Una delle attrattive principali del Cloud per le aziende è nel modello dei costi: il modello as-a-service, infatti, permette di trasformare costi fissi in variabili, limitando l’esborso iniziale dell’investimento e rendendo la spesa flessibile in funzione dei reali consumi. Così, in passato molte organizzazioni sceglievano la “nuvola” perché ritenevano che fosse la strategia ideale per limitare i costi, un’interpretazione limitata e a volte errata: i vantaggi del cloud sono veramente tanti, ma quello del minor costo non è tra questi.
Ne abbiamo parlato con Cesare Bollini, Chief Revenue Officer di BlueIT, provider storicamente legato a grandi System Integrator, ma che ora si muove in autonomia sul mercato con l’obiettivo di affiancare le piccole e medie imprese e le pocket multinational (le cosiddette multinazionali tascabili) nella gestione di ambienti complessi.
Who's Who
Cesare Bollini
Chief Revenue Officer di BlueIT
Qual è il ruolo del managed services provider oggi?
Il cloud ha portato a modelli di servizio totalmente diversi da un tradizionale outsourcing fatto in casa on-premise. Soprattutto c’è una necessità di differenziarsi in termini di capacità di gestire i vari cloud, quindi il multicloud. Ma non basta: tutto questo bisogna saperlo fare in maniera intelligente, efficiente ed automatica. E da qui nasce il Cognitive Managed Service, ovvero una gestione fatta con tool di automatismi che velocizzano le decisioni che in precedenza venivano prese, invece, da persone specializzate per rendere i processi di gestione sempre più efficienti, efficaci e rapidi. Con anche, ovviamente una certa attenzione all’efficientamento dei costi.
In qualche modo si torna a parlare di costi. Ma allora cosa cercano le aziende migrando al cloud?
Un punto di partenza spesso è la sicurezza. La security sta trainando e trascinando molta della domanda, perché oggi più che mai sono indispensabili la velocità e l’automazione nel prendere decisioni di fronte a eventi relativi alla sicurezza. Da un lato c’è quindi la Cyber Security, mentre dall’altro troviamo la capacità e la possibilità di portare sul cloud tutte le applicazioni, pur considerando tutti gli aspetti di gestione dei dati e privacy che si devono affrontare. Però direi che le applicazioni e la security sono i punti di partenza per la migrazione al cloud. Questi due filoni, poi, alla fine convergono. Stiamo notando che la parte security sta trascinando un po’ tutto il fenomeno della migrazione dei sistemi.
Entrando più nel dettaglio, verso questo tipo di servizi sono le richieste maggiori? In che direzione si sta andando?
Quasi tutti i nostri clienti si trovano in una situazione di cloud journey iniziato o anche a metà percorso, nel senso che hanno già migrato alcune applicazioni, ma altre non riescono proprio a trasferirle. Questo comporta che al momento i servizi che ci vengono chiesti maggiormente siano quelli del cloud management, che sono poi il nostro core business. Il cloud è complesso e noi ci poniamo come advisor nel cloud journey. I clienti hanno degli obiettivi, ma non sanno esattamente che strada intraprendere per raggiungerli e, quindi, il compito dell’advisor è di suggerire cosa fare o non fare sulla base delle sue esperienze, suggerendo come intraprendere un cloud journey in maniera strutturata, in modo da arrivare ai risultati attesi.
Un tema importante è che in una situazione di hybrid cloud, che è la più frequente nelle aziende, c’è la necessità di una gestione complessiva dell’infrastruttura, sia che si trovi on-premise, sia in cloud. Serve un hybrid cloud management, bisogna gestire l’eterogeneità degli ambienti tenendo sotto controllo i livelli di servizio, la sicurezza e i costi. Le aziende hanno iniziato a capire che con il cloud possono fare importanti economie di scala acquistando funzionalità anziché tecnologie, ma rimane il problema della gestione del servizio nel suo insieme, di come organizzarsi in termini di capacità di gestire i costi e le infrastrutture distribuite in sicurezza. Spesso questo aspetto viene demandato a un provider come BlueIT.
Voi avete un trascorso legato a IBM, quindi conoscete molto bene gli AS400, ancora molto diffusi in Italia. Cosa consigliereste a chi vorrebbe portarne le applicazioni sul cloud?
Quella alla base degli AS400, oggi chiamati Power, è una tecnologia fantastica perché ha permesso di creare sistemi che hanno un livello di servizio altissimo: per certi versi sono state le prime database machine. E le applicazioni sono “immortali”, funzionano da 20 o anche 30 anni, e ancora oggi continuano a essere il core business di parecchie aziende medio piccole.
Questo è uno dei nostri filoni: abbiamo sviluppato un’area di managed services, specifica per AS400, dove le macchine anziché essere in casa dei clienti sono in un private cloud. Sostanzialmente è una gestione intelligente dei mondi dell’AS400 che facciamo per svariate aziende e che continua a dare soddisfazione. E penso che continuerà ancora per molto tempo. Infatti, con l’AS400 c’è un problema di migrazione: portare un’applicazione in un’altra infrastruttura, su un’altra architettura, è molto più costoso che non continuare a tenere vive queste applicazioni su infrastrutture specifiche, on-premise ma, appunto, gestite in una modalità private cloud.
In conclusione, quali sono i reali vantaggi che si possono ottenere oggi dal cloud?
In sintesi, la possibilità di sfruttare nuove e sempre più efficaci funzionalità rese disponibili dal service provider, senza per questo dover affrontare costi in termini di infrastruttura. È sempre il provider che si occupa di fornire capacità di calcolo e di storage sempre più performanti, in grado di supportare ogni tipo di applicazione.
Prendiamo per esempio le attività di backup e disaster recovery: si fanno sempre più spesso sul cloud perché le infrastrutture disponibili sono talmente ricche di funzionalità che per poter avere la stessa cosa on-premise si dovrebbero affrontare investimenti molto importanti, che si sarebbe costretti a ripetere con una certa frequenza per poter usare sempre le macchine più performanti.
Oggi solo le grandi aziende hanno ancora le risorse per gestire le infrastrutture in casa. Fa eccezione il mondo Finance, quindi banche e assicurazioni, dove compliance normative in tema di gestione dei dati, di privacy e anche di controllo limitano in qualche modo l’accesso al cloud.