Strategic technology trend

Gartner: le decisioni su infrastrutture e data center sono decisive per il digital business

La trasformazione digitale innesta innumerevoli tecnologie nelle organizzazioni, imponendo un cambio di mentalità in tutte le Linee di Business. Il problema non sono gli investimenti ma i modelli decisionali necessari a capire e a gestire la digitalizzazione, che devono tener conto tra l’altro di bimodalità, digital twin, matrici multilivello e triage

Pubblicato il 12 Gen 2018

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Digital business significa cambiamento: scontato ma quanto mai vero. Il progresso continuo è nella natura stessa della tecnologia informatica.

Internet non ha solo collegato i computer alle aziende e le aziende con il resto del mondo, ma ha messo in contatto le macchine con le persone e le persone con le aziende del mondo. Popolarissimi trend topic come la comunicazione omnicanale e la personalizzazione customer centrica non sono concepibili senza i tech topic del cloud, della virtualizzazione, dei big data, dell’Intelligenza Artificiale e di una sensoristica sempre più avanzata, legata allo sviluppo pervasivo della Internet of Things. Anche sotto il grande cappello dell’Industria 4.0 c’è una convergenza di soluzioni e applicazioni capaci di mettere a fattor comune le informazioni per generare altre informazioni utili a creare prodotti, servizi e relazioni che servono ai fatturati.

IoT e Digital Twin tra i Gartner Trend Topic del 2018

Gartner, elencando i TOP 10 Strategic Tecnology Trend del 2018, aiuta a concettualizzare alcuni nuovi modelli di pensiero utili a gestire tecnologie e cambiamenti organizzativi per rendere più funzionali ed efficienti le strategie decisionali a supporto del digital business.

GARTNER TOP 10 Strategic Technology Trend 2018

Dei dieci trend tecnologici citati da Gartner – AI Foundation, Intelligent Apps & Analytics, Intelligent Things, Cloud to the Edge, Conversational Platform, Immersive Experience, Blockchain, Event Driven Model, Continuous Adaptive Risk and Trust, Digital Twin – forse quest’ultimo è il più interessante. Perché? Concettualizzare il fatto che oggi cose, persone e aziende del mondo reale abbiano in rete un gemello digitale è senz’altro un nuovo modo di affrontare la complessità dei digital business.

Gartner tripartisce un modello rappresentativo in tre fasi: Osservazione, Ottimizzazione e Operatività. Che si tratti di veicoli, impianti industriali o prodotti di largo consumo, la tracciabilità e rintracciabilità introdotta da sensori e sistemi di codifica sempre più avanzati basati sull’identificazione univoca a radiofrequenza generano degli alter ego virtuali fatti di informazioni, processi e sistemi di analisi e di sviluppo estremamente avanzati, efficaci e funzionali perché integrati, condivisibili e comunicabili. I modelli data driven sono una diretta conseguenza degli aspetti legati all’evoluzione 4.0 del mondo produttivo e sociale. Le proiezioni di Gartner parlano di una IoT che supporterà persone e imprese, consentendo da qui a tre anni di risparmiare 1000 miliardi di dollari rispetto ai consumabili ma anche rispetto alle attività di manutenzione e di servizio. Da qui al 2020, infatti, secondo gli analisti il 95% dei dispositivi esistenti sarà integrato nella Internet of Things.

«Oggi l’ecosistema aziendale è spesso in conflitto con l’ecosistema rappresentato dai fornitori di servizi –  commenta David W. Cearley, Research Vice President Gartner Research Group -. Tra i problemi sul tavolo c’è il dibattito su chi sia il proprietario dell’indirizzo IP e dei dati. È necessario prestare molta attenzione a come vengono gestite le informazioni generate dalla digitalizzazione progressiva della nostra vita personale e aziendale. Oggi abbiamo gemelli digitali a livello di risorse organizzative aziendali, ma tra 3-5 anni l’evoluzione customer centrica di prodotti e servizi dovrà interfacciarsi con entità digitali più ampie come ad esempio i digital twin delle persone (già disponibili su social come Facebook, per intenderci), il che porterà i processi aziendali a svilupparsi secondo nuovi percorsi decisionali e piattaforme collaborative».

Il potere della connessione: leadership, partnership e tanta tecnologia

In tutto questo, non esiste digital business senza connettività. In quanto vettore del digital business, la connettività abilita quella velocità, scalabilità e agilità che serve oggi a qualsiasi impresa. Il problema è che per supportare il cambiamento portato dalla digitalizzazione del business bisogna cambiare anche le infrastrutture di riferimento e quei data center che devono corrispondere all’evoluzione 4.0 del business. Perché ciò avvenga è necessario sapere in che modo finanziare l’innovazione, capire quale scegliere e come portarla in azienda, in quanto tempo e con quali budget. Dunque, per cavalcare con successo l’onda digitale del business, servono nuovi modelli di riferimento che aiutino i manager a interpretare dati e informazioni e prendere più velocemente ed efficacemente le loro decisioni, e servono data center adeguati al digital business.

Non sono in molti, però, a riuscire a cogliere la portata del cambiamento nel suo complesso. Serve una cultura manageriale improntata su nuovi modelli decisionali capaci, ad esempio, di ragionare attraverso matrici multidimensionali e una reattività organizzativa che gestisce le emergenze con tecniche ispirate al triage del Pronto Soccorso. A raccontarlo sono due analisti di Gartner che anticipano i temi del Gartner IT Infrastructure, Operations Management & Data Center Summit 2018, che si terrà a Sidney in aprile.

«La maggior parte delle imprese ha capito che deve essere bimodale – spiega Mike Chuba, Managing Vice President Infrastructure and Operations Group dell’IT Leaders Research Area di Gartner -, supportando le priorità mission critical ma anche continuando a introdurre innovazione. Il problema è capire come farlo. La maggior parte delle criticità, infatti, non è di tipo tecnologico ma organizzativo: occorre un cambiamento culturale profondo da parte di chi gestisce Infrastrutture e Operations ma anche di chi decide quanto e quando finanziare l’innovazione. Qui è decisiva la capacità delle imprese di individuare al proprio interno le persone con mentalità più aperta, capacità ed esperienze che appartengono al 21° secolo (analitiche e IoT in primis), ma anche con una grande dose di curiosità su come le tecnologie possono creare nuove opportunità di business. Quindi si tratta di trovare le persone giuste e creare piccoli team capaci di lavorare con il business per coordinare le applicazioni più importanti per i prossimi dieci anni».

Servono nuove competenze ma anche una nuova velocità

Farsi cogliere impreparati significa farsi travolgere dallo tsunami digitale, perdendo il controllo dell’organizzazione e del business. La trasformazione digitale è legata allo sviluppo di tecnologie sempre più dirompenti (disruptive) che, attraverso sempre nuovi percorsi di integrazione e di convergenza, puntano a un’ottimizzazione di tipo olistico: infrastrutturale, organizzativa e relazionale.

«Fino a oggi la gestione dei data center era improntata a un approccio molto riflessivo – racconta Dave Russell, vice president e distinguished analyst di Gartner -, il che significa lento, metodico ed estremamente avverso al rischio. Ora ci viene detto che non abbiamo più tutto quel tempo a disposizione per agire. Non si può aspettare 18 mesi per ottenere un certo servizio o applicazione. Chi ne fa richiesta ne ha bisogno subito. È una rivoluzione anche rispetto al modo in cui la sicurezza e il rischio vengono percepiti e condivisi in azienda. È vero che ottimizzare l’IT è sinonimo di contenimento dei costi. Ma dal punto di vista strategico, ottimizzare l’IT significa aumentare l’agilità”.

La questione degli investimenti è riportata ai suoi fondamentali: dipende sempre da chi guarda cosa. Dal punto di vista del Chief Financial Officer certi budget presentati dall’IT possono sembrare spropositati. Dal punto di vista degli obiettivi del marketing o della produzione hanno tutto un altro senso. Il che conferma come ormai da tempo i main sponsor dell’innovazione siano proprio quelle LOB che stanno imparando a far fruttare il digital business. Non a caso, un’altra predizione di Gartner è che entro il 2021 il 40% dello staff IT diventerà più versatile e trasversale perché rivolto a supportare attività aziendali legate al business strategico, in netta opposizione a una figura tradizionale dagli skill puramente tecnologici.

«Un aspetto del digital business è quanto siamo capaci di gestire l’ascolto social per capire, ad esempio, cosa piace ai nostri clienti di noi e cosa no, cosa dicono di noi i nostri concorrenti, perché la nostra azienda sta perdendo o guadagnando quote di mercato – prosegue Russel -. Questo tipo di informazioni può portare a attività di marketing, ma anche guidare cambiamenti importanti, per esempio migliorare i programmi di supporto. Ciò significa realizzare in fretta nuovi sistemi capaci di elaborare le informazioni più rapidamente. Magari implementando tecnologie specifiche, come l’iperconvergenza e le tecnologie flash, che consentono di velocizzare e semplificare i processi di archiviazione, condivisione e gestione. Fondamentalmente, la scalabilità e le nuove tipologie di dati, così come il desiderio di ottenere informazioni o ottenere risultati più velocemente passano da chi si occupa di gestire data center, infrastrutture e operation che, a sua volta, deve decidere cosa tenere e cosa buttare dei sistemi in uso, a cosa dare priorità, in che modo gestire le migrazioni. Servono processi decisionali che invece di essere binari (cosa supporto e cosa no) sposano il triage: Cosa fare di nuovo? Con cosa continuare e come? Cosa abbandonare e cosa migrare?».

Ottimizzare i costi non significa smettere di spendere

Come avvertono gli analisti, bisogna abbandonare modelli decisionali ormai obsoleti. È finito il tempo in cui la gestione dei data center e delle infrastrutture di riferimento erano demandate solo ai CIO. Il commitment sugli investimenti deve coinvolgere quadri e stakeholder che devono capire bene il significato di una scelta tecnologica. In gioco ci sono i fatturati che arrivano dalla digitalizzazione del business.

«L’obiettivo non deve essere necessariamente il taglio dei costi – ribadisce Russel -. Ottimizzare i costi non significa semplicemente smettere di spendere. Se un’azienda è in difficoltà, l’eliminazione di tutte le forme di advertising potrebbe non essere il modo per aumentare le entrate. Bisogna fare un passo indietro e valutare come rendere più efficace quello che si sta facendo ora, e cosa non vale la pena di fare. Da un punto di vista tecnico, l’ottimizzazione dei costi può essere fatta implementando o espandendo l’uso di nuove tecnologie, per esempio array storage, server iperconvergenti, networking computing. Ma ci sono anche dinamiche organizzative in gioco: l’ottimizzazione dei costi può includere la decisione su come e dove verranno eseguite le attività, magari trasformando applicazioni e attività on premise in off premise».

«Ottimizzare i costi – conclude Chuba – in gran parte significa garantire che il denaro che viene speso per supportare i carichi di lavoro sia ben speso. Le aziende hanno molte domande su come negoziare il prezzo migliore e non pagare più del dovuto, ma anche su come stipulare contratti migliori, evitando di essere vincolati a formule di outsourcing sfavorevole. Rispetto al miglioramento dell’efficienza del data center aziendale, poi, la questione non è solo di costi ma riguarda la qualità del servizio. Fornire servizi di qualità superiore e SLA allineate è una bella sfida. Ci sono aziende che si spostano verso il cloud per tagliare i costi e poi scoprono bollette molto più alte del previsto. Non si tratta solo di tagliare i costi della gestione di risorse e operazioni che sono in corso da anni ma di spendere per investire in soluzioni capaci di supportare nuovi carichi di lavoro e applicazioni nel modo più ottimale, assicurandosi negoziazioni convenienti e margini di scalabilità e cambiamento che non pongano vincoli al momento del rinnovo di un contratto tra due, tre o cinque anni».

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