Ogni giorno le aziende sanitarie e farmaceutiche hanno a che fare con petabyte di dati, genomici e clinici, raccolti dalle strutture che si trovano sul territorio e dal sistema sanitario. Si tratta di dati raccolti dal mondo reale, i cosìdetti “real world data” (RWD).
Riportando quanto definito dalla FDA (Food and Drug Administration, l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, dipendente dal Dipartimento della salute e dei servizi umani degli Stati Uniti d’America), in ambito healthcare i real world data sono i dati relativi allo stato di salute del paziente e/o alla fornitura di assistenza sanitaria, regolarmente raccolti da una varietà di fonti, tra cui: le cartelle cliniche elettroniche (cce), i reclami e le attività di fatturazione, i registri di prodotti e malattie, i “patient-generated data” registrati o raccolti dai pazienti familiari o altri caregiver per aiutare a risolvere un problema di salute, dati raccolti da altre fonti che possono informare sullo stato di salute, come i mobile device.
Un approfondimento pubblicato da DXC Technology sottolinea come i Real World Data sono dati generati dall’osservazione dei pazienti tipicamente raccolti quando un farmaco approvato viene rilasciato sul mercato e utilizzato da pazienti “reali” nella vita reale. I RWD hanno il potenziale di abbattere le inefficienze e colmare le lacune che nascono dalla gestione in silos delle informazioni generate da tutti gli attori che concorrono al patient journey: le aziende sanitarie, le aziende farmaceutiche, gli enti governativi e i pazienti. Questa condivisione delle informazioni, a sua volta, consente a tutte le parti di ricavare nuove intuizioni, supportare cure basate sul valore e fornire migliori risultati sanitari. Per esempio, sapere come un medicinale viene effettivamente utilizzato dai pazienti può aiutare gli stakeholder dell’ecosistema sanitario a prendere decisioni importanti e potenzialmente salvavita in tempo reale.
Sempre DXC, ricorda che in un articolo del 2018 il Dr. Hans-Georg Eichler, capo medico dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA), ha sottolineato l’importanza del percorso di apprendimento del sistema sanitario per “sfruttare tutto il potenziale di RWD”: il numero limitato di studi condotti a causa di costi, complessità e tempo, nonché dell’incapacità di rilevare eventi avversi rari gravi fanno, infatti, dei Real World Data un’importante fonte complementare di dati. L’EMA ha anche dichiarato nel suo documento “Regulatory Science al 2025” che uno dei suoi obiettivi è quello di promuovere l’uso dei RWD nel processo decisionale. Ad esempio, per migliorare la qualità scientifica delle valutazioni, l’agenzia osserva che «i dati potrebbero essere raccolti in modo più ampio ed efficiente durante il ciclo di vita di un medicinale, dallo sviluppo preclinico, attraverso il processo di sperimentazione clinica e fino all’utilizzo nel mondo reale», aggiungendo che una migliore generazione di prove renderebbe anche il processo di sviluppo clinico e di regolamentazione più conveniente, il che a sua volta ridurrebbe l’onere per i sistemi sanitari.
Come riferisce l’FDA, utilizzare i Real World Data e le loro evidenze ha svariate infatti ricadute positive per chi gestisce il percorso di cura dei pazienti, per le case farmaceutiche e, non da ultimo, per gli stessi pazienti. Se da un lato aiutano a monitorare la sicurezza, dall’altro permettono di valutare con maggiore consapevolezza le linee guide e prendere le decisoni di natura clinica, e abilitano nuovi percorsi di cura e trial clinici sempre più personalizzati in base al profilo specifico di salute del paziente. Guardando poi al mondo dell’industria farmaceutica i Real World Data sono un valido supporto per dimostrare il valore dei farmaci prodotti in tutte le fasi del ciclo di vita, dallo studio clinico alla sua maturità.
In definitiva, quindi, il dato rappresenta l’elemento di unione tra la ricerca clinica che viene fatta e i percorsi assistenziali di cura.
Dai Real World Data alla Real World Evidence
I Real World Data sono però solo il punto di partenza: una volta raccolti i dati grezzi è necessario arrivare a una strutturazione di tutte le informazioni e giungere così a una Real World Evidence (RWE), definita nel 2016 dalla FDA “l’evidenza clinica relativa all’uso e ai potenziali benefici o rischi di un prodotto medico derivato dall’analisi dei Real World Data”. L’”evidence” nasce quindi delineando un accurato piano di ricerca e di analisi, predefinito e successivamente interpretato: è così si trasformano i dati in qualcosa di utilizzabile che ha valore.
Innegabilmente, si tratta di una grande sfida, considerando anche il fatto che nel mondo della Sanità da alcuni anni si sta facendo largo il tema della multicanalità che ha visto i touch point, i punti di contatto con i pazienti, moltiplicarsi: basti pensare a quello che sta succedendo con i medical device che stanno prendendo piede nella nostra vita.
Se poi guardiamo con attenzione al punto in cui siamo nel nostro Paese, il vero scoglio da affrontare e superare è che in Italia si fa ancora fatica ad avere una visione di sistema. Fuori dai nostri confini, soprattutto in Francia e e Spagna, si può contare su sistemi sanitari interoperabili, in cui provider, aziende sanitarie, aziende farmaceutiche e organi di governo contribuiscono in egual misura mettendo a fattor comune la loro porzione di dati, affinché il sistema generale ne tragga beneficio, con una ricaduta immediata sulla riduzione del tasso di ospedalizzazione del paziente.
In Italia, comunque qualcosa si sta muovendo: sono diverse le realtà che stanno sperimentando nuove procedure e percorsi per supportare la rilevazione dei Real World Data, crescono le iniziative, ma ancora non c’è un coordinamento centrale. Ne sono un esempio Roche, Novartis e il Gruppo Humanitas, che in occasione del webinar “Pharma & Sanità Big Data Driven: l’efficacia dei dati per una miglior cura dei pazienti” racconteranno la loro esperienza sul campo.
Il ruolo della tecnologia
Quando si parla dei Real World Data la tecnologia viene vista come abilitatore. La crescita del numero di touchpoint e il passaggio, anche in ambito sanitario, dalle logiche multicanale a quelle omnicanale hanno fatto aumentare esponenzialmente la mole di dati oggi in mano a chi gestisce la salute dei pazienti e il loro percorso di cura. Per gestire in modo omogeneo e organizzato tutte queste informazioni è fondamentale il supporto e utilizzo intelligente di diverse tecnologie, dalla Blockchain all’Artificial Intelligence, dal Machine Learning agli Advanced Analytics per lavorare su dati utili alla Real World Evidence. Di pari passo occorre anche ricorrere al supporto dei professionisti del dato, come i Data Scientist.
La tecnologia ha anche il ruolo di collettore: oggi siamo di fronte a innemurevoli data silos, che fanno capo alle singole strutture, farmaceutiche o sanitarie che siano. Ogni vede solo la propria porzione di informazioni. Solo dalla combinazione della tecnologie Digital Health e del mondo dei Real World Data è possibile, infatti, creare un ecosistema interconnesso e interoperabile che generi nuovi insights.
Quello a cui assistiamo oggi è che molto spesso non si colgono appieno le potenzialità della tecnologia: solo un dato razionalizzato, arricchito e reso sicuro diventa un elemento distintivo, capace di supportare i percorsi clinici, la ricerca e le aziende a gestire non solo la parte di predictive analytics o di healthcare in modo avanzato, ma anche di creare le sinergie che abilitano la medicina di precisione.
Partnership tra pubblico e privato, aziende sanitarie e farmaceutiche: così si dà valore ai dati
Per innescare questa macchina è necessario un cambio di paradigma, che favorisca le partnership tra pubblico e privato per rendere possibile uno scambio di dati anonimi. Questo vuol dire attivare una serie di iniziative volte alla creazione di un ecositema, con l’obiettivo di cambiare la cultura e il mindset. Ancora troppo spesso nel nostro paese ci si nasconde dietro ai vincoli che non permettono un piena interoperabilità dei dati (basti pensare dalle norme sulla privacy e a quanto previsto dal GDPR). Tuttavia, nel caso dei Real World Data si lavora su dati totalmente anonimi: quindi, di fatto, la barriera non esiste.
Se è vero come abbiamo detto che tecnologia e competenze sono necessarie, è altresì vero che un sistema di miglioramento dei percorsi di cura basato sulla Real World Evidence affonda la sua efficacia nella costituzione di solide partnership tra i diversi attori che concorrono al patient journey.
Quello con cui ancora oggi dobbiamo fare i conti è un problema organizzativo: bisogna partire dal cambiare i processi, dalla loro armonizzazione, perché non dimentichiamoci che nel caso della Sanità a incontrarsi sono due mondi, quello pubblico e quello privato: bisogna razionalizzare i processi, per parlare una lingua comune, definire una governance del dato, per abilitare una visione di sistema.