GUIDE E HOW-TO

Digital Transformation: strategie, strumenti e buone prassi per una trasformazione digitale di successo

Non tutte le organizzazioni hanno ancora chiaro che cosa significhi ammodernare l’IT e molti progetti in passato non hanno dato i risultati sperati. Serve una digital foundation per costruire su basi solide un percorso personalizzato. Come garantire valore e competitività

Aggiornato il 23 Lug 2023

Digital Transformation

Di Digital Transformation si parla ormai da anni, tanto che per molte imprese la consapevolezza di dover intraprendere un percorso di modernizzazione dell’IT e dei processi è matura. Al tempo stesso resta difficile capire che cosa in concreto significhi trasformazione digitalee come si possa declinare in modo fruttuoso per le proprie esigenze.

Cos’è davvero la Digital Transformation?

La Digital Transformation è intesa come trasformazione digitale di aziende private e pubbliche, ovvero dell’applicazione di strumenti e tecnologie digitali allo svolgimento del normale lavoro.

Questo non significa inserire le tecnologie nello stesso processo di lavoro.

la Trasformazione Digitale implica un ridisegno dei processi, e va accompagnata da un percorso di change management, per vincere le normali resistenze al cambiamento delle persone.

Digital Transformation significa dunque ridisegno dei processi, introduzione di automazione (RPA Robotic Process Transformation), ma anche sviluppo di nuovi prodotti e servizi abilitati dalla digitalizzazione, con un trend crescente verso la servitizzazione (o Subscription Economy), con servizi in abbonamento.

Chi guida il percorso

A guidare questo percorso può essere il CIO o una figura intermedia tra l’IT e il business, come il Digital Officer e il Marketing Technologist.

Lo Smart Working è un esempio di Digital Transformation in atto nel mondo oggi. Il nodo è rappresentato dal fatto che il digitale è pervasivo: sappiamo che la tecnologia ci aiuta a innovare e a far crescere il business e la competitività, ma introduce anche la complessità di navigare in un mare di soluzioni IT e di mettere a punto strategie efficienti senza perdere il focus sull’obiettivo.

Come fare Digital Transformation in azienda oggi

Un articolo di Cio.com ribadisce: senza una valutazione delle iniziative IT da adottare, una chiara definizione degli obiettivi, il calcolo dell’impatto di business e le giuste competenze nel management capire che cosa esattamente sia la trasformazione digitale non è facile.

I progetti implementati dimostrano che l’approccio “boil-the-ocean” (la ricerca dell’impossibile) non funziona, mentre le iniziative pianificate e mirate su specifici obiettivi hanno ricadute positive anche più ampie del previsto. Questo è valido soprattutto quando si modificano i processi fondamentali, in un percorso a tappe che parte da processi separati e inflessibili a una condizione di permanente e pervasiva agilità.

Le 3 dimensioni della trasformazione digitale

La Digital Transformation poggia su tre componenti: persone, azienda, tecnologia. Secondo un’analisi di Sas, è solo l’integrazione di queste componenti a permettere di realizzare pienamente i benefici della trasformazione digitale delle imprese.
Le aziende che hanno successo sono quelle capaci di cambiare mentalità, strategie e cultura per stare al passo con il continuo mutare delle esigenze. E possono ottenere risultati importanti come: rendere digitali le proprie attività e produrre innovazione incentrata sul cliente e sull’experience.

Un’impresa è dunque “digitale” non solo se usa le tecnologie, ma se pensa con la mentalità del mondo digitale, in cui sono diversi sia il modo di realizzare e proporre i propri prodotti e servizi sia il modo di lavorare e collaborare tra team.

Di conseguenza, per cambiare occorre che alcune figure aziendali assumano un ruolo guida: che siano executive, team leader o ambassador, serve un’attività di Digital Transformation Management.

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I 7 pilastri della Digital Transformation

Per avviare e abilitare con successo la trasformazione in chiave digitale dell’azienda, è necessario adottare un approccio strategico e prendere in considerazione alcuni elementi chiave. Sette, in particolare, sono quelli più cruciali.

Integrando questi diversi aspetti, l’azienda sarà in grado di adattarsi al cambiamento, cogliere le opportunità offerte dal digitale e mantenere un vantaggio competitivo nel mercato in continua evoluzione.

Chiarezza degli obiettivi

Evitare il rischio di una trasformazione digitale fine a sé stessa. È fondamentale definire obiettivi chiari e allineati alle reali esigenze strategiche dell’azienda, in modo da massimizzare i risultati.

Cultura e competenze

La Digital Transformation è un cambiamento culturale che richiede coinvolgimento e partecipazione attiva di tutti i membri dell’organizzazione.

È importante stimolare la formazione continua, la comunicazione efficace e la diffusione di competenze digitali, promuovendo un ambiente in cui l’imprenditorialità possa prosperare.

Sviluppo e incubazione delle idee

È cruciale creare un processo strutturato per lo sviluppo e la diffusione delle idee innovative.

Identificare le fasi chiave del percorso delle idee, coinvolgendo le persone e le funzioni necessarie per portarle avanti, garantendo così un flusso costante di innovazione digitale.

Allocazione delle risorse finanziarie

La disponibilità di un adeguato budget è fondamentale per finanziare i progetti di Trasformazione Digitale.

Investire strategicamente nelle tecnologie e nelle risorse necessarie consentirà di sostenere e accelerare il processo di trasformazione.

Coinvolgimento di tutte le funzioni aziendali

La Digital Transformation coinvolge ogni singolo aspetto dell’azienda.

È importante creare sinergie tra le diverse funzioni aziendali, mettendo a disposizione gli strumenti e le risorse necessarie per abilitare e rendere il processo di innovazione il più agile possibile.

Collaborazione e Open Innovation

Gestire la trasformazione digitale richiede un approccio aperto e collaborativo.

Coordinare un ecosistema esterno di attori, come partner, fornitori e startup, può apportare idee e competenze complementari, contribuendo a superare le sfide interne e ad accelerare l’innovazione.

Misurazione delle performance digitali

La misurazione delle performance è un aspetto cruciale ma complesso nella Digital Transformation.

È necessario adottare nuovi modelli di rilevazione e valutazione dei KPI prestazionali che tengano conto delle specificità e delle dinamiche del mondo digitale.

Riguarda solo il manufacturing?

La trasformazione digitale crea, infatti, nuove opportunità di business, ma mette fianco a fianco aziende nate nell’era analogica con operatori nativi digitali capaci di proporre servizi innovativi ed esperienze di elevata qualità, innalzando le aspettative dei clienti e dei consumatori (anche dei dipendenti).

Come ha scritto anche Kpmg “oggi digitale è sinonimo di business” e, per avere successo in un mondo sempre più connesso, le organizzazioni devono trasformare i loro business model.

Questa prospettiva rende chiaro come la trasformazione digitale riguardi ogni attività imprenditoriale (così come, nel quadro più ampio, l’economia e la società). Coinvolge ogni industria e imprese di ogni dimensione, fino ai professionisti. I primi a trarre benefici dal cambiamento sono tutti i settori che si interfacciano con un cliente, consumatore o utente.

Anche gli enti pubblici, come le amministrazioni comunali, le scuole, le strutture sanitarie, le aziende dei trasporti, e così via, si interfacciano con un utente finale, il cittadino. E per essere più efficaci nel servizio offerto, per far lavorare meglio i dipendenti e risparmiare denaro pubblico, sono chiamati ad abbracciare la Digital Transformation come leva di cambiamento.

Ancora una volta coniugando tecnologia, cultura e volontà manageriale e politica.

Esempi di trasformazioni rivoluzionarie

Le aziende che stanno cambiando modo di fare business e, a volte, la loro stessa veste sono tante e così i casi di successo che fanno da apripista o modello.

Uno tra tutti è quello delle Poste italiane: pensiamo a quale profondo cambio di paradigma ha fatto l’ente delle spedizioni di carta che oggi è soprattutto un fornitore di servizi finanziari connesso con i suoi clienti digitalmente (mobile banking, prenotazioni delle operazioni allo sportello via app, ecc.).

Un altro esempio di trasformazione “rivoluzionaria” è quello che coinvolge le case automobilistiche. Ancora una volta si tratta di aziende nate fuori dal mondo digitale che si stanno rinnovando sia nei processi interni (Industria 4.0), sia nel prodotto finale (sempre più basato su software, automazione e AI) sia nella tipologia di offerta, in cui stanno inserendo i servizi.

Molte si sono alleate con aziende digitali che sviluppano software e servizi per il mondo auto, come Apple e Google. In questo settore sono sempre più diffusi anche gli showroom digitali, dove non sono in mostra solo le automobili, ma i servizi collegati (da esplorare sui touchscreen).

Fino ad arrivare ai simulatori di gara per piloti (anche di esports). Pionieri di questo cambiamento sono stati i costruttori tedeschi come Audi e Mercedes-Benz.

Nel Retail…

In epoca di pandemia e di boom dell’eCommerce non si può dimenticare il caso di successo del Retail, ormai sempre più legato alle piattaforme di vendita online e all’approccio omnichannel. Questo settore sta abbracciando le tecnologie di augmented e virtual reality per i negozi sia fisici che sul web e altri approcci digitali per connettersi col cliente e disegnare i prodotti in base alla domanda.

Un’azienda del retail che ha preso la strada della trasformazione digitale è Ikea: una scelta strategica indispensabile per un segmento così “analogico” come l’arredamento. Anche qui la realtà aumentata è un servizio innovativo che migliora l’esperienza di acquisto del cliente.

… e nei media

Nei media può valere un esempio per tutti: Disney. Da simbolo dei cartoni disegnati a mano all’acquisto di Pixar per l’elaborazione digitale fino alla piattaforma in streaming Disney+, ora il colosso dell’intrattenimento prova a fare concorrenza a una nativa digitale come Netflix.

Nell’alimentare Barilla ha avviato fin dal 2016 la sua Digital Transformation (“Barilla goes digital”) che ha condotto il gruppo verso l’integrazione tra mondo online e mondo offline. Tra le iniziative ci sono quelle per il drive to store, le campagne digitali mirate a portare in negozio clienti grazie alla geolocalizzazione.

Cosa serve per fare trasformazione digitale

Quindi, quello che si evince è che portare avanti un progetto di Digital Transformation è tutt’altro che semplice. Solo il 30% delle organizzazioni (su scala globale e di ogni industria) alle prese con la trasformazione digitale è soddisfatto dei risultati ottenuti, ha evidenziato McKinsey in uno studio. E appena il 16% riferiva di aver concretamente migliorato le prestazioni e di essere preparato a gestire nuovi cambiamenti.

In base alle risposte delle aziende intervistate McKinsey ha preparato una lista di 21 best practice che rendono più probabile il successo dei progetti di Digital Transformation. Queste buone pratiche ricadono in alcune categorie fondamentali: leadership, modernizzazione dell’IT, cambiamento nel modo di lavorare dei dipendenti grazie agli strumenti digitali, comunicazione trasparente e capillare verso tutti i dipartimenti per condividere e sostenere le nuove strategie.

Il ruolo delle tecnologie hi-tech

Elemento distintivo di tutti i progetti di trasformazione digitale di successo è l’impiego di un elevato numero di soluzioni hi-tech: servizi basati sul cloud, tecnologie di mobile internet, tradizionali tecnologie web, Big data e relative architetture (come data lake), Internet of Things, Design thinking, strumenti di intelligenza artificiale, robotica (per esempio la Robotics Process Automation o RPA), tecniche avanzate di machine learning neurale (come il deep learning), tecnologie di realtà aumentata e manufacturing additivo (tra cui la stampa 3D).

Il sondaggio di McKinsey mostra che i vincenti della Digital Transformation traggono vantaggio soprattutto dall’impiego delle tecnologie più sofisticate, come AI, IoT e machine learning. Alle tecnologie affiancano altri elementi, come manager esperti di digitale e aggiornamento delle competenze per i dipendenti. Ma l’aumento delle “capabilities” tecnologiche è la base fondante.

New call-to-action

Come creare fondamenta solide

Non a caso si parla anche di “Digital Foundation”: le fondamenta digitali che sono alla base di una modernizzazione di successo dell’IT.

La Digital Foundation si costruisce tramite un’implementazione personalizzata che mette la sicurezza del dato al centro e permette di modificare e migliorare il business velocemente con un risultato concreto e misurabile e una visione olistica che include la cultura e le persone.

Le analisi condotte dagli esperti di DXC hanno mostrato che ci sono sette attributi chiave condivisi dalla maggior parte dei moderni parchi IT.

Adattabilità

Le organizzazioni che hanno modernizzato la loro dotazione tecnologica possono cambiare velocemente e innovare con continuità: scompaiono gli elementi che comportano rigidità, in favore di nuovi spesso basati su cloud. Gli asset IT seguono la logica on demand, secondo il consumo effettivo, scompaiono così le voci legate alle tradizionali immobilizzazioni IT.

Velocità

Piattaforme e strumenti giusti, nuove competenze e modelli operativi, automazione e processi snelli consentono alle organizzazioni di accelerare la velocità nello svolgimento dei processi

Centralità dei dati

La modernizzazione dell’IT consente di lasciarsi alle spalle la logica dei silos e fa emergere informazioni prima confinate in sistemi non comunicanti: la conoscenza dell’organizzazione si fa così più profonda ed è più facile attivare nuovi processi di business.

Analisi approfondite

Le organizzazioni hanno bisogno di avere in tempo reale un’overview approfondita sulle loro attività e operazioni. Con il supporto di data mining, machine learning e analisi predittive, è possibile cogliere in modo proattivo le opportunità che via via si presentano, ridurre i costi e innovare. Nel tempo, un’organizzazione può anche apprendere dai propri dati, utilizzando tali conoscenze per ottimizzare le scelte di business e offrire nuovi prodotti e servizi.

Collaborazione e scalabilità

Gli sviluppatori hanno bisogno di una piattaforma per integrare e scalare rapidamente i servizi aziendali per creare un reale valore per il business che si basi sulle informazioni.

Sicurezza integrale

I dati mission-critical sono troppo importanti per non essere protetti nel modo adeguato. Invece, la sicurezza deve far parte di ogni passaggio dell’IT modernization. Tutti i dati sono crittografati per sicurezza e privacy.

Fattibilità economica

La modernizzazione dell’IT deve fornire un ROI rapido e chiaro e posizionare l’impresa per l’ottimizzazione continua.

Gli ostacoli al percorso

Le analisi hanno, poi, individuato alcuni ostacoli che spesso si frappongono alla Trasformazione Digitale, come la non scalabilità di molte soluzioni, l’assenza di una piattaforma unificata, un’eccessiva complessità dei sistemi da non permettere l’integrazione con le applicazioni mission critical, la mancanza di talenti o skill adeguate, budget insufficienti, la sovrabbondanza di soluzioni e applicazioni che rende difficile decidere quale sarà la prossima tappa del digital journey.

In questo scenario il cloud è diventato una delle basi fondanti su cui poggia la trasformazione digitale. Tuttavia, “nel cloud non esiste la taglia unica” e quel che funziona per un’azienda non è detto che funzioni per un’altra; ognuna dovrà valutare il suo eventuale mix tra cloud pubblico, cloud privato e data center in sede, preparandosi alla convivenza di ambienti diversi e alla gestione di architetture ibride e multicloud, integrando tecnologie come automazione intelligente, analytics e AI.

L’importanza di un approccio multidisciplinare

Dopotutto, “il dato è il valore, la tecnologia è l’abilitatore”. Un approccio multidisciplinare serve anche a innescare il cambiamento culturale, permettere alle architetture IT di rendere i dati più accessibili, migliorare il software throughput e velocizzare il lavoro degli sviluppatori.

L’obiettivo resta quello di migliorare l’esperienza del cliente, offrire prodotti e servizi innovativi e migliorare efficienza e produttività per soddisfare la domanda del mercato e trovarsi sempre un passo avanti alla concorrenza.

Il ruolo del CIO in azienda

Il ruolo del Chief Innovation Officer è parte integrante della Digital Foundation.

Il CIO deve costruire un business plan completo ed esaustivo e costruire una strategia di IT modernization e adozione del cloud, ricordandosi di dare la corretta evidenza alle principali esigenze da soddisfare.

Tra le più importanti: migliorare la strategia e il raggiungimento degli obiettivi prioritari per il business; ridurre i costi operativi e liberare maggiori risorse per l’innovazione; semplificare l’IT a favore di un’operatività agile, veloce e flessibile che mira dritto alla creazione di valore.

Una volta che il business plan è stato approvato e il budget assegnato, il CIO può fare un passo avanti nella sua strategia, per esempio sviluppando o assumendo nuovi talenti digitali, puntando al cambiamento culturale generalizzato e cercando la cooperazione di attori terzi nell’ecosistema.

Quanto contano i business leader

Ma siccome la Digital Transformation è per sua natura multiforme, non sempre è necessario un super esperto del digitale per guidare il rinnovamento dell’IT.

Un articolo apparso su Harvard Business Review osserva che la trasformazione digitale consiste non in un radicale ripensamento del business ma nel capire come usare gli strumenti digitali per servire meglio i propri clienti. Per ottenere questo risultato la leadership e il cambiamento organizzativo sono importanti quanto le tecnologie.

Il fallimento dei guru digitali

Assumere un digital guru esterno per la propria strategia di trasformazione si è rivelato un flop nella maggior parte dei casi (50) studiati da HBR. Il digital guru probabilmente è la persona giusta per creare un digital business partendo da zero. Ma all’interno di un’azienda che ha già la sua attività e le sue eredità in fatto non solo di tecnologie ma di organizzazione dei compiti e di valori condivisi, il guru del digitale di solito fallisce perché non riesce a interpretare con esattezza la natura dell’azienda che ha di fronte, i suoi team, i suoi clienti, la sua cultura.

Al contrario, leader interni che non hanno grande esperienza digitale ma vengono posti a capo di iniziative digitali hanno un tasso di successo dell’80%, perché conoscono bene come funziona la loro azienda, capiscono quali sono i cambiamenti organizzativi necessari e hanno relazioni sia con gli altri leader che con i singoli team.
Capiscono anche che ci sono elementi delle tecnologie di cui sanno poco e quindi assumono talenti del digitale per rafforzare il lavoro dei team verso la Digital Transformation.

Imparare da chi ha sbagliato

Se, come rilevava McKinsey, il 70% delle iniziative di Digital Transformation non va a buon fine, è possibile imparare dagli errori delle aziende i cui progetti non hanno funzionato. Forbes ha raccolto alcuni esempi (e a questo link ha anche inserito le statistiche più significative sulla Digital Transformation).

La lezione chiave che si estrapola dai progetti “andati male” è, ancora una volta, di non cercare la luna. Non si può cambiare tutto subito: serve un focus strategico su aree definite, la qualità conta più della quantità (vale soprattutto per le grandi multinazionali).

Un altro errore è non tenere conto di quello che fa la concorrenza e di non valutare dove siamo noi rispetto ai competitor. A volte abbiamo già un forte vantaggio competitivo con i nostri processi e prodotti e cambiare solo perché “si deve cambiare” non funziona. La trasformazione va attuata laddove siamo più deboli, tenendo conto delle strategie interne e dei fattori esterni.

Infine, le iniziative di Digital Transformation procedono a tappe ma vanno alla fine integrate in tutta l’organizzazione: non possono rimanere confinate a un dipartimento o ad alcune operazioni.

Come orientarsi nella Digital Transformation: un guida in 5 punti

Incedo, società che fornisce consulenze hi-tech, ha compilato una piccola guida in cinque punti per navigare nel mare magnum della Digital Transformation.

In questo viaggio il punto di partenza è capire come sta cambiando la catena del valore nella propria industria, chi è il nostro cliente e che cosa gli stiamo offrendo.

Secondo: ancorare la Digital Transformation a precisi indicatori di performance (KPI); servono numeri su cui fondare il digital journey e per tenersi focalizzati sugli obiettivi.

Terzo: sfruttare i dati, gli analytics sono tutto nell’era digitale.

Quarto: studiare e gestire tutti gli impatti sull’organizzazione (i processi, le persone, le competenze, i ruoli dirigenziali….).

Infine, ancora una volta, la Trasformazione Digitale non è esattamente un Big bang che cambia tutto dall’oggi al domani. Meglio focalizzarsi su specifici casi d’uso in linea con gli obiettivi della propria organizzazione dove possiamo più facilmente ottenere rapidi successi e poi estendere i progetti di trasformazione al resto dell’organizzazione.

Quattro consigli per una trasformazione digitale di successo

Secondo Greg Satell, autore del libro “Cascades: How to Create a Movement that Drives Transformational Change” (McGraw-Hill, 2019), alcune tattiche possono fornire ai top manager una garanzia di riuscita per i progetti di trasformazione digitale nella loro organizzazione. Innanzitutto, occorre concentrarsi sulle persone prima che sulla tecnologia.

Il primo passo verso il successo della Digital Transformation non è infatti la tecnologia in sé, ma capire come la tecnologia può fornire nuovi strumenti per migliorare il lavoro, la produttività e la creatività delle persone. Dobbiamo chiederci dove vogliamo spostare il valore, quali nuove competenze servono, come la tecnologia può aiutare a migliorare la customer experience.

Secondo elemento è fissare chiari obiettivi di business e concentrarsi su quelli più che sulle specifiche funzionalità della tecnologia.

Il terzo è individuare il singolo cambiamento che può servire da trampolino di lancio per una trasformazione digitale che, gradualmente, coinvolge l’intera organizzazione. Sarà un’iniziativa che, pur all’interno di una vision totale, è circoscritta ad alcune aree o obiettivi ma che è capace di innescare nuovi progetti più complessi.

Infine, la Digital Transformation è un viaggio, non una meta: per questo richiede una nuova cultura orientata alla flessibilità, alla dinamicità e all’adattamento. Il percorso verso il cambiamento non finisce mai, non c’è un punto di arrivo. C’è solo, sempre e ancora, il cambiamento.

I 7 trend dell’innovazione

Ecco in una sintesi la top list dei trend della Digital Transformation da qui ai prossimi anni: IT as a Service (o Cloud computing), Iperconvergenza, CRM 4.0, Customer Experience Management, BI, Big Data Management, IoT.

IT as a Service (Cloud Computing): un must per la Digital Transformation

Dal Software as a Service, dall’Infrastructure as a Service, dalla Platform as a Service all’IT as a Service, l’evoluzione di una fruizione dei servizi ICT in modalità on demand e pay per use è la nuova strada del management più illuminato per la Digital Transformation.

Oggi la gestione logica delle soluzioni ICT è arrivata addirittura al SoftwareDefined Data Center. Questa architettura estende gli ormai consolidati concetti della virtualizzazione (come l’astrazione, il raggruppamento in pool e l’automazione) a tutti i servizi e le risorse del data center.

La sfida per i responsabili dei sistemi informativi è mantenere la governance. Il motivo? Che spesso, le linee di business scavalcano il reparto IT per approvvigionarsi direttamente da provider esterni di servizi Cloud.

In sintesi, dal possesso di una tecnologia il focus si è spostato alla fruizione del servizio, attraverso Sla a misura di ogni tipo di esigenza. Compito degli executive, ragionare sul tipo di contratti e sui fornitori più competenti, bilanciando risorse ed economics secondo orizzonti di pianificazione nel breve, nel medio e nel lungo termine.

Iperconvergenza

Il tema della governance è, per definizione, il controllo. La questione fondamentale è che si può governare solo se si ha una chiara supervisione:

  • dell’installato a livello di hardware (fisso e mobile, fisico o virtuale, in house o in cloud), di software (dai gestionali alle app, dai middleware alle soluzioni di monitoraggio e di controllo) e di risorse al servizio della gestione ICT (networking cablato e non, soluzioni Wi-Fi, sensoristica)
  • dei costi legati alle necessarie attività di manutezione e aggiornamento
  • dei rischi legati a malfunzionamenti, anomalie e vulnerabilità dei sistemi (sicurezza interna ed esterna)

L’intelligenza della governance non è certo negli aggiornamenti o nell’acquisto di nuove soluzioni hardware. Oggi la governance è saper mettere a fattor comune automazione, standardizzazione, consolidamento, virtualizzazione e cloud con un unico obiettivo: realizzare un’architettura di supporto al business estremamente agile, affidabile, performante e sicura, nella maniera più semplice possibile e in tempi brevi.

Il futuro è nell’iperconvergenza, ovvero una modalità di controllo che, attraverso un unico cruscotto centralizzato, aiuta a bilanciare e presidiare potenza, intelligenza, memoria, spazio, energia, dispositivi, architetture e operatività, salvaguardando sicurezza e policy in maniera coordinata e veloce, perché risolta a colpi di clic. I tool sono già disponibili: imparare a sceglierli diventerà presto un must.

Customer Relationship Management semantico, ovvero Crm 4.0

Mettere il cliente al centro di tutto è stata la strada per sviluppare il business che serve quando serve davvero. Ma l’ICT ha trasformato in clienti anche i dipendenti e i collaboratori aziendali: come fruitori di servizi diversificati, infatti, siamo diventati tutti utenti, ognuno con dei bisogni precisi.

Il piano della governance in ambito di trasformazione digitale si è notevolmente allargato su più orizzonti di sviluppo e di ascolto. Il potenziamento delle relazioni collegato ai nuovi sviluppi del Web, l’arrivo dei social media e una gestione della tecnologia mobile che ha parzialmente risolto il problema del digital divide ci ha reso tutti connessi e comunicanti in modalità 24×7.

Questo ha aperto il campo a ulteriori servizi associati alla geolocalizzazione, all’interazione, alla teleassistenza, al proximity marketing, all’Unified Communication & Collaboration.

Customer Experience Management

Dal Customer Relationship Management (CRM) al Customer Experience Management (CEM) il …tap è breve. Gli schermi touchscreen dei telefonini e l’universo delle app stanno aiutando le aziende a costruire più solide relazione con i propri utenti, instradando flussi di informazioni più efficaci e funzionali che da un lato supportano al meglio la produttività individuale e, dall’altro, aiutano a tracciare i comportamenti e le esigenze per allineare meglio i servizi e, in generale, l’offerta (non a caso gli ERP aziendali hanno integrato moduli sempre più sofisticati e diversificati sulla gestione di più livelli di relazione, dai social al mobility management).

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La conoscenza implicita che per anni le aziende si sono sforzate di intercettare oggi è stata messa a sistema grazie a nuove soluzioni di comunicazione. Sono ad alta integrazione e arrivano a studiare l’esperienza e la comunicazione sui social e i vari sistemi di messaggistica in modalità monitorata e strutturata al punto da arrivare a gestire anche la sentiment analysis, per un CRM veramente 4.0. Non è un di cui: sarà una strategia decisiva sullo scacchiere del business per la digital transformation.

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Business Intelligence

Informatizzare i processi significa, in estrema sintesi, automatizzare e mettere a sistema le procedure, potendo gestire così al meglio le informazioni associate. La storia della digitalizzazione corrisponde al numero crescente di processi che il business ha provveduto a informatizzare sia per ottimizzare i costi, sia per velocizzare la gestione, migliorando al contempo l’efficienza e l’efficacia delle procedure. Quella che doveva essere una semplificazione ha portato un’eterogeneità tecnologica, che ha generato e sta generando volumi e volumi di dati che per essere utilizzati devono essere organizzati secondo nuove logiche di archiviazione, di ricerca e di accesso.

Il problema è che l’innovazione digitale ha portato flussi di dati strutturati accanto a flussi ancora destrutturati. Malgrado i sistemi di Business Intelligence siano sempre più sofisticati ed efficaci, ci sono ancora molte informazioni che vanno capite, organizzate e veicolate secondo logiche di aggregazione più funzionali a supporto della governance (vale in qualsiasi settore: dal gaming alla sanità). I data architect (preconizzati da studiosi ed esperti della consulenza) nelle aziende non ci sono ancora, ma gestire le Business Analytics per orchestrare la governance di moli di informazioni crescenti deve diventare una delle attività primarie per le aziende. Dunque, se ieri la Business Intelligence è stata una forma tecnologica dedicata più all’aggregazione e alla visualizzazione dei dati secondo criteri a consuntivo, oggi lo sviluppo degli algoritmi, dei database e dei sistemi di interrogazione consente una BI evoluta a supporto di una gestione estremamente più dinamica e proattiva.

Big Data Management

Il Big Data Management non è un problema di hardware o di software. Si tratta sempre e comunque di una questione di vision e di investimenti mirati a rendere i Big Data degli Smart Data, trasformandoli in azione strategiche per il business. Il Decision Support System oggi si può conformare per essere predittivo e quindi ancora più veloce rispetto alle dinamiche dei mercati.

Internet of Things e smartificazione degli oggetti

C’erano una volta i sensori, c’era una volta lo smartphone. Oggi non sono più soltanto i pc a connetterci al mondo delle informazioni e, in generale, dei servizi. Ci sono i tablet, i totem interattivi, le smart card, stanno arrivando vestiti intelligenti ed occhiali od orologi smart. Le applicazioni e le infrastrutture costruite attorno a un’intelligenza sempre più ubiqua e pervasiva stanno maturando alla velocità della luce. L’Internet of Things è in via di consolidamento: le smart city stanno usando una sensoristica avanzata per monitorare umidità, traffico, temperatura, energia, accessi.

Nelle aziende GPS, accelerometri, sensori, attuatori, smart code e tag Rfid stanno ingegnerizzando le filiere per rendere i prodotti sempre più connessi e comunicanti. La tracciabilità e la rintracciabilità offrono migliori garanzie non solo di una migliore efficienza logistica, ma anche di una tutela del made in dal grey market e dalla contraffazione, rendendo il consumatore finale più informato ma anche più sicuro rispetto a ciò che consuma. La smartizzazione degli oggetti sta rivelando nuove modalità di interazione e di relazione ad alto tasso di connessione per una business continuity a prova di errore. Quello che è indiscutibile è che la progettazione del business nella IoT cambia in modo radicale.

La governance IoT

Per la governance, “Internet of Things” significa imparare ragionare d’anticipo e non commettere gli errori di una compartimentazione tecnologica (mancanza di integrazione) o di un protezionismo eccessivo, volto a escludere invece che a ragionare di convergenza e di capitalizzazione delle risorse (il BYOD ha insegnato alle aziende che è meglio sfruttare la smartizzazione degli utenti, invece che provare inutilmente a contrastarla). Ogni smart object diventa così un touch point che, a seconda del livello di intelligenza di cui è equipaggiato (tag RFID/NFC oppure di un intero sistema operativo, iOS, Android o Windows che sia) apre la strada a nuovi orizzonti di servizio. Anche su questo fronte, il business non può farsi cogliere impreparato: gli oggetti comunicanti devono essere risolti in ogni loro aspetto: sicurezza, accesso alle informazioni, design, interazione ma anche integrazione con l’ecosistema digitale fatto di altri oggetti intelligenti e comunicanti.

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Articolo originariamente pubblicato il 01 Feb 2022

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