“Il cloud è un’opportunità per le aziende che stanno continuando il loro percorso di trasformazione digitale, perché rende più facile, più agile e più veloce il lavoro”. A esprimersi in questo modo è Davide Marini, country manager di NetApp, che abbiamo incontrato per approfondire con lui alcuni aspetti legati allo stato attuale del cloud e alle sue evoluzioni future. Ma non solo. Ecco cosa ci ha detto
Who's Who
Davide Marini
Country manager di NetApp
Qual è lo stato attuale del cloud in Italia?
Con tutti i problemi che ha creato, la pandemia ha dato una scossa al modo di lavorare delle aziende, rendendo indispensabile trovare vie più agili, più rapide per poter crescere e lanciare nuove attività e applicazioni. Il cloud ha tratto beneficio di questa situazione. I dati che arrivano dall’Osservatorio della Cloud Transformation del Politecnico, di cui noi siamo parte attiva ormai da diversi anni, ci confermano che in Italia il mercato del cloud è in continua crescita. Le previsioni di chiusura per il 2021 indicavano un aumento del mercato di circa il 16% con un valore attorno ai 3,8 miliardi di euro. La componente hybrid, che pesa circa il 60% del totale, cresce ancor più velocemente a un tasso intorno al 19%. Le aziende stanno finalmente capendo il valore degli investimenti in ambito cloud. E noi abbiamo la missione di semplificare e di rendere più sicuro l’utilizzo di tecnologie cloud.
Le aziende hanno realmente coscienza di cosa vuol dire andare sul cloud o è una decisione mediata da una moda o da quanto stanno facendo altre aziende?
Le aziende hanno la consapevolezza che andare nel cloud non significhi assolutamente risparmiare denaro, sono coscienti che richieda maggiori investimenti. Ma sanno anche che se oggi si vuole essere più veloci nel riorganizzare le proprie necessità, nel cogliere delle opportunità risultando più indipendenti da fattori esterni, essere più flessibili nell’attivazione di nuovi servizi ai clienti, il cloud è la strada da percorrere. Inteso però come hybrid multicloud. Infatti, salvo rarissimi casi, non esistono aziende che implementano una strategia tutta in cloud. La formula vincente è l’hybrid multicloud, perché permette di andare un po’ più convinti nella direzione dell’investimento. Inoltre questo approccio consente di essere più indipendenti da potenziali restrizioni all’interno della supply chain.
Se consideriamo il totale della spesa nell’ambito tecnologico da parte delle aziende, il 54% è ancora sull’on premise ma ben il 44% è nel cloud. Quindi siamo pronti per il sorpasso e finalmente ci siamo arrivati. Finalmente, perché comunque l’evoluzione deve procedere. E i dati ci confermano che l’Italia sta muovendosi nella direzione giusta. Dico l’Italia perché spesso capita di confrontarmi con colleghi ricoprono il mio stesso ruolo in altri paesi d’Europa e devo dire che l’Italia ha avuto un’accelerazione notevole rispetto ad altre nazioni. Prima eravamo fanalino di coda su questi aspetti, adesso siamo un paese che comunque inizia ad attirare molta curiosità, a essere preso di esempio in alcuni ambiti.
Il cloud è un’occasione da cogliere per le aziende di tutte le dimensioni o è più adatto a determinate tipologie di aziende?
Il cloud è un’opportunità per tutte le aziende. Le piccole realtà e le tante imprese che stanno evolvendo nel segmento delle medio-piccole avranno più agilità nel poter provare e testare, nel prendersi anche qualche rischio in più. Le grandi aziende dovranno mediare con tutti gli investimenti fatti, quindi sarà un percorso un po’ più lungo. Però, indiscutibilmente, il cloud è un’opportunità che vediamo stanno tentando di cogliere tante aziende.
In particolare, l’hybrid cloud è la soluzione che le imprese trovano più flessibile. Sono pochissime le aziende che possono pensare di andare completamente in cloud o stare completamente un premise. L’hybrid cloud, meglio ancora multicloud, rappresenta la giusta combinazione, che può continuare a evolvere con le esigenze dell’azienda, perché permette di riportarsi in house dei workload nel momento in cui cambiano le esigenze e i workload non sono più adatti da tenere nel cloud o viceversa, portare in cloud workload che precedentemente avevo in casa. L’importante è poterlo fare in maniera agile in base alla propria strategia, alle proprie priorità, alle proprie esigenze. Questo è l’elemento di valore su cui puntiamo.
Si è parlato di trasformazione digitale. Siamo pronti? Come aziende e come Paese riusciremo a sfruttare le opportunità offerte dal PNRR?
Il PNRR non è un’opportunità semplice da sfruttare, perché tutto avviene con molto denaro da dover gestire in breve tempo e con grandi pressioni che arrivano dall’esterno. Però penso che oggi a livello di Paese abbiamo la squadra più giusta per andare in questa direzione e sfruttare questa opportunità. Siamo a un livello di preparazione molto più elevato rispetto al pre-pandemia. Tutto quello che è accaduto ci ha fatto maturare moltissimo da un punto di vista umano, ma ha anche imposto ai manager aziendali di stabilire precise priorità, quindi direi che siamo nella miglior condizione possibile per avviare un progetto di questo genere. Non è un progetto banale e l’hybrid multicloud è sicuramente un’opportunità più semplice da raccogliere per le aziende private, mentre il piano di digitalizzazione del Paese, che coinvolge le aziende pubbliche, vede sfide più impegnative. Però gli attori in gioco e le persone di Governo hanno sicuramente forti competenze per poterlo implementare al meglio. Sono ottimista e sono confidente che con i giusti player si possano sfruttare le opportunità e fare un balzo in avanti da un punto di vista di competitività a livello di Paese.
Oltre alla digitalizzazione un altro tema molto importante che considera il PNRR è la sostenibilità. Cosa si sta cercando di fare nell’IT e che i risultati ci sono?
È un ambito molto, molto impegnativo. La Storage Networking Industry Association ha rilevato che nel 2020 il 5% del totale consumo energetico mondiale è stato generato da apparecchiature elettroniche e ha previsto una continua crescita fino ad arrivare a pesare il 40% intorno al 2030.
È un evidente problema che richiede una grande responsabilizzazione di vendor e di aziende nel ridurre il consumo energetico o per lo meno nello sfruttare il più possibile le energie rinnovabili. NetApp è impegnata nel supportare i clienti e i service provider, implementando tecnologie che richiedono minore energia per l’alimentazione e un minore raffreddamento, come la flash e la compressione o la deduplica dei dati.
Tuttavia, un ruolo importante ce l’hanno i grandi data center dei service provider e del cloud. Una ricerca promossa da IDC ha evidenziato che entro il 2030, se si mantiene il trend attuale, è probabile che supereremo 1 Yottabyte di dati creati in un solo anno (ricordo che uno Yottabyte è circa un trilione di terabyte). La ricerca mostra però che almeno il 68% di questa enorme quantità di dati non viene mai utilizzato una volta creati tali dati, e le emissioni di CO2 causate dall’energia usata per immagazzinare questi dati oggi sono maggiore di quella dell’intera industria aerea, considerata ovviamente nel periodo pre-pandemia. Da ciò discende che i data center saranno sempre più sotto esame. Infatti, le stime mostrano che attualmente consumano più del 2% dell’energia mondiale e, se non faremo cambiamenti importanti, tale consumo potrebbe salire fino all’8% o più entro il 2030.
In questo senso, le aziende dovranno ricorrere a sistemi di raffreddamento sempre più evoluti che prevedano un utilizzo di energie alternative, pulite e rinnovabili.
È sicuramente un obiettivo impegnativo e che non si raggiunge in poco tempo, però la sensibilizzazione c’è. Il mercato e i governi stanno sensibilizzando in maniera corretta. Oggi il green è un parametro che molti clienti valutano prima di scegliere una nuova tecnologia o un data center di un service provider a cui fare affidamento. Quindi diciamo che la sensibilità c’è, perciò stiamo lavorando nella direzione giusta.