Design Thinking

La responsabilità dell’innovazione: lo Speculative Design e l’immaginazione di futuri preferibili

Comprendere e applicare un approccio al progetto proiettato verso il futuro aiuta a rompere i preconcetti, adottare un approccio multidisciplinare e gestire in modo critico il progresso tecnologico. Ecco cos’è e da dove nasce lo Speculative Design, e come viene usato per fare innovazione in modo diverso e responsabile

Pubblicato il 18 Ott 2021

Claudio Dell'Era

Cristina Pham

Osservatorio Design Thinking for Business del Politecnico di Milano

Speculative Design

Ripercorrendo la storia dello Speculative Design, dalle sue origini alla sua applicazione presente, l’Osservatorio di Design Thinking for Business del Politecnico di Milano ha riflettuto sul ruolo critico che l’innovazione e il design dovrebbero avere nella progettazione di futuri preferibili.

Una cosa che spesso ci veniva ripetuta a scuola, specialmente durante le lezioni di storia o in occasione della Giornata della Memoria, era l’importanza della conoscenza degli eventi passati per comprendere il presente e prevedere il futuro.

Con questo in mente, Francesco Zurlo, il Direttore Scientifico dell’Osservatorio Design Thinking for Business, Vicepreside della Scuola del Design del Politecnico di Milano e Presidente di POLI.design, ha raccontato la storia dell’approccio al progetto più proiettato verso il futuro, lo Speculative Design, che fa leva sull’immaginazione di futuri e mondi alternativi a quello attuale. Accompagnando la comunità di design thinker radunatasi in occasione della prima Jam dell’Osservatorio DTB22, Zurlo ha illustrato il bagaglio storico che rende questo approccio così fondamentale in questo presente in crisi.

Speculative Design, gli antefatti. Dal collettivo Memphis al Critical Design

Lo Speculative Design ha origini nel Bel Paese. Nello specifico, nell’approccio italiano al progetto che inizia a consolidarsi negli Anni ’60, già caratterizzato da:

  • una natura collettiva;
  • la volontà di rompere col passato;
  • la proiezione verso il futuro;
  • la volontà di creare un dibattito.

Ma la vera nascita dell’antenato dello Speculative Design avviene negli Anni ’80, quando, leggenda narra, in una sera di dicembre, l’architetto e designer italiano Ettore Sottsass Jr. invita una serie di giovanotti aspiranti professionisti e artisti nella propria dimora, per fondare Memphis, un collettivo di design e architettura con l’obiettivo di creare una rottura, rompere gli schemi di un abitare borghese di quei tempi.

È proprio sulla valorizzazione della rottura che si fonda l’antenato del design speculativo, ovvero il Critical Design (o Design Radicale), che, secondo Ugo La Pietra (architetto, designer e artista italiano, ndr.), nasce per far “venire il mal di fegato” alla borghesia del tempo, e nasce per far scoprire ai diversi progettisti, architetti, artisti, etc., che è possibile esprimere una diversa idea del mondo attraverso canali non tradizionali. È così che gli oggetti assumono un ruolo attivo, diventando veri e propri strumenti della conoscenza, con l’obiettivo di coinvolgere le persone a interagire e ad aprire un dibattito.

L’impatto della trasformazione digitale

Con la mostra al MOMA, questo approccio alla progettazione viene mostrato su scala internazionale. Essa porta alla luce la riflessione del Critical Design sulla “anticipazione critica”, in cui è chiaro l’intento politico. Infatti, esso richiama l’allontanamento da un certo tipo di capitalismo, nega l’imposizione di convenzioni e cerca di abilitare le persone a trovare una propria strada, come si può notare dalla frase pronunciata da Carlo Giulio Argan (critico d’arte, politico e docente italiano, ndr.), in riferimento al manuale di auto-progettazione di Enzo Mari, un famoso designer, nonché esponente del Design Radicale: “Mari ha ragione, tutti devono progettare: in fondo è il modo migliore per non essere progettati”.

Purtroppo, questo movimento giunge a un suo termine nel 1989, quando il crollo del muro di Berlino pone fine all’alternativa al sistema capitalistico. In quegli anni si giunge anche a una maggiore consapevolezza dei limiti dello sviluppo e delle risorse in una società sempre più atomizzata. Inoltre, la trasformazione digitale rivoluziona il concetto stesso di possibilità, aprendo a nuovi approcci.

La nascita dello Speculative Design

È proprio a metà degli anni ’90 che Anthony Dunne e Fiona Raby riprendono dei concetti del Critical Design Italiano, declinandoli nel nuovo contesto con una rinnovata forma e nome: Speculative Design. Alla base rimane l’idea di usare questo approccio progettuale per rompere i preconcetti, gli assunti e per fare in modo che il processo tecnologico venga gestito in modo più critico, rispetto al modello imperante.

L’obiettivo quindi muta, seppur leggermente, mantenendo la tematica dell’apertura al dibattito: esso evolve dalla critica all’abitare canonico, all’immaginazione di mondi alternativi. L’idea è di adottare l’approccio speculativo per affrontare problemi mal definiti e creare spazi per la discussione e il dibattito.

I segni distintivi dello Speculative Design oggi

Lo Speculative Design ha delle caratteristiche specifiche:

  • Il potenziale esplorativo con altre discipline: la continua sperimentazione e ricerca delle novità, grazie al confronto e la collaborazione con soggetti dalle competenze molto diverse;
  • La dimensione controfattuale: l’immaginazione di una realtà diversa da quella che abbiamo vissuto, attraverso la domanda “cosa sarebbe successo se X fosse accaduto in una modalità Y?”;
  • Il “What if”: una delle tattiche e strategie che vengono utilizzate per immaginarsi dei futuri possibili;
  • La Design Fiction: l’utilizzo della scienza per rappresentare degli oggetti diegetici, ovvero oggetti che esistono solo nella fantasia ma hanno una base tecnico-scientifica che ne supporta l’esistenza immaginaria;
  • I “props”: gli oggetti di scena che hanno il ruolo di sollevare discussioni e critiche;
  • L’Ambiguità: l’aspetto retorico dello Speculative Design che spinge a guardare la realtà secondo diversi punti di vista;
  • La Satira e Ironia: anche in questo caso, sono aspetti retorici che sono propri della narrativa.

Il presente per il futuro. La responsabilità dell’approccio all’innovazione

Perché dare importanza allo Speculative Design? Perché supporta la costruzione dei futuri preferibili, basati sulla contaminazione derivata dal dibattito interdisciplinare. Questa conoscenza diffusa aiuta l’immaginazione del futuro, che, attraverso la tecnica di backcasting e l’utilizzo di strumenti narrativi, ricostruisce i passaggi da percorrere per arrivare a quel futuro preferibile e li racconta nel modo più efficace.

È proprio in questa collaborazione e dibattito che l’Osservatorio del Design Thinking for Business ha testato l’approccio dello Speculative Design. Infatti, la comunità di design thinker ha preso parte alla riflessione di diversi futuri preferibili, immaginando le interazioni con i wearable, con Marco Landoni di Edison e Mario Crippa di Epam Continuum. Con Francesco Sponzilli di Alidays e Francesco Milanesio di Reply, i partecipanti hanno immaginato il futuro dell’esperienza del viaggio e la sua interazione con la tecnologia. Con Luca di Tomassi di Vodafone e Luca Mascaro di Sketchin hanno discusso il futuro della connettività e il ruolo della Telco. Infine, con Daniele Panigati di Roche e Debora Bottà di Tangity part of NTT Data hanno discusso il futuro dell’heathcare e dei compromessi che devono essere fatti per rispettare la sfera personale della privacy.

Per concludere, perché è necessario adottare l’approccio dello Speculative Design e capirne la profondità? Perché la progettazione e l’innovazione presuppongono una responsabilità che va riconosciuta. Progettiamo per il futuro e progettiamo il futuro. L’innovazione e il design possono ricoprire un ruolo politico e, come tali, devono fungere da piattaforma abilitante alla discussione della società. L’atto progettuale e i suoi frutti hanno e devono avere l’intento di discutere la società, gli schemi, i preconcetti e gli automatismi.

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