IBM ha presentato anche in Italia l’acquisizione di SoftLayer, fornitore di servizi di IaaS (infrastructure-as-a-service), entrato da qualche mese nella divisione IBM SmartCloud. «SoftLayer è un componente fondamentale per l’offerta IaaS di IBM: ha oltre 21.000 clienti, di cui 130 in Italia: una base davvero importante da cui partire», spiega Enrico Cereda, Vice President Global Technology Services di IBM Italia.
La tecnologia è da due anni la prima priorità dei CEO nelle strategie di crescita nelle aziende, continua Cereda, e il Cloud Computing in particolare sta cambiando interi settori, perché abilita innovative applicazioni social, mobile e analytics. «In Italia può essere una leva competitiva fondamentale per le PMI: questi servizi sono alla loro portata, pur essendo di livello qualitativo enterprise».
La piattaforma SmartCloud di IBM comprende tecnologie per la trasformazione dei data center, servizi IaaS e PaaS (Platform as a Service) basati su architetture X86 e Power, servizi di gestione, e applicazioni SaaS (Software as a Service) di sicurezza e verticali, tra cui Smarter Commerce, Smarter Cities, Social Business, Business Analytics & Optimization. «Offriamo una gamma end-to-end per il cloud, dal progetto all’infrastruttura, alla soluzione completa, alla gestione – spiega Alessandra Brasca, Cloud Leader di IBM per l’Italia -: siamo gli unici sul mercato a poterlo fare, gli altri devono ricorrere ad alleanze».
Dopo la prima fase del Cloud Computing, continua Brasca, ora si sta affermando un modello che bilancia ottimizzazione dell’esistente e innovazione, definibile come “Dynamic Hybrid Data Center”: «E’ un modello che presuppone un percorso, dall’ottimizzazione dell’infrastruttura all’IT-as-a-service o, in termini più tecnologici, dalla virtualizzazione al cloud service delivery, al cloud service management, alla cloud workload orchestration, fino ai servizi hybrid cloud: il cloud non deve essere una “commodity”, cioè un insieme di servizi uguali per tutti, ma un insieme di soluzioni che, pur basate su standard di mercato, sono personalizzabili e flessibili».
Venendo più specificamente a SoftLayer, «il nostro obiettivo è quello di erogare servizi hardware rapidamente e automaticamente su richiesta (on demand), facendoli pagare a consumo, il che corrisponde esattamente alla definizione di IaaS», sottolinea il General Manager EMEA dell’azienda, Jonathan Wisler. «Abbiamo 13 data center in tutto il mondo, 100mila server, 21mila clienti, e gestiamo 22 milioni di domini». Secondo Hostcabi, a fine novembre ai data center di SoftLayer facevano capo 350mila siti web, cioè circa il 5,3% di quelli censiti: solo GoDaddy fa meglio, con poco più di 450mila siti.
«Abbiamo un’unica architettura per public cloud, private cloud e bare metal server (server non virtuali dedicati a uno specifico cliente, ndr), con sistema di gestione unificato proprietario – sottolinea Wisler -. Abbiamo investito pesantemente nell’infrastruttura, creando una “triple network architecture” – pubblica, privata e data center-to-data center -, e tra i nostri principali differenziatori ci sono l’API (Application Programming Interface), robusta e ricca di funzionalità, e il completo controllo anche da smartphone e tablet».
Il punto di forza di SoftLayer, scrive sul suo blog Lydia Leong, research vice president Technology & Service Providers group di Gartner, è l’hosting “bare metal”, tipicamente rivolto a piccole e medie aziende con uno o due server appunto dedicati, e platform-indipendent per quanto riguarda il cloud management. «La concorrente concettualmente più vicina è Amazon Web Services, anch’essa concentrata sulla fornitura altamente automatizzata di servizi d’infrastruttura: rispetto a SoftLayer, AWS ha un portafoglio molto più ampio, ma non offre il “bare metal”».