Nell’Europa dilaniata dalla disoccupazione c’è un settore dove la distanza fra numero di laureati e offerta di lavoro è molto ampio. È l’Information Technology, dove ci sono quattrocentomila posti vacanti, una cifra che è destinata a raddoppiare nel 2015.
I dati arrivano dal rapporto “Crescita, competitività e lavoro”, presentato dal presidente della Commissione europea José Manuel Barroso al summit dei capi di Stato e di Governo dei 27. Con una sfilza di grafici e tabelle, Barroso fotografa i tanti ritardi europei e italiano.
Per esempio con l’1% di spesa in R&D sul Pil l’Italia è lontana dalla media europea del 2% e anche dal target da raggiungere entro il 2020 dell’1,5%. Siamo invece ai primi posti per il costo dell’elettricità e fra i Paesi che hanno perso quote di mercato nell’export.
Ma fra i dati presentati da Barroso spicca quello relativo all’Ict che riguarda il Vecchio Continente. Secondo queste cifre le università europee sfornano ogni anno circa centomila laureati a fronte di una carenza nel 2012 di quattrocentomila posti che diventeranno ottocentomila nel 2015.
Un problema non limitato alle professioni più innovative. In Germania le associazioni di categoria lamentano da anni la carenza di ingegneri, mentre poche settimane fa l’Ocse ha sottolineato l’assoluto bisogno del Paese di attrarre immigrati nelle professioni tecniche e artigianali.
Barroso però non si è limitato all’analisi impietosa della situazione. Nei giorni precedenti alla presentazione del Rapporto ha esortato le imprese europee del digitale, amministrazioni pubbliche e i settori della formazione e dell’istruzione a unirsi in una grande coalizione per l’occupazione nel settore digitale, per contribuire a occupare i posti vacanti nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Ict) previsti in Europa entro il 2015.
L’annuncio si basa anche sul lavoro già svolto dalla vicepresidente Kroes in occasione del Forum economico mondiale di Davos, dove sono state raccolte promesse iniziali riguardo a impegni concreti di offerta di nuovi posti di lavoro, tirocini, formazione, finanziamenti di start-up, corsi universitari gratuiti online e altro ancora, che si affiancano agli ulteriori impegni da parte di imprese tecnologiche, governi, educatori, parti sociali, fornitori di servizi per l’occupazione e organizzazioni della società civile.
Le promesse iniziali sono state poi convalidate da 15 aziende e organizzazioni che hanno sottoscritto la ‘Grande coalizione’. Tra i primi impegni già concretizzati, l’Academy Cube, una nuova piattaforma di apprendimento online per i giovani, e un modulo di formazione di nuova concezione per installatori di reti energetiche intelligenti.
La Commissione sta inoltre avviando ‘Startup Europe’, una piattaforma unica che riunisce strumenti e programmi di sostegno per cittadini desiderosi di creare e far crescere nuove start-up digitali in Europa.
Già il pacchetto per l’occupazione adottato dalla Commissione nell’aprile 2012 sottolineava la carenza di professionisti Ict, in contrasto con gli alti livelli di disoccupazione presenti in altri settori. Nel 2011 in Europa gli occupati nel settore delle Ict erano 6,7 milioni, il 3,1% del totale. Dal 2000 al 2010, questa forza lavoro è cresciuta a un ritmo annuo medio del 4,3%.
Un nuovissimo studio (Empirica, marzo 2013), le cui cifre non sono state ancora pubblicate, indica che entro il 2015 si potrebbero creare in Europa fino a 864.000 posti di lavoro nel settore digitale, ma il calo dei laureati in discipline attinenti alle Ict e il pensionamento di una fascia di lavoratori occupati in questo settore rischiano di mettere a repentaglio le potenzialità di crescita dell’occupazione.