Gli eventi che stanno caratterizzando questo 2020 hanno reso ancor più centrale e urgente il tema della digitalizzazione in azienda, che com’è noto è l’elemento cardine su cui costruire un New Normal di cui non si intravede la data di fine. D’altronde, in questi ultimi mesi le imprese hanno capito che il ruolo del digitale e dei dati va ben oltre quello di “garante” della business continuity nei periodi di remote working forzato (come quello del trimestre marzo-maggio 2020): digitalizzare significa creare nuovi servizi, sfruttare opportunità e – più in generale – costruire un futuro fatto di efficienza operativa e modelli di business innovativi.
Per comprendere quali siano gli ambiti di digitalizzazione aziendale verso cui è opportuno che le aziende focalizzino l’attenzione è utile in primis mettere a fuoco il livello di maturità digitale che le imprese italiane avevano raggiunto nel periodo precedente il Covid. Una fotografia interessante arriva dall’Osservatorio Digital B2B del Politecnico di Milano, secondo cui tra i vari processi aziendali solo la fatturazione elettronica aveva raggiunto un livello capillare di adozione (per via dell’obbligo normativo, ndr), mentre per esempio l’ordine elettronico era usato dal 26% delle imprese e il Documento di Trasporto dal 20%. Tutto ciò veniva fortunatamente compensato da un 72% di imprese dotate di (almeno) uno strumento tra ERP, CRM, sistemi di conservazione o gestione elettronica documentale e workflow. Fatturazione a parte, la digitalizzazione del ciclo dell’ordine rappresenta una sfida importante di questo New Normal, cui aggiungere la trasformazione del Procurement e della Supply Chain: secondo i dati dell’Osservatorio Digital B2B, il 53% ha digitalizzato almeno una delle fasi del processo di Procurement, mentre l’eSupply Chain collaboration era presente nel 32% dei casi. Riassumendo, i dati dimostrano come agli albori della pandemia il livello di digitalizzazione in azienda fosse ancora basso, rafforzando l’idea che le potenziali disruption del New Normal dovrebbero essere colte per trasformarle in concrete opportunità di crescita.
Riprogettazione e automazione dei processi
Innanzitutto, è fondamentale partire da una visione d’insieme e quindi procedere con il ripensare i processi e progettarli in chiave totalmente digitale. Ce lo conferma Optimo Next, azienda italiana attiva da più di un decennio nell’ambito delle soluzioni per la dematerializzazione e automazione dei processi aziendali: «La nostra esperienza – afferma Fabrizio Tudisco, CEO dell’azienda – ci ha portato a dare sempre più importanza all’analisi completa delle procedure e all’identificazione di esigenze concrete. Dobbiamo partire da quelle e ridisegnare i processi sfruttando le tecnologie più adatte per ottimizzarli e renderli digitali».
Who's Who
Fabrizio Tudisco
CEO di Optimo Next
Peraltro, conferma Tudisco, non c’è un’unica soluzione cui rivolgersi, ma occorre identificare quella che si adatta meglio alle esigenze individuate: «RPA, implementazione di soluzioni e sviluppo di piattaforme su misura: non vi è una formula magica ma tutto dipende dai risultati della fase di analisi».
Riprogettare un processo in chiave digitale non vuol dire solamente eliminare la gestione cartacea dei documenti, ma anche prendere in considerazione l’adozione dell’automazione intelligente, ovvero le soluzioni di Robotic Process Automation (RPA) che sollevano l’essere umano da task manuali e incombenze legate ad attività ripetitive.
Secondo le ultime rilevazioni di Gartner, nel 2020 il mercato delle soluzioni RPA crescerà dell’11,9% rispetto al 2019 e nel 2021 registrerà addirittura un +19,5%. Sono diversi gli analisti che ritengono che l’RPA possa fungere da pilastro di nuovi modelli operativi che migliorano qualità, velocità e produttività dei processi. Per quanto concerne gli ambiti di applicazione nelle aree, unità e funzioni aziendali, l’automazione può essere molto pervasiva: dà il meglio di sé nei processi di back office, spesso ripetitivi ma pur sempre molto costosi per le aziende; può essere un elemento cardine della funzione Finance – fortemente sotto pressione per via delle disruption causate dal Covid -, per l’impatto che ha sulle attività routinarie e time-consuming, che in tale area abbondano; trova applicazione in ambito HR per i processi di payroll e onboarding; nel Supply Chain Management, per la pianificazione della domanda e l’inventory management; nel Procurement, dove permette di analizzare grandi moli di dati sui processi di acquisto e l’automazione delle attività di controllo e gestione su processi tipicamente a basso valore aggiunto ma che richiedono tempo se svolti da un operatore umano; nei Customer Services, per i pagamenti, le modifiche agli ordini e i reclami, attività per cui i chatbot restano una possibilità da non sottovalutare.
Un nuovo modo di lavorare: da ‘remoto’ ad ‘agile’
Il New Normal sta favorendo l’adozione di un nuovo paradigma lavorativo, che superati i rigidi schemi del remote working ‘emergenziale’ di inizio pandemia, deve ora diventare realmente ‘smart’ o ‘agile’. Se nel primo caso la dotazione di device e l’attivazione di piattaforme collaborative hanno permesso alle aziende di rimanere comunque operative, oggi la transizione verso l’agile working richiede un processo di trasformazione digitale in piena regola, comprensivo di change e adoption. Ora, l’obiettivo deve essere un livello di produttività ed engagement superiore rispetto alla classica “vita da ufficio” che ci ha accompagnato per decenni e alla quale sarà difficile tornare, anche quando la pandemia sarà finalmente un ricordo.
I modelli di lavoro vanno ripensati in maniera profonda e in funzione di una workforce sempre più diffusa perché lavorare da casa, in ufficio, in coworking e durante gli spostamenti diventerà la norma. La tradizionale postazione da ufficio non scomparirà ma sarà condivisa proprio perché i locali dell’azienda diventeranno una delle manifestazioni dell’esperienza lavorativa, ma non più l’unica né la prevalente. Affinché tutto ciò possa avvenire è necessario un forte cambio di mindset, oltre allo sviluppo di processi ad hoc, un’evoluzione importante a livello organizzativo e, ovviamente, una corretta dotazione tecnologica finalizzata non tanto a permettere l’operatività da remoto, ma a garantire un livello di collaborazione superiore a quello tradizionale. Le previsioni quanto mai rosee per il mercato delle soluzioni di Unified Communication lo testimoniano in modo inequivocabile: si stima infatti che dai 30 miliardi di dollari del 2019, si possano arrivare a toccare 70,2 miliardi entro il 2025 (fonte: ResearchandMarkets).