Si chiamano “smart arena” e sono – e soprattutto saranno – gli impianti sportivi di nuova generazione, realizzati nell’era delle tecnologie digitali. Strutture sempre più funzionali e sicure sotto molteplici punti di vista, capaci di espandersi oltre i propri limiti fisici e di portare – grazie alla connettività – eventi e servizi virtualmente ovunque. Stadi, palazzetti, arene, stanno diventato luoghi di aggregazione anche virtuale, dove lo spettacolo atletico diventa solo una parte dell’offerta di entertainment. Si va oltre il concetto di smart building e, di conseguenza, club sportivi, pubbliche amministrazioni, sponsor, vendor tecnologici e studi di architettura hanno cominciato ad adeguarsi. In primis, declinando le proprie conoscenze e competenze su questo specifico scenario applicativo e, in seconda battuta, collaborando sempre più strettamente per dare vita a progetti a prova di futuro. In grado cioè di valorizzare anche sul piano fisico le attività di raccolta e di analisi dei dati relativi individui e oggetti connessi. Ne abbiamo parlato con Riccardo Cestari, Senior Associate dello studio internazionale AFL Architects, con sede a Manchester e uffici a Londra, Birmingham e Qatar, e in Italia partner della divisione Sport Innovation di P4I, la società di advisory del gruppo Digital360. AFL è per l’appunto specializzato nella progettazione di impianti sportivi, oltre che di strutture sanitarie, e sta a propria volta vivendo una profonda trasformazione sull’onda dell’affermazione delle nuove tecnologie in questo ambito.
Who's Who
Riccardo Cestari
Senior Associate dello studio internazionale AFL Architects
Come si caratterizza la smart arena, in questa rivoluzione nella relazione tra uomo e spazi circostanti?
Il concetto di smart living si espande anche agli impianti sportivi. I piani virtuale e digitale influenzano gli spazi sia da un punto di vista tecnico che di progettazione. Il cambiamento non è banale, se si considera che l’introduzione della connettività fa mutare completamente la fruibilità dello spazio e il modo in cui si interagisce con l’ambiente. Basti pensare alla possibilità, durante una partita allo stadio, di rimanere seduti e e farsi portare bibite e snack ordinati via smartphone, o di scegliere, per muoversi da un punto all’altro della struttura, percorsi alternativi per evitare code e ressa. Sono tutti aspetti che stravolgono il modo tradizionale di concepire i sistemi di accessibilità, che devono tenere conto delle esigenze degli utenti da prima ancora che mettano piede nell’arena.
Ovvero?
Il cosiddetto journey dello spettatore oggi comincia da casa. Il biglietto per un evento può essere acquistato online direttamente dal telefono, tramite la mobile app della squadra del cuore, che spiega anche come arrivare allo stadio, dove fermarsi per parcheggiare o come raggiungere negozi e punti di ristoro. Al di là di quello che rappresentano i 90 minuti di una partita di calcio, che rimane il core business di un club, le società hanno capito che bisogna variare l’offerta e non soffermarsi sugli aspetti più tradizionali dell’esperienza. Naturalmente questo tipo di engagement non si riduce solo all’evento sportivo, ma anzi si amplifica in occasione di altri tipi di spettacolo, di cui la parte digitale diventa un contorno sempre più imprescindibile, soprattutto se parliamo delle nuove generazioni, che sono “mobile tech savvy”.
Images courtesy of AFL Architects
Cosa rende un impianto sportivo in grado di garantire esperienze del genere, tenendo anche conto che questo genere di esigenze non farà che aumentare nei prossimi anni?
Sotto il profilo infrastrutturale, la chiave per rendere un progetto future-prove è l’impiantistica, specialmente per quanto riguarda la posa capillare di fibra ottica. Servizi 5G e applicazioni ad alta capacità di banda – a partire da realtà aumentata e contenuti aggiuntivi fruibili in loco, prima e dopo il main event, e da remoto per gli spettatori collegati via Web – hanno bisogno di reti ad alta capacità. Occorre poi provvedere all’installazione dell’hardware indispensabile per raccogliere i dati degli utenti, che possono essere analizzati per estrarre insight sulle interazioni tra visitatori e facilities, e quindi monetizzati o utilizzati per abilitare nuovi modelli di business.
State sviluppando rapporti ad hoc con partner tecnologici per lavorare su questo fronte?
Sì, come dimostra la partnership strategica con la divisione Sport Innovation di P4I, abbiamo sviluppato un network di collaborazioni e ricorriamo a consulenze esterne per concepire l’intera infrastruttura. In Gran Bretagna e negli Stati Uniti i partner arrivano generalmente dal mondo delle telecomunicazioni. Si tratta di player che hanno notato le potenzialità di questo mercato e che hanno deciso di muoversi di conseguenza, specializzandosi. Non solo rispetto alle soluzioni tecnologiche, ma anche in termini di proposizione di business. La possibilità di offrire ai brand profili accurati dei visitatori in base agli insight che descrivono le loro abitudini di consumo e comportamento è per esempio diventata una leva strategica dei vendor specializzati. Bisogna innanzitutto saper spiegare ai propri interlocutori – club sportivi e sponsor, più raramente istituzioni pubbliche – cosa significa esattamente puntare sullo smart building, e a quali ritorni portano gli investimenti necessari a ripensare le strutture. Trasmettere al mercato questa forma di innovazione richiede un’idea ampia e precisa di ciascuno degli aspetti progettuali.
Come cambia invece, dal vostro punto di vista, la gestione della sicurezza?
È un aspetto sempre più rilevante, in piena evoluzione lungo l’asse di convergenza tra prevenzione dei rischi tradizionali e cyber security, che si innesta come un livello in più sulla progettazione degli edifici. L’aggiunta di nuovi filtri di protezione richiede che al tavolo di lavoro ci si confronti, oltre che con la polizia locale, anche con esperti di lotta al cyber crime. Sono queste le competenze che possono aiutarci a comprendere meglio come progettare edifici capaci di prevenire situazioni potenzialmente pericolose, fermo restando che il monitoraggio di queste strutture, proprio per la stratificazione delle misure di protezione, sta diventando sempre più complessa, con responsabilità crescenti per figure professionali come quella dello stadium manager.