«Alla fine del 2016, nel mondo saranno stati spesi più di 200 miliardi di dollari in servizi Cloud. Nel 2019 si arriverà a 300 miliardi, circa un terzo del giro d’affari dell’IT. Il Cloud dunque è diventato un fenomeno mainstream: il 58% delle imprese lo usa stabilmente, il 30% in funzione delle esigenze contingenti e il 10% in maniera esclusiva per supportare l’innovazione. Quel 2% che manca all’appello deve porsi serie domande».
Massimo Pezzini, VP & Gartner Fellow, ha così aperto i lavori del primo Hitachi Business Day, evento dedicato da Hitachi Systems CBT a partner e clienti italiani. La filiale italiana, guidata da Flavio Radice, fattura 55 milioni di euro e conta 330 collaboratori nelle sedi di Milano, Roma, Venezia, Bologna (la corporation, a livello mondiale, fattura 90 miliardi di dollari con 350 mila addetti). Due i data center in Italia, nel Lazio e in Lombardia, per oltre cento tra partner e system integrator. «Nonostante la grande diversificazione del Gruppo, oggi l’ICT pesa per il 21% delle attività complessive», ha spiegato Radice, «e rappresenta il fulcro di tutti i prodotti e soluzioni offerte anche negli altri ambiti di business». Un fattore abilitante che permette a Hitachi di collaborare con organizzazioni di tutti i settori.
Le sfaccettature del Cloud nelle aziende utenti, da ILLVA a Infocert
ILLVA Saronno Holding, titolare del brand Amaretto Disaronno, con il Private Cloud costruito su soluzioni Hitachi ha
trasferito il data center in outsoucing per focalizzare le risorse su processi core e supportare il business soprattutto nel consolidamento delle attività internazionali. «Le macchine sono disegnate per essere compliant con il nostro licensing e ci hanno permesso di migrare le funzioni di backup dalle vecchie tecnologie a nastro a piattaforme all’avanguardia», ha spiegato Antonio Pisano, Direttore Sistemi Informativi del gruppo. «Abbiamo aumentato capacità computazionale, RAM e storage sfruttando la flessibilità e scalabilità dell’infrastruttura, ma grazie al Cloud potremo sostenere in futuro progetti di innovazione Industria 4.0. Attualmente stiamo svolgendo studi di fattibilità sulla virtualizzazione degli ambienti server».
Arcares, acquisita nel 2014 da Lutech, fornisce invece prodotti e servizi informatici a supporto del settore finanziario. «Il nostro è un mercato più resiliente al cambiamento», ha spiegato il Managing Director Willy Burkhardt. «Anche per via della normativa di riferimento, quella dei pagamenti è un’industria molto complessa. Ma sull’onda dell’offerta degli OTT e delle Fintech, che ha già ridotto grossa parte delle revenue delle banche americane, la trasformazione è inevitabile. Noi ci stiamo evolvendo da software house ad outsourcer, e abbiamo cominciato a erogare servizi di BPO con componenti, processi e tecnologie anche IoT, big data e cognitive computing». Tra le aziende clienti dei servizi Cloud di Arcares ci sono già otto società finanziarie, dai top player alle PMI ultraspecializzate. «Il vantaggio della Nuvola è che permette di scalare anche verso il basso».
Pure Intelco si occupa di BPO, ma in area amministrazione del personale. «Negli ultimi dieci anni abbiamo cambiato pelle», spiega il Direttore Generale Andrea Plebani. «Prima sviluppavamo e installavamo software, oggi realizziamo solo servizi: abbiamo 22 mila programmi, 40 mila cedolini per altrettanti utenti e 4 mila macchine installate sui tornelli delle aziende clienti, il tutto gestito da un sistema centralizzato che funziona in tempo reale. Questo grazie alla stretta collaborazione con Hitachi. Attraverso il Cloud siamo riusciti inoltre ad accelerare notevolmente il business: una volta acquisito un cliente, lo mettiamo subito in rolling, con tempi di avvio dimezzati, senza contare che ormai per gestire il sistema non servono più specialisti IT».
Quello delle expertise è un tema caldo per Plebani. Terminata la prima fase della trasformazione digitale, volta a stabilizzare la nuova infrastruttura, Intelco ora punta infatti a rivisitare il software per renderlo realmente su misura del cliente. «Se prima le interfacce erano pensate per dialogare con persone molto competenti, ora gli end-user sono tutti i collaboratori delle imprese clienti, ciascuno con il suo modo per accedere al sistema: l’utilizzo dello smartphone per la timbratura, per esempio, è solo il primo passo di un cambiamento radicale del lavoro e degli spazi negli uffici».
La costruzione di un digital workplace è stato anche l’obiettivo di HDI Assicurazioni, che coniugando 2 mila postazioni virtual desktop con il modello BYOD (Bring Your Own Device) applicato agli agenti, ha abbattuto i tempi di apertura delle filiali da 40 a due giorni. «Siamo diventati un’organizzazione paperless, con più di un milione di documenti dematerializzati negli ultimi sei mesi, ma il programma di digital transformation avviato due anni fa ha avuto un impatto enorme anche sui processi operativi, sui servizi erogati in tempo reale e sulla multicanalità integrata», ha raccontato il CIO Luca Lanzoni. «Ora che il primo ciclo del progetto si è concluso, grazie ai risparmi ottenuti possiamo liberare risorse da destinare a ulteriori innovazioni. Con Hitachi stiamo per esempio sviluppando nuovi modelli di data warehousing per applicazioni big data che offrano nuove funzionalità antifrode».
In qualità di trusted service provider nella cornice del regolamento eIDAS, lo scopo di Infocert è invece bilanciare l’offerta di servizi basati su standard con la capacità di svilupparli seguendo l’evoluzione normativa. «Abbiamo identificato in Hitachi il partner che cercavamo per disimpegnare le risorse dai livelli più bassi dello stack: oggi siamo in grado di distribuire veri e propri business process as a service», ha detto Daniele Citterio, Director Enterprise Solution di Infocert. «Il prossimo passo? Sviluppare il tema dell’API Economy, per cui sarà necessario ‘smontare’ i servizi e offrire ai clienti, anche su verticali specifici come l’open banking, gli elementi di base per costruire in autonomia tool personalizzati».
Gli addetti ai lavori del digitale: il tempo è la risorsa scarsa, e si valorizza grazie ai dati
Agli showcase dei clienti di Hitachi è seguita una tavola rotonda con i leader di alcune imprese vendor ICT che stanno affrontando la digital transformation su due fronti: interno ed esterno. «Abbiamo una doppia responsabilità nel comprendere e declinare le potenzialità offerte dal digitale», ha detto Agostino Santoni, CEO di Cisco in Italia. «In azienda stiamo rivoluzionando il modello organizzativo per essere più veloci. Dematerializzazione ed Everything as a service risolvono il problema del Capex, ma il tempo rimane ancora una risorsa scarsa: è sulla sua ottimizzazione che stiamo lavorando. Rispetto ai processi approvativi, per esempio, ma anche in ambito Sales e Presales: i nostri commerciali dispongono di un sistema di connected intelligence con cui ricevono in tempo reale report strutturati sul singolo cliente, che evidenziano i precedenti contatti e accordi, ma anche quanto tempo ha passato sul nostro sito Internet, e quali sezioni e topic ha visitato».
D’altra parte il tempo, insieme al relationship management, è il nuovo asset delle imprese per Roberto Siagri, fondatore e CEO di Eurotech. «Grazie ai dati che lo descrivono, il tempo non è più solo qualcosa da comprimere, è una risorsa da suddividere e distribuire, individuando i flussi a maggior valore e facendoli pagare di più proprio come degli asset. Fino a poco tempo fa non consideravamo l’informazione come quantità, ma come flusso. Oggi invece il dato è un ingrediente fondamentale dell’impresa, come capitale e lavoro».
Ma non di soli asset immateriali vive un’azienda, dice Benjamin Jolivet, numero uno di Citrix in Italia. «Virtualizzare ogni asset è una sfida di per sé, ma non basta pensare anche a nuovi contratti e forme gerarchiche se i silos tra le varie funzioni aziendali resistono ancora. Parlo di cultura, ma anche di strutture fisiche. Viste le opportunità del digitale, va riformulato anche il concetto di spazio lavorativo: non si possono più avere uffici vecchio stampo se si vogliono valorizzare queste risorse».
Ed ecco un nuovo compito a cui sono chiamati i CIO, di concerto con i Chief Financial Officer, almeno secondo Fabio Spoletini, Country Manager di Oracle Italia. «Se da una parte è il business a chiedere un cambio di passo, dall’altra il responsabile dei sistemi informativi deve creare efficienza, rompere i silos all’interno dell’azienda e creare nuovi quadranti organizzativi attraverso gli analytics. Tenendo sempre presente che oggi la spesa in IT viene valutata in base al ritorno sugli investimenti».