Com’è noto, la firma digitale è un tipo di firma elettronica in grado di garantire autenticità, non ripudio e integrità del documento, attribuendogli lo stesso valore legale di quelli tradizionali. Quando si parla di Firma Digitale Remota ci si riferisce quindi alla modalità di apposizione della firma digitale: se nella versione regolare chi firma si deve avvalere di smart card, lettori o token USB, la firma remota rende l’hardware del tutto superfluo poiché il certificato risiede in un server HSM (Hardware Security Module) del certificatore e l’utente finale ha semplicemente bisogno di un’applicazione di firma e una password OTP. I benefici dell’apposizione remota della firma sono evidenti soprattutto in ottica di comodità e rapidità del processo.
Da notare fin da subito che la firma digitale remota è un tipo di firma remota, ma non l’unico. Ci sono infatti anche le altre firme elettroniche, di livello più basso rispetto alla digitale, che possono godere del medesimo modello di apposizione, con una user experience identica. La scelta dipende dal tipo di documento che va sottoscritto – per esempio, i contratti immobiliari richiedono per forza una firma digitale per la validità e l’opponibilità a terzi – e dal rischio di contenzioso che potrebbe sorgere sulla firma stessa. Con la firma digitale, che è il livello più forte di sottoscrizione elettronica, si ha l’effetto dell’inversione dell’onere della prova; ciò significa che, in caso di contestazione, essa si considera apposta dal suo titolare, salvo prova contraria. Tutto ciò non accade con le firme elettroniche.
La Firma Digitale Remota nell’era della pandemia e dello smart working
In un periodo contraddistinto dal sempre maggiore ricorso allo smart working, ci si può domandare come abbiano reagito e stiano reagendo le aziende sul fronte dell’adozione e dell’integrazione della firma remota all’interno dei propri processi, distinguendo ovviamente tra un primo periodo di lockdown e il successivo – molto faticoso – new normal. A tal proposito, abbiamo interpellato Alessandro Casapieri, Senior Account Manager di Digital Technologies, azienda italiana che da anni affianca le imprese nell’iter di digitalizzazione dei processi: «Prima della pandemia, la firma digitale remota veniva usata soprattutto dai privati, perché in azienda si preferiva utilizzare hardware come le chiavette o integrare direttamente le firme digitali automatiche all’interno dei processi. Per motivi ovvii, il primo lockdown ha determinato una corsa forsennata alle soluzioni di firma remota anche da parte di realtà molto piccole e con esigenze sporadiche. Diciamo che in quel periodo abbiamo sì fornito una piattaforma tecnologica, ma è stata anche l’occasione per approfondire l’argomento con tante aziende che ne avevano una conoscenza sommaria».
Oggi, pur in un contesto ancora molto complesso e incerto, la situazione pare migliorata: se il lockdown ha di fatto ‘imposto’ la firma digitale, adesso le aziende ne conoscono i benefici. Quello che prima era uno strumento essenziale per la continuità del business, diventa oggi centrale per l’accelerazione e la semplificazione dei processi. A tutto questo si aggiungono i tradizionali benefici della trasformazione digitale: riduzione dei costi, più efficienza, azzeramento degli errori e automazione. Da questo punto di vista, la situazione pare simile a quella dei primi mesi del 2019, quando le imprese dovettero adeguarsi all’obbligatorietà della fattura elettronica per poi realizzarne i benefici in un secondo momento. A testimonianza di ciò, il tema di oggi è l’integrazione della firma con i sistemi aziendali: «Inevitabilmente, dopo l’estate qualche azienda ha limitato l’uso delle firme remote – spiega Casapieri -, ma la maggior parte ne ha compreso i benefici e oggi, oltre a continuare ad usarle, la domanda più comune riguarda l’integrazione della firma con i loro sistemi. In pratica, in questi mesi molte aziende hanno usato la piattaforma in modalità stand alone, e ora la vogliono sfruttare al 100% per raggiungere un inedito livello di efficienza». Per quanto concerne le integrazioni, quella con i dispositivi mobile è essenziale in virtù del loro impiego pervasivo, ma se l’obiettivo è la massimizzazione dell’efficienza, allora deve riguardare anche le piattaforme documentali. Tutto ciò, infatti, semplifica molto la gestione di workflow complessi ed evita palesi inefficienze come il fatto di dover scaricare e caricare file su piattaforme diverse per firmarli.
Durante la pandemia, le aziende hanno anche realizzato che le firme remote non sono essenziali solo nei rapporti esterni, come le vendite, i contratti con i clienti e con gli altri attori della Supply Chain, ma anche (e soprattutto) nei processi interni. Lo si deduce dal forte interesse nei confronti della firma remota da parte di tante funzioni per le quali non era una priorità. Parliamo di HR, di ufficio acquisti, di logistica, IT e molti altri, di settori e processi che non sempre venivano presi in considerazione perché l’attenzione spesso era focalizzata su altro, cioè spesso sulle vendite. Oggi, la situazione è cambiata in virtù di una maggiore consapevolezza dei benefici dello strumento: «Le aziende hanno capito quando possa essere essenziale la firma remota nei processi interni e cercano di estenderne l’impiego il più possibile. All’interno delle imprese, parliamo con tanti nuovi interlocutori che hanno capito quanto si possa guadagnare, sia in termini di tempo che di efficienza e di qualità del documento».
DigiSignBook, la piattaforma targata Digital Technologies
Per accompagnare le aziende nel percorso di adozione della firma remota, Digital Technologies ha creato DigiSignBook, una piattaforma modulare ricca di caratteristiche distintive. Tra queste, il fatto di racchiudere in sé tutte le tipologie di firme utilizzabili, da quelle elettroniche più ‘leggere’ a quelle avanzate, alle digitali e automatiche. Questo è un primo grande beneficio, poiché evita ai clienti di acquistare soluzioni diverse. «DigiSignBook è una piattaforma molto versatile – aggiunge Casapieri -, integra ogni tipo di firma e permette di gestire qualsiasi tipo di documento. Il sistema dà molta qualità: non dimentichiamo, infatti, che da quando c’è la possibilità di firmare senza essere presenti di persona, capita spesso che i documenti vengano firmati in modo parziale. Con DigiSignBook, questo non può succedere: chi carica il documento, infatti, può predisporre i punti firma per tutti gli utenti, che di conseguenza non devono neanche sfogliarlo per verificare dove intervenire; il comando è uno e il sistema appone le firme nelle aree previste. La piattaforma consente inoltre di impostare checklist, e quindi di segnalare immediatamente se mancano flag, firme o accettazioni. Per questi motivi, ritengo che DigiSignBook non sia semplicemente una soluzione allineata con le esigenze di digitalizzazione delle imprese, ma permetta di ottenere documenti qualitativamente migliori».