013 il DL 35 – che disciplina l’immissione di liquidità extra tra il 2013 e il 2014 (si tratta di circa 40 milioni di euro) per liquidare le posizioni scadute al 31 dicembre dell’anno precedente.
Infine è arrivato il famoso decreto n.55 – entrato in vigore il 6 giugno 2013 – che impone l’obbligo della fatturazione elettronica, l’invio attraverso la PEC e l’archiviazione elettronica delle fatture, per tutti i fornitori della Pubblica Amministrazione e del Sistema Sanitario Nazionale.
Ma tutto questo come può risolvere il problema del ritardo nei pagamenti?
Di fatto il DM Certificazioni e il DL 35 sottolineano l’obbligatorietà della certificazione, attraverso un utilizzo simultaneo di entrambe le procedure, che tuttavia rimane onere della parte creditrice ai fini della ricezione del pagamento. Il decreto n.55 invece di fatto consentirà di migliorare i rapporti con le pubbliche amministrazioni, che non potranno più crearsi alibi su mancate ricezioni delle fatture o sulla loro mancata registrazione.
Quello che emerge è quindi un quadro normativo ancora in parte fumoso, che costringe i responsabili finanziari delle aziende italiane fornitrici della PA e del SSN a navigare a vista in attesa di risposte concrete per mettere in sicurezza il credito nei confronti degli enti pubblici.