Il settore bancario, un tempo icona dell’IT “old style” – non scordiamoci il retaggio mainframe -, oggi in realtà è uno dei comparti più innovativi. Un’industry tradizionale per eccellenza che si è scoperto negli ultimi anni avere una forte vocazione digital. Merito sicuramente dell’aumento della pressione competitiva, che ha subìto un’accelerazione con l’ingresso nel mercato dei prestiti e dei mutui delle fintech, realtà che promuovono la disintermediazione del credito (riducendo gli oneri relativi) sfruttando le tecnologie digitali per arrivare a “parlare” la stessa lingua del cliente. Ecco spiegato il motivo per cui alcuni grandi gruppi hanno iniziato a introdurre figure come quella di Angela Gemma, Head of Digital Innovation all’interno del colosso del credito Deutsche Bank. Una funzione, la sua, creata nel 2015 in parallelo alla “virata” digital del gruppo teutonico che, con il benestare del co-CEO, Jon Cryan, ha previsto stanziamenti per circa 1 miliardo di euro a supporto della digital transformation da da qui al 2020. Ma questo è solo il culmine del cambiamento in Deutsche Bank, che già da qualche anno ha intrapreso un percorso di razionalizzazione dell’offerta tipicamente “frontale”, che fa perno sull’agenzia – in progetto ne verranno chiuse circa 200 entro la fine del 2017, soprattutto in Spagna e Polonia – per abbracciare nuove modalità di interazione più declinate sul digitale.
Motivare, fare sistema e creare contaminazione
L’apertura dei profili istituzionali su Twitter e LinkedIn, che risale al 2013, è stato solo il primo passo verso una maggior cura della comunità digitale, che oggi si esprime di modi diversi. E la scelta di Gemma, che in passato ha maturato una profonda conoscenza del mondo del customer care e CRM, dapprima in DHL e, più di recente, in Sky, appare non casuale.
«A chi mi chiede di cosa mi occupo in qualità di capo dell’innovazione digitale, io rispondo che faccio tre cose. Lavoro sulle persone, anzitutto, per motivarle a non vedere la disruption digitale come qualcosa di cui avere paura ma, anzi, come qualcosa che può contribuire a migliorare la qualità del loro lavoro. In seconda battuta, ma non di minor importanza, mi occupo di fare sistema. Questo significa mettere in
contatto persone e team con anime e competenze diverse, sia all’interno dell’azienda che fuori, dai fornitori. Infine, mi adopero quotidianamente per creare contaminazione».
Un esempio della contaminazione, promossa a livello corporate per decisione stessa del board, sono gli Agile Team. Si tratta di gruppi di persone di diversa estrazione, nazionalità, competenza e background, che collaborano in modo trasversale, per quella che è la loro area di competenza, su progetti di matrice digitale. La finalità del lavoro di squadra è evidente: si riducono gli attriti e le resistenze al cambiamento, si mettono a fattor comune le competenze, ci si confronta con i pari grado che lavorano in altri contesti culturali e politici e, in definitiva, si dà un’accelerata alle strategie di change management.
Altro fiore all’occhiello della nuova Deutsche Bank sono gli Innovation Lab, creati a partire dal 2015 a Berlino, Londra e New York per favorire il contatto tra il personale Deutsche Bank e le startup tecnologiche attive nel mondo digital. «Esistono già alcuni progetti sui quali lavorano i Lab, che vertono sulle tecnologie di riconoscimento come la scansione del volto o quella dell’iride. L’obiettivo è arrivare a svincolare il cliente da tutta la plastica, anche per le attività che ancora la richiedono come il prelievo allo sportello Bancomat», commenta la manager.
Una fabbrica di talenti (e prodotti) digitali
Si chiama Digital Factory l’ultimo segno evidente della svolta digital del colosso bancario tedesco. È stata inaugurata a Francoforte lo scorso 29 settembre con il trasloco di 400 persone (ma l’intenzione è di raddoppiarle entro il 2018) di 14 nazioni diverse, come diverse sono le loro competenze, che spaziano dallo sviluppo software agli skill commerciali. Divise in team, saranno rifocalizzate esclusivamente sull’innovazione digitale e lavoreranno a stretto contatto con gli Innovation Lab che la società ha già attivato a Berlino, Londra e nella Silicon Valley. La Digital Factory è un luogo fisico, riprogettato grazie ai preziosi consigli di alcuni professori del prestigioso Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston proprio per stimolare la creatività digitale e la reingegnerizzazione in chiave digital di molte attività, dandogli un’impronta business oriented. La “fabbrica” di progetti digitali nasce per ridurre il ciclo di vita dello sviluppo di nuovi prodotti e servizi, cosa fondamentale in un mondo in cui la competizione è decisamente accelerata rispetto al passato, anche per le banche.
La mentorship? Si fa al contrario
Poi però bisogna portare lo spirito, la passione per l’innovazione a tutto l’organigramma e qui, secondo Gemma, entra in gioco il mondo esterno. «Credo che i momenti di confronto con i miei pari grado, in occasione di fiere, conferenze e altri eventi, siano fondamentali. Un esempio? Ho preso spunto dal programma di mentorship inversa implementato in Bosch, del quale sono venuta a conoscenza nel corso di una convention, in cui i giovani talenti appena entrati in azienda sono stati affiancati ai manager più anziani per spiegargli i benefici delle tecnologie digitali, per promuovere iniziative simili anche al nostro interno».
Come vincere la resistenza culturale? L’engagement è la chiave di volta
La cosa importante, si dice convinta, è che bisogna coinvolgere costantemente le funzioni di business e prodotto «a volte non lo si fa per questioni di tempo,
ma questo, ho imparato a mie spese, è un errore madornale». Il progetto di crowdstorming, presentato prima dell’estate, ha proprio lo scopo di favorire l’engagement più ampio di tutto l’organigramma aziendale. Nato in Germania, è partito a maggio con una call for ideas incentrata sull’uso dell’intelligenza artificiale nel finance, che si è conclusa a fine giugno. A supporto del progetto è stata creata una piattaforma tecnologica, sulla quale caricare i progetti. I team con le idee migliori sono stati invitati all’Innovation Lab di Berlino, per lavorare sui propri progetti insieme agli esperti. Il confronto con i colleghi stranieri, dice Gemma, è stato parecchio efficace e diversi progetti sono stati portati avanti, trasformati in nuovi servizi. «Si tratta di un progetto che mi è stato calato dall’altro, direttamente dal board, e devo ammettere che ero piuttosto scettica al riguardo. Invece ho ricevuto tantissimi suggerimenti e proposte anche da parte di persone che svolgono mansioni tutt’altro che tecnologiche e con le quali neppure avevo avuto occasione di confrontarmi in passato. Si è trattato di suggerimenti innovativi, mossi da persone con la passione per la tecnologia che magari non hanno, in Deutsche Bank, l’occasione di far emergere il proprio lato digital».
Qualche fallimento, tanti successi
Ma la strada verso la trasformazione del business di Deutsche Bank in un business più digitale non è sempre in discesa e gli insuccessi fanno capolino di tanto in tanto. «A volte il dinamismo delle idee si è scontrato con i tempi, lunghissimi, dell’implementazione tecnologica e quelli, altrettanto lunghi, della necessaria applicazione delle policy di sicurezza. Un altro problema che spesso in passato ha minato il buon esito di questi programmi è legato al mindset, per cui in Deutsche Bank si declina tutta l’innovazione rispetto ai canvas del momento, senza abbracciare un orizzonte temporale di più ampio respiro».
A far da contraltare, però, diverse success story. «Il lavoro sull’App per il mobile banking, che ha coinvolto per la prima volta in Italia un Agile Team, è stato emozionante. Siamo passati dalla situazione precedente, in cui venivano rilasciate al massimo 3 release in un anno, oltretutto piene di problemi da sanare, a 7 release con zero necessità di fixing». E ancora, l’Agile Team che, sotto la direzione di Gemma, ha lavorato al miglioramento del percorso di firma digitale end-to-end. «Si tratta di una procedura molto complessa – conclude -, gestita con un team misto, e non sapete qual è stata la mia soddisfazione quando siamo riusciti a concedere il primo prestito in modo completamente digitale, paperless, finalizzandolo in meno di 24 ore».