Prezzi bassi e contenuti premium come film e partite di calcio. E’ la strategia con cui gli operatori telefonici italiani stanno spingendo a tutta forza le proprie offerte di fibra ottica in questo periodo e ancora di più lo faranno al ritorno dalle vacanze estive (a quanto risulta dagli annunci).
L’idea è semplice. Stiamo entrando nel pieno degli investimenti nella fibra ottica (2,9 miliardi di euro nel 2015-2017 solo per Telecom Italia), quindi gli operatori cominciano a porsi pressantemente il problema di come giustificare il ritorno degli investimenti.
Per l’utenza business potrebbe bastare la semplice qualità della fibra a spingere gli abbonamenti. Le aziende soffrono già da anni per i limiti storici della banda larga italiana – l’inaffidabilità crescente dei cavi in rame, la velocità di upload bloccata a un massimo di 1 Megabit. Un problema sempre più gravoso man mano che si diffondono i servizi Cloud.
Ma come convincere la massa degli utenti, quelli per i quali la normale Adsl adesso sembra sufficiente e persino quelli che per ora si limitano a connessioni mobili? Non è una questione semplice, ma al tempo stesso è vitale per non prosciugare le capacità di investimento degli operatori e quindi l’innovazione del Paese.
Gli ultimi dati (osservatorio trimestrale Agcom pubblicato a luglio) dicono che a marzo 2015 c’erano 902,6 mila utenti banda ultra larga (fibra) in Italia, per il 90% di Telecom Italia e Fastweb. Considerata la progressione della crescita, adesso gli abbonati devono aver superato quota un milione. Erano infatti 440 mila a marzo 2014, 538,8 mila a giugno, 640,2 mila a settembre 2014, 776,8 mila a dicembre.
Come si vede, il tasso di crescita è in aumento. Non abbastanza, però: la quota di abbonati, sul totale di chi è coperto da banda ultra larga, ci vede agli ultimi posti in Europa. Un milione di utenze è infatti circa il 5 per cento delle unità abitative italiane, ma la copertura banda ultra larga è arrivata al 34 per cento (a maggio, secondo dati Ernst&Young; adesso è circa il 35 per cento, a quanto riferisce Infratel al nostro sito e dovrebbe arrivare al 50 per cento a dicembre, per poi superare il 75 per cento tra il 2016 e il 2017).
C’è quindi l’urgenza di riempire queste reti. Per sbloccare la domanda italiana, la leva dei prezzi è fondamentale. Studi internazionali ormai hanno assodato che in media un utente è disposto a spendere circa 5 euro in più al mese per la banda ultra larga, rispetto alla normale banda larga. In effetti, Fastweb e Vodafone si sono assestati su questa cifra, agli inizi (Telecom sui 10 euro). In seguito hanno eliminato del tutto il differenziale (come già da subito Wind) e Telecom l’ha ridotto a 5 euro.
La fibra in Italia costa quanto l’Adsl: almeno nel livello base, cioè 20 Megabit (Fastweb) o 30 Megabit (Vodafone); per poi pagare quei 5 euro in più solo se si vogliono i 100 Megabit (per altro spesso resi gratuiti nel primo anno). E’ lo stesso extra che Telecom chiede per passare da 30 a 50 Megabit (al momento dà i 100 Megabit solo a Milano, dato che a differenza degli altri operatori non offre questa velocità su reti in fibra ottica fino agli armadi ma solo su quella che arriva alle case).
Vodafone è ancora più aggressiva: dà la fibra ottica a partire da 20 euro al mese (30, 100 o 300 Megabit a seconda della città), se abbiamo anche una linea mobile (ricaricabile o abbonamento) con quest’operatore. Altrimenti, si pagano 9 euro in più. Con Fastweb partiamo da 30 euro al mese, ma si scende a 19 euro al mese per il primo anno. Tiscali è l’ultima arrivata e dà 50 Megabit a 39,95 euro al mese (24,95 euro al mese per il primo anno). Tim (Telecom Italia) parte da 44,90 euro per i 30 Megabit (29 euro al mese per sei mesi).
Ovviamente la strategia sui prezzi è un rimedio di breve durata, finché gli utenti non avranno una motivazione forte per passare alla fibra: gli operatori non possono permettersi di distruggere il valore delle nuove connessioni. Hanno già dichiarato la fine della guerra dei prezzi su Adsl e Mobile; quindi questa sulla fibra è solo una eccezione temporanea (d’emergenza).
Ecco perché gli ultimi giorni sono stati caratterizzati da mosse per dare contenuti (ossia un senso) alla banda ultra larga. Lo fa soprattutto Telecom Italia. Oltre a puntare sulla propria piattaforma TimVision (film, musica, sport a 5 euro al mese), che continua a potenziare, è la sola a dare l’intera offerta Sky su fibra ottica, proprio come l’avremmo via parabola. Fibra, telefono e Sky costano 64,80 euro al mese (39 euro al mese per un anno). È compreso Sky Tv, mentre i pacchetti aggiuntivi si pagano a parte, agli stessi prezzi della parabola. Nell’offerta è prevista la possibilità di convertire un eventuale abbonamento Sky satellitare già attivo. Quando scriviamo, sono in corso accordi per portare anche tutta la programmazione Mediaset sull’offerta banda larga di Telecom.
Come annunciato a fine luglio, su TimVision ci sarà anche Netflix, da ottobre, la famosa piattaforma americana di film. Non è un accordo esclusivo, ma è probabile che gli utenti TimVision avranno Netflix a condizioni particolari.
Fastweb e Vodafone invece danno in omaggio Sky Online (soluzione limitata rispetto a quella con Telecom), rispettivamente per 18 e 12 mesi. Tiscali regala i film di Infinity Tv (Mediaset) per un anno.
Una mano dal Governo
Tutto ciò non basta a dare un sostegno alla banda ultra larga italiana. Gli operatori infatti adesso chiedono anche il supporto del Governo, per bocca di Asstel e Confindustria digitale. Due cose: incentivi e semplificazioni negli investimenti; e sostegno alla domanda. Già da settembre chiedono il regolamento posa (ex “regolamento scavi”) con ultime semplificazioni per l’uso di minitrincee che abbattono i costi degli scavi e le autorizzazioni comunali.
Più lungo e complicato l’iter per il sostegno alla domanda, che nelle intenzioni del Governo passerà da tre strumenti: voucher per ridurre, con fondi pubblici, i costi degli abbonamenti in fibra, aggregazione preventiva della domanda (di utenti e aziende) e in generale il piano Crescita Digitale che potenzierà l’offerta di servizi pubblici online. I primi due strumenti però non sono stati ancora delineati dal Governo e il terzo richiederà tempo per dare effetti sul grande pubblico. Nel breve periodo, la scommessa è quindi tutta su prezzi bassi, film e poco altro. Si spera che basti.