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Ritardo e confusione per le fatture elettroniche alla PA

A poco più di due mesi dalla scadenza fissata dal decreto, ancora mancano i codici degli enti a cui le imprese devono inviare le fatture in formato digitale. Solo il 6% delle amministrazioni ha rispettato la scadenza del 6 marzo per la loro assegnazione. Ma l’Agid replica: la Pubblica Amministrazione è pronta. La via del digitale è ormai tracciata e deve essere percorsa

Pubblicato il 02 Apr 2014

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L’avvicinarsi del 6 giugno – data in cui scatterà l’obbligo della fatturazione elettronica verso le amministrazioni centrali – è inesorabile, e la PA rischia di arrivarci in ritardo. Infatti per poter smistare le fatture del Sistema di Interscambio (SDI) servono dei codici univoci degli enti che ancora sono stati inseriti in minima parte nella banca dati IPA (Indice delle Pubbliche Amministrazioni).

Per il decreto 55/2013, infatti, il 6 marzo era il termine entro cui le amministrazioni dovevano individuare al loro interno gli uffici a cui indirizzare, a partire dal 6 giugno, le fatture elettroniche, per darne poi evidenza al registro Ipa per la generazione di altrettanti codici univoci, che poi sarebbero stati comunicati ai fornitori dalle stesse amministrazioni. Il codice è di fatto un identificativo dell’Ufficio destinatario di fatturazione che i fornitori della PA devono inserire nel tracciato della fattura elettronica stessa: infatti attraverso una stringa alfanumerica permette allo SDI di indirizzare il documento verso i corretti owner, e definisce anche la modalità di invio della fattura (ad esempio via Pec o canali automatici).

Secondo i dati dell’Ipa però alla scadenza fissata poche amministrazioni si sono messe in regola, indicando poco più di mille uffici in totale. A questo punto è intervenuta l’Agid, l’Agenzia per l’Italia digitale, che ha inserito nella banca dati 18.712 uffici fittizi denominati Uff_eFatturaPA – sostituendosi così alle strutture inadempienti –, a cui sono quindi stati associati dei codici univoci. Questo escamotage è stato deciso per rimediare al ritardo ed evitare che le imprese non riescano a inviare le fatture per inadempienza delle amministrazioni. Quindi il 6 giugno i fornitori un codice IPA lo avranno. Specifico (speriamo la magior parte) oppure generalista (oggi numeroso, ma in via di riduzione).

Di tutt’altro avviso è l’Agid che al Corriere delle Comunicazioni spiega che la PA è assolutamente pronta per partire il 6 giugno: le Agenzie Fiscali e gli Enti Previdenziali hanno già completato il caricamento degli uffici, nei tempi stabiliti dal decreto e stanno procedendo alla comunicazione dei codici destinatari di fattura elettronica ai propri fornitori, “mentre per quanto riguarda i ministeri la situazione è più variegata e collegata alla complessità organizzativa di ogni amministrazione”. Ad oggi sono stati caricati quasi 10.000 uffici di fatturazione elettronica appartenenti alla pubblica amministrazione centrale che saranno operativi a partire dal 6 giugno 2014. “Se si tiene conto che l’Arma dei Carabinieri sta provvedendo al caricamento dei suoi 5000 uffici possiamo concludere che le amministrazioni hanno dato attuazione ai propri compiti”, chiarisce l’Agenzia per l’Italia Digitale.

Il punto in realtà nodale è che la via del digitale è ormai tracciata e deve essere percorsa da tutte le istituzioni e le imprese. Per conservare documenti fiscali, il “cartaceo” e il “digitale” sono formati normativamente equiparati. Per la norma italiana, su entrambi i formati è necessario garantire autenticità e integrità. Caratteristiche “nativamente gestibili” nel contesto digitale e particolarmente complesse e costose nel mondo cartaceo. Di conseguenza, la carta – almeno per alcuni documenti fiscalmente rilevanti – è praticamente morta.

In questo scenario, la fatturazione elettronica obbligatoria verso la PA rappresenta un modo che aiuta ancora di più a “pensare in digitale”. Uno spartiacque che segna una separazione netta fra quanto c’era prima e quanto ci sarà dopo. Per definizione, un processo di cambiamento così forte porta sempre con sé complessità più o meno evidenti o latenti e le questioni tecniche di cui si discute in queste settimane sono un esempio lampante.

«Conseguire questo risultato – sottolinea Alessandro Perego, responsabile dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione del Politecnico di Milano – è interesse di tutti, per il bene del Paese. E occorre tenacia perché cambiare è sempre difficile. Chi rappresenta la situazione molto peggio di quanto non sia sta contribuendo a frenare il percorso fornendo ulteriori scuse a chi si oppone al cambiamento».

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