Il problema chiave che un CFO deve affrontare nell’azienda in cui opera è l’inadeguatezza dei processi, dell’organizzazione e dei sistemi informativi: il dato emerge da una survey condotta nel 2014 dalla società di consulenza Deloitte, alla quale hanno risposto 450 chief financial officer di aziende italiane con un fatturato annuo superiore ai 20 milioni di euro e appartenenti a tutti i settori merceologici, ma in prevalenza al mondo manifatturiero (34%), seguito da grande distribuzione (10%) e settore farmaceutico (8%).
Quando interrogati su quale sia il vero punto di forza del sistema imprenditoriale italiano, la maggioranza relativa dei CFO (24%) risponde «la capacità di innovare e generare prodotti ad alto valore aggiunto» delineando un profilo dell’imprenditore italiano che è soprattutto ideatore, creatore di qualità e capace di gestire e superare le criticità.
La maggior parte dei CFO (18%) ritiene invece che il punto di debolezza del sistema di business nel nostro paese vada ricercato nella scarsa managerialità. Solo dopo vengono la bassa capitalizzazione (14%) e il lento ricambio generazionale (14%). La posizione occupata dal CFO in azienda è significativa: può essere la seconda o la terza nella gerarchia dell’impresa e ciò conferma la scarsa managerialità come principale punto di debolezza delle imprese italiane.
La sostanziale instabilità del contesto economico influenza gli interpellati sulla percezione di quale debba essere il proprio ruolo fondamentale: il 19% risponde infatti che la capacità più importante per essere un ottimo CFO è quella di problem solving, assieme alla capacità di condividere vision e obiettivi con i vertici aziendali (15%), dall’amministratore delegato agli azionisti. Insomma, oggi il CFO non è soltanto un professionista dedicato alla pianificazione e controllo dei conti e risultati, ma sempre più diventa un sostenitore delle strategie aziendali e una figura di supporto per il reperimento delle risorse finanziarie necessarie a perseguire gli obiettivi strategici dell’azienda.