Digital business significa cambiamento: scontato ma quanto mai vero. Il progresso continuo è nella natura stessa della tecnologia informatica.
Internet non ha solo collegato i computer alle aziende e le aziende con il resto del mondo, ma ha messo in contatto le macchine con le persone e le persone con le aziende del mondo. Popolarissimi trend topic come la comunicazione omnicanale e la personalizzazione customer centrica non sono concepibili senza i tech topic del cloud, della virtualizzazione, dei big data, dell’Intelligenza Artificiale e di una sensoristica sempre più avanzata, legata allo sviluppo pervasivo della Internet of Things. Anche sotto il grande cappello dell’Industria 4.0 c’è una convergenza di soluzioni e applicazioni capaci di mettere a fattor comune le informazioni per generare altre informazioni utili a creare prodotti, servizi e relazioni che servono ai fatturati.
IoT e Digital Twin tra i Gartner Trend Topic del 2018
Gartner, elencando i TOP 10 Strategic Tecnology Trend del 2018, aiuta a concettualizzare alcuni nuovi modelli di pensiero utili a gestire tecnologie e cambiamenti organizzativi per rendere più funzionali ed efficienti le strategie decisionali a supporto del digital business.
Dei dieci trend tecnologici citati da Gartner – AI Foundation, Intelligent Apps & Analytics, Intelligent Things, Cloud to the Edge, Conversational Platform, Immersive Experience, Blockchain, Event Driven Model, Continuous Adaptive Risk and Trust, Digital Twin – forse quest’ultimo è il più interessante. Perché? Concettualizzare il fatto che oggi cose, persone e aziende del mondo reale abbiano in rete un gemello digitale è senz’altro un nuovo modo di affrontare la complessità dei digital business.
Gartner tripartisce un modello rappresentativo in tre fasi: Osservazione, Ottimizzazione e Operatività. Che si tratti di veicoli, impianti industriali o prodotti di largo consumo, la tracciabilità e rintracciabilità introdotta da sensori e sistemi di codifica sempre più avanzati basati sull’identificazione univoca a radiofrequenza generano degli alter ego virtuali fatti di informazioni, processi e sistemi di analisi e di sviluppo estremamente avanzati, efficaci e funzionali perché integrati, condivisibili e comunicabili. I modelli data driven sono una diretta conseguenza degli aspetti legati all’evoluzione 4.0 del mondo produttivo e sociale. Le proiezioni di Gartner parlano di una IoT che supporterà persone e imprese, consentendo da qui a tre anni di risparmiare 1000 miliardi di dollari rispetto ai consumabili ma anche rispetto alle attività di manutenzione e di servizio. Da qui al 2020, infatti, secondo gli analisti il 95% dei dispositivi esistenti sarà integrato nella Internet of Things.
«Oggi l’ecosistema aziendale è spesso in conflitto con l’ecosistema rappresentato dai fornitori di servizi – commenta David W. Cearley, Research Vice President Gartner Research Group -. Tra i problemi sul tavolo c’è il dibattito su chi sia il proprietario dell’indirizzo IP e dei dati. È necessario prestare molta attenzione a come vengono gestite le informazioni generate dalla digitalizzazione progressiva della nostra vita personale e aziendale. Oggi abbiamo gemelli digitali a livello di risorse organizzative aziendali, ma tra 3-5 anni l’evoluzione customer centrica di prodotti e servizi dovrà interfacciarsi con entità digitali più ampie come ad esempio i digital twin delle persone (già disponibili su social come Facebook, per intenderci), il che porterà i processi aziendali a svilupparsi secondo nuovi percorsi decisionali e piattaforme collaborative».
Who's Who
David W. Cearley
Research Vice President, Gartner Research Group
Il potere della connessione: leadership, partnership e tanta tecnologia
In tutto questo, non esiste digital business senza connettività. In quanto vettore del digital business, la connettività abilita quella velocità, scalabilità e agilità che serve oggi a qualsiasi impresa. Il problema è che per supportare il cambiamento portato dalla digitalizzazione del business bisogna cambiare anche le infrastrutture di riferimento e quei data center che devono corrispondere all’evoluzione 4.0 del business. Perché ciò avvenga è necessario sapere in che modo finanziare l’innovazione, capire quale scegliere e come portarla in azienda, in quanto tempo e con quali budget. Dunque, per cavalcare con successo l’onda digitale del business, servono nuovi modelli di riferimento che aiutino i manager a interpretare dati e informazioni e prendere più velocemente ed efficacemente le loro decisioni, e servono data center adeguati al digital business.
Non sono in molti, però, a riuscire a cogliere la portata del cambiamento nel suo complesso. Serve una cultura manageriale improntata su nuovi modelli decisionali capaci, ad esempio, di ragionare attraverso matrici multidimensionali e una reattività organizzativa che gestisce le emergenze con tecniche ispirate al triage del Pronto Soccorso. A raccontarlo sono due analisti di Gartner che anticipano i temi del Gartner IT Infrastructure, Operations Management & Data Center Summit 2018, che si terrà a Sidney in aprile.
«La maggior parte delle imprese ha capito che deve essere bimodale – spiega Mike Chuba, Managing Vice President Infrastructure and Operations Group dell’IT Leaders Research Area di Gartner -, supportando le priorità mission critical ma anche continuando a introdurre innovazione. Il problema è capire come farlo. La maggior parte delle criticità, infatti, non è di tipo tecnologico ma organizzativo: occorre un cambiamento culturale profondo da parte di chi gestisce Infrastrutture e Operations ma anche di chi decide quanto e quando finanziare l’innovazione. Qui è decisiva la capacità delle imprese di individuare al proprio interno le persone con mentalità più aperta, capacità ed esperienze che appartengono al 21° secolo (analitiche e IoT in primis), ma anche con una grande dose di curiosità su come le tecnologie possono creare nuove opportunità di business. Quindi si tratta di trovare le persone giuste e creare piccoli team capaci di lavorare con il business per coordinare le applicazioni più importanti per i prossimi dieci anni».
Servono nuove competenze ma anche una nuova velocità
Farsi cogliere impreparati significa farsi travolgere dallo tsunami digitale, perdendo il controllo dell’organizzazione e del business. La trasformazione digitale è legata allo sviluppo di tecnologie sempre più dirompenti (disruptive) che, attraverso sempre nuovi percorsi di integrazione e di convergenza, puntano a un’ottimizzazione di tipo olistico: infrastrutturale, organizzativa e relazionale.
«Fino a oggi la gestione dei data center era improntata a un approccio molto riflessivo – racconta Dave Russell, vice president e distinguished analyst di Gartner -, il che significa lento, metodico ed estremamente avverso al rischio. Ora ci viene detto che non abbiamo più tutto quel tempo a disposizione per agire. Non si può aspettare 18 mesi per ottenere un certo servizio o applicazione. Chi ne fa richiesta ne ha bisogno subito. È una rivoluzione anche rispetto al modo in cui la sicurezza e il rischio vengono percepiti e condivisi in azienda. È vero che ottimizzare l’IT è sinonimo di contenimento dei costi. Ma dal punto di vista strategico, ottimizzare l’IT significa aumentare l’agilità”.
Who's Who
Dave Russell
vice president e distinguished analyst, Gartner
La questione degli investimenti è riportata ai suoi fondamentali: dipende sempre da chi guarda cosa. Dal punto di vista del Chief Financial Officer certi budget presentati dall’IT possono sembrare spropositati. Dal punto di vista degli obiettivi del marketing o della produzione hanno tutto un altro senso. Il che conferma come ormai da tempo i main sponsor dell’innovazione siano proprio quelle LOB che stanno imparando a far fruttare il digital business. Non a caso, un’altra predizione di Gartner è che entro il 2021 il 40% dello staff IT diventerà più versatile e trasversale perché rivolto a supportare attività aziendali legate al business strategico, in netta opposizione a una figura tradizionale dagli skill puramente tecnologici.
«Un aspetto del digital business è quanto siamo capaci di gestire l’ascolto social per capire, ad esempio, cosa piace ai nostri clienti di noi e cosa no, cosa dicono di noi i nostri concorrenti, perché la nostra azienda sta perdendo o guadagnando quote di mercato – prosegue Russel -. Questo tipo di informazioni può portare a attività di marketing, ma anche guidare cambiamenti importanti, per esempio migliorare i programmi di supporto. Ciò significa realizzare in fretta nuovi sistemi capaci di elaborare le informazioni più rapidamente. Magari implementando tecnologie specifiche, come l’iperconvergenza e le tecnologie flash, che consentono di velocizzare e semplificare i processi di archiviazione, condivisione e gestione. Fondamentalmente, la scalabilità e le nuove tipologie di dati, così come il desiderio di ottenere informazioni o ottenere risultati più velocemente passano da chi si occupa di gestire data center, infrastrutture e operation che, a sua volta, deve decidere cosa tenere e cosa buttare dei sistemi in uso, a cosa dare priorità, in che modo gestire le migrazioni. Servono processi decisionali che invece di essere binari (cosa supporto e cosa no) sposano il triage: Cosa fare di nuovo? Con cosa continuare e come? Cosa abbandonare e cosa migrare?».
Ottimizzare i costi non significa smettere di spendere
Come avvertono gli analisti, bisogna abbandonare modelli decisionali ormai obsoleti. È finito il tempo in cui la gestione dei data center e delle infrastrutture di riferimento erano demandate solo ai CIO. Il commitment sugli investimenti deve coinvolgere quadri e stakeholder che devono capire bene il significato di una scelta tecnologica. In gioco ci sono i fatturati che arrivano dalla digitalizzazione del business.
«L’obiettivo non deve essere necessariamente il taglio dei costi – ribadisce Russel -. Ottimizzare i costi non significa semplicemente smettere di spendere. Se un’azienda è in difficoltà, l’eliminazione di tutte le forme di advertising potrebbe non essere il modo per aumentare le entrate. Bisogna fare un passo indietro e valutare come rendere più efficace quello che si sta facendo ora, e cosa non vale la pena di fare. Da un punto di vista tecnico, l’ottimizzazione dei costi può essere fatta implementando o espandendo l’uso di nuove tecnologie, per esempio array storage, server iperconvergenti, networking computing. Ma ci sono anche dinamiche organizzative in gioco: l’ottimizzazione dei costi può includere la decisione su come e dove verranno eseguite le attività, magari trasformando applicazioni e attività on premise in off premise».
«Ottimizzare i costi – conclude Chuba – in gran parte significa garantire che il denaro che viene speso per supportare i carichi di lavoro sia ben speso. Le aziende hanno molte domande su come negoziare il prezzo migliore e non pagare più del dovuto, ma anche su come stipulare contratti migliori, evitando di essere vincolati a formule di outsourcing sfavorevole. Rispetto al miglioramento dell’efficienza del data center aziendale, poi, la questione non è solo di costi ma riguarda la qualità del servizio. Fornire servizi di qualità superiore e SLA allineate è una bella sfida. Ci sono aziende che si spostano verso il cloud per tagliare i costi e poi scoprono bollette molto più alte del previsto. Non si tratta solo di tagliare i costi della gestione di risorse e operazioni che sono in corso da anni ma di spendere per investire in soluzioni capaci di supportare nuovi carichi di lavoro e applicazioni nel modo più ottimale, assicurandosi negoziazioni convenienti e margini di scalabilità e cambiamento che non pongano vincoli al momento del rinnovo di un contratto tra due, tre o cinque anni».