L’e-commerce cerca di fare lobby a livello europeo.
Le associazioni che raggruppano le imprese del commercio
elettronico di Italia, Belgio, Danimarca, Finlandia,
Norvegia, Svezia e Francia hanno infatti costituito
un’associazione che ha come primo obiettivo la diminuzione
dei prezzi delle spedizioni fra i vari Paesi, grazie ad
accordi con i corrieri.
Replicando l’esperienza italiana, l’associazione
intende anche creare sigilli di qualità europei per i siti, in
modo da fornire garanzie di affidabilità per i consumatori che
si rivolgono a siti stranieri. Altro obiettivo è agevolare i
sistemi di pagamento per le aziende che vogliono vendere a utenti
esteri. La creazione dell’associazione asseconda la
tendenza delle aziende italiane che iniziano a operare in una
logica consortile per sviluppare le vendite online. Gli
esempi iniziano a farsi frequenti.
Da settembre le aziende associate all'Anci (Associazione
nazionale calzaturifici italiani) possono vendere tramite il sito
Iloveitalianshoes.eu. Il Consorzio alimentare per la Valtellina
sta utilizzando la piattaforma Btx per consentire agli associati
di vendere in tutto il mondo i prodotti tipici. Profumeria.it
raccoglie invece i negozi di profumi. Le alleanze hanno compito
di spuntare prezzi migliori nell’ambito della logistica,
uno dei fronti caldi dell’e-commerce, e organizzare un
unico punto di accesso per gli acquisti dei consumatori.
Iniziative che fanno ben sperare Roberto Liscia, presidente di
Netcomm il consorzio per il commercio elettronico che
arriva a stimare una crescita del 20-30% delle aziende italiane
attive con le vendite online. Un aumento che
contribuisce solo in parte a riempire quel vuoto di offerta che
è uno dei punti deboli, se non il più debole, del commercio
elettronico tricolore.
La collaborazione fra le associazioni europee è già stata
avviata in maggio con le dieci firme a un documento che
protestava contro la direttiva Consumer Rights che dovrebbe
stabilire una serie di regole e di vincoli per gli operatori del
commercio elettronico. L’appello affermava che la direttiva
danneggia i diritti degli operatori, in particolare di quelli
più piccoli.
di Luigi Ferro