Solo se obbligata a innovare, o sanzionata in caso di mancata introduzione, la Pubblica Amministrazione si apre all’innovazione. È la conclusione principale della ricerca 2013 dell’Osservatorio eGovernment della School of Management del Politecnico di Milano, presentata qualche giorno fa a Roma presso l’Agenzia per l’Italia Digitale.
«Dalla nostra ricerca emerge che l’utilizzo di strumenti normativi coercitivi (law enforcement) aumenta l’uniformità e rapidità di implementazione delle singole misure (compliance) – spiega Giuliano Noci, Prorettore del Politecnico di Milano e Responsabile Scientifico dell’Osservatorio eGovernment –. Un esempio è l’Amministrazione Trasparente, la cui mancata implementazione avrebbe comportato sanzioni e che risulta già realizzata o in fase di realizzazione per il 79% dei Comuni. Ancora molto lontani da questi livelli di diffusione sono altri sistemi come l’identità digitale, il domicilio digitale, e i pagamenti elettronici».
Come gestire l’innovazione nella PA: una questione di governance multivello
L’Osservatorio ha interpellato 619 Enti tra Province, Comuni e loro Gestioni Associate, scoprendo che circa il 60% degli Enti ha sviluppato progetti di innovazione nell’ultimo anno: circa l’80% sta gestendo più di un progetto in autonomia o con altri Enti, e il 2,6% ha attivi più di cinque progetti contemporaneamente. Inoltre, l’1% ha svolto un progetto in collaborazione con Enti pubblici di altri Paesi e il 5% con partner privati di caratura internazionale.
I Comuni sembrano concordare su chi dovrebbe coordinare le Politiche di eGovernment: circa il 60% di quelli sopra i 10.000 abitanti indica il governo regionale, mentre i Comuni sotto tale soglia ripartiscono il compito tra Regioni (48%), Gestioni Associate (21%) e Province (14%). Il supporto richiesto riguarda l’ambito delle infrastrutture (41%), la gestione dei progetti di innovazione, attraverso azioni formative (67%), l’accesso a personale specializzato (32%) e la consulenza (31%).
Meno del 33% dei Comuni dichiara di aver portato a termine con successo il 75% dei progetti gestiti negli ultimi 3 anni. Più della metà ne conclude con successo meno del 50% e un Comune su 4 non è riuscito a portarne a termine nessuno. Nel 35% dei casi accade inoltre che i risultati prodotti non vengano più utilizzati, soprattutto per l’insufficienza delle risorse economiche per il loro mantenimento (65%).
Who's Who
GIuliano Noci
Professore ordinario di Marketing al Politecnico di Milano
Riuso di soluzioni ICT: tra il dire e il fare…
Circa il 47% degli Enti prende sempre in considerazione soluzioni ICT implementate da altre realtà, il 24% lo fa solo in casi specifici (ad esempio, se adottata da numerosi Enti) mentre il 29% non lo considera affatto. Questa propensione dichiarata non si concretizza però nella pratica: solo il 16% degli Enti dichiara di aver preso a riuso una soluzione e solo il 2% di aver ceduto ad altri Enti un proprio progetto.
I pochi che in effetti “riusano”, tuttavia, si dichiaranno soddisfatti, evidenziando soprattutto benefici di tipo economico. Le soluzioni più idonee al riuso risultano quelle a supporto delle attività produttive (39%), mentre la maggiore criticità percepita in un processo di riuso risulta la formazione del personale all’uso delle nuove soluzioni, indicata da un Ente su due.
Gestioni Associate: metà ha la delega dell’ICT
Il processo di aggregazione è avvenuto sinora quasi solo a seguito d’un impulso normativo, quindi più come un mero adempimento amministrativo che come un’opportunità per migliorare la gestione intercomunale. Gli Enti aderenti sono nella maggior parte dei casi concentrati tra i 4 e i 10 Comuni e istituiti tra 2001 e 2004 (37%) e tra 2009 e 2012 (21%).
Più della metà degli Enti comunque segnala come la Gestione Associata abbia prodotto una riduzione dei costi; circa l’80% è soddisfatto dalla semplificazione e standardizzazione delle procedure interne, che comporta anche un aumento dell’efficienza del personale (86%). L’80% degli Enti segnala il miglioramento della trasparenza nei confronti dei propri cittadini.
Per quanto riguarda i sistemi informativi, circa metà delle gestioni associate ha ricevuto la delega dell’ICT (principalmente catasto, servizi sociali, polizia locale e protezione civile), e nella quasi totalità dei casi i servizi ICT sono migliorati. Nel 92% dei casi si sono ottenute anche riduzioni dei costi dell’ICT, soprattutto grazie alle economie di scala, e il personale dedicato ai sistemi informativi è risultato più competente rispetto alla gestione autonoma comunale (85%). Sebbene il numero di attività legato all’ICT esternalizzate sia rimasto sostanzialmente invariato, nell’83% dei casi il servizio è qualitativamente migliorato e si sono ottenuti risparmi di almeno il 10% (78%) con alcune eccellenze superiori al 50% (8%). Allo stesso modo, anche il rapporto con le imprese fornitrici è migliorato (83% dei casi) e ciò ha facilitato l’esternalizzazione di alcuni servizi (69%), lasciando però alla Gestione Associata le attività strategiche (circa due terzi dei rispondenti).
Sportelli Unici delle Attività Produttive: il 72% ha almeno un canale telematico
Dei 954 Enti che hanno partecipato all’indagine condotta all’inizio del 2014 – composti da Sportelli Unici delle Attività Produttive (SUAP) gestiti in autonomia dal Comune, in forma associata, o delegati alle Camere di Commercio – più della metà ha attivato il SUAP tra il 2011 e il 2012, e ci sono Enti che hanno registrato lo Sportello solo all’inizio del 2014; solo l’8% ha provveduto prima del 2000. Il 72% degli Sportelli ha implementato almeno un canale telematico per l’avvio dei procedimenti (+13% rispetto al 2012); le piattaforme elettroniche sono state per lo più messe a disposizione da Camere di Commercio (62%) e Regioni (29%), ma diversi comuni l’hanno sviluppata in autonomia (19%) o la usano come servizio da un fornitore esterno (15%).
C’è inoltre chi l’ha acquisita a riuso da altro Ente (5%). Per circa il 36% dei SUAP, la documentazione viene inoltrata agli uffici direttamente dalla piattaforma utilizzata dalle imprese per compilare la modulistica, per il 41% la trasmissione avviene invece tramite e-mail, mentre solo l’8% dei rispondenti utilizza sistemi innovativi come i gestori documentali o cartelle condivise.
Si evidenzia inoltre una scarsa integrazione tra i canali e la difficoltà, per quelli più innovativi, a supportare tutto il processo di interazione. Alle imprese si richiedono uno o più passaggi attraverso i canali tradizionali per completare il procedimento: solo nel 29% dei casi lo scambio di informazioni tra SUAP e imprese è totalmente telematico.
Open government: in difficoltà i piccoli Comuni su web e strumenti informatici
L’Open Government viene attuato tramite il DL 33/2013 che impone la Trasparenza agli Enti e li sanziona in caso di inadempienza, ma il percorso sembra ancora lungo. A circa un anno dall’entrata in vigore del decreto, poco meno di un Ente su due ha assolto gli obblighi di legge, con maggiori difficoltà e ritardi da parte dei Comuni con meno di 5.000 abitanti, che lamentano (73% dei rispondenti) la mancanza di competenze necessarie alla gestione della sezione trasparenza sul sito web, e l’inadeguatezza/inesistenza dello strumento informatico utilizzato per la pubblicazione (39%).
Gli strumenti a supporto della trasparenza restano quindi quelli tradizionali dell’Ente. Meno del 15% utilizza tecnologie web e ben il 64% non è presente sui Social Network, percentuale che sale all’80% nei Comuni con meno di 5.000 abitanti. In particolare l’analisi rileva che il 52% delle Regioni ha attivato una pagina Facebook e il 57% un account Twitter, mentre il 38% possiede un account per entrambi i Social Network. Per quanto riguarda i Comuni Capoluogo di Provincia, il 59% ha un profilo ufficiale su Facebook (+28% rispetto al 2013) e il 63% su Twitter (+74% in un anno). Il 42% ha entrambi i profili. Molti altri sono i temi trattati dall’Osservatorio: tra gli altri l’eProcurement e l’uso di strumenti di pagamento digitali, di cui parleremo prossimamente con appositi articoli.