«Le aziende italiane devono ancora prendere consapevolezza dell’impatto che avrà il digitale sul loro business. Fra 5 anni sarà tutto diverso, una strategia che le porti a cambiare pelle è urgente». Così sintetizza il ritardo italiano nel digitale Fabio Spoletini, da giugno alla guida della filiale italiana di Oracle (Country Leader e VP Technology), affiancato nel compito da Emanuele Ratti, a capo della divisione Systems, e da Giovanni Ravasio, responsabile delle Applications.
Una squadra nuova, dunque, la più giovane d’Europa, che ha l’arduo obiettivo di spingere nel mercato italiano l’innovazione digitale e permettere così alle aziende di affrontare con successo l’onda della Disruption, nonostante i vincoli di budget che frenano gli investimenti.
«Tutti noi avvertiamo il cambiamento e l’impatto di questa rivoluzione nelle aziende è dirompente: i modelli di business tradizionali sono a rischio», sottolinea Spoletini. Serve, dunque, un cambio di passo, prendendo esempio dalle esperienze innovative che già ci sono anche nel nostro Paese. Importanti casi di successo saranno illustrati in un evento in programma a Milano il 21 ottobre.
L’era del cloud: tutte le applicazioni in saas
«L’attenzione di Oracle oggi è sui processi aziendali, attraverso le tecnologie social, il Mobile e il cloud, e sui data center, che sono l’elemento abilitante», ha detto Spoletini. «Il cloud saas abbatte la complessità, è vicino al business e parla la sua lingua, è veloce, flessibile, modulabile ed efficiente. E il Data Center deve essere performante, sempre disponibile, sicuro, in grado di gestire i big data e i nuovi workload, che spesso non sono prevedibili. La chiave del successo è convertire i dati in valore».
Sul primo fronte, quello del Cloud, anche in Italia sono stati fatti importanti passi avanti, con una «duplicazione delle revenue e del numero di clienti nell’ultimo anno, senza una polarizzazione su una specifica area – ha sottolineato Ravasio -. Oggi Oracle ha un’offerta completa per le PMI italiane, con gli stessi prodotti disponibili on premise: nessuno lo può dire in questo momento».
Il Data Center è “software defined”
Guardando invece al Data Center, ovvero a sistemi e storage, l’innovazione è nel segno del “software defined”, in grado di portare semplicità in ambienti complessi. Le nuove architetture si basano su hardware e software ingegnerizzati per lavorare insieme, con l’obiettivo da un lato di contenere i costi e dall’altro di supportare il nuovi workload, che «vanno a sollecitare risorse diverse nei Data center rispetto al passato», come ha spiegato Ratti, che ha aggiunto: «se non si interviene i costi sono destinati ad aumentare. La virtualizzazione non è più sufficiente».
Secondo Oracle, se nel recente passato i clienti guardavano alle tecnologie in modo superficiale, facendo attenzione prevalentemente ai costi, oggi è differenziante il best of breed. Per questo, la società propone ai clienti una scelta di portafoglio molto articolata, cui aggiunge la capacità di integrare i diversi stack.
Il passo indietro di Larry Ellison
È evidentemente un periodo di rinnovamento per il management del colosso dell’IT, che ha appena annunciato un altro trimestre di crescita (+3% il fatturato del Q1, pari a 8,6 miliardi di dollari). Dalla California, infatti, è appena arrivato l’annuncio che il settantenne fondatore dell’azienda Larry Ellison, lascia la poltrona di CEO, tenendo per se stesso “solo” il ruolo di capo delle tecnologie (CTO) e presidente, e affidando la leadership a due veterani di Oracle, Safra Catz e Mark Hurd. Una mossa analoga a quella che fece a suo tempo Bill Gates con Microsoft, ma che non significa che non vedremo più l’eccentrico e geniale Allison al centro della scena, come è sempre avvenuto finora.