L’emergenza sanitaria che stiamo affrontando da mesi ha accelerato un processo di revisione delle dinamiche lavorative che era già attivo da qualche anno in tutto il mondo. In era pre-covid, lo Smart Working era già adottato in Italia dal 58% delle grandi imprese, un dato incoraggiante che purtroppo veniva bilanciato dal 12% delle PMI (fonte: Osservatorio Smart Working, PoliMI), meno attratte dal concetto di modernizzazione delle modalità di lavoro. In questo scenario, l’ingresso in scena del Covid ha determinato una vera e propria disruption in ogni ambito di business, sconvolgendo dinamiche consolidate e costringendo le imprese a reazioni non sempre ‘composte’: fornitura accelerata di laptop ai dipendenti, VPN per l’accesso remoto alle risorse aziendali, modello BYOD (Bring Your Own Device) talvolta improvvisato e attivazione di tool di cloud collaboration sono state le mosse finalizzate a garantire la business continuity in un periodo decisamente complesso. Alcuni lavoratori hanno acquisito nuovi strumenti digitali (13%), altri hanno semplicemente usato “di più e meglio” le tecnologie che erano già a disposizione delle proprie aziende.
Nonostante Covid abbia accelerato l’adozione di modalità di lavoro ‘più remote che smart’, il suo peso nei confronti degli strumenti UCC (Unified Communications & Collaboration) è stato enorme. Non c’è da stupirsi: comunicazione e collaborazione sono elementi cardine di tutte le attività e i processi aziendali e vanno garantiti a prescindere dalle dinamiche di lavoro. UCC rappresenta peraltro un mercato decisamente ampio poiché vi rientrano i tradizionali servizi di telefonia, ma anche i sistemi di Unified Messaging che centralizzano e gestiscono in modo dinamico canali di comunicazione quali e-mail, voce e fax, gli strumenti di Conferencing e le Collaboration Platform impiegate per gestire da remoto i processi collaborativi di cui sopra.
Unified Communications & Collaboration: un mercato in crescita verticale
I dati relativi al primo periodo del coronavirus (Q2 2020), contraddistinto da diversi lockdown in tutto il mondo, sono eloquenti sulla reazione intrapresa dalle aziende all’avanzata della pandemia e rappresentano un punto di partenza importante per tutti i ragionamenti sulle modalità attuali e future di gestione di questo periodo storico: non solo Microsoft annunciò a marzo 44 milioni di utenti giornalieri sulla propria piattaforma Teams, ma solamente in Italia le chiamate e le riunioni – sempre su Teams – aumentarono in modo dirompente con un +775% in un solo mese. Nel frattempo, Zoom faceva registrare nel solo Q1 2020 un incremento della base utenti pari a tutto il 2019, Cisco Webex supportava 5,5 miliardi di minuti di meeting in poco più di 10 giorni e Slack nello stesso periodo acquisiva più di 7.000 nuovi clienti.
Tutto questo è sottolineato dall’andamento dei titoli di questo comparto, non solo durante i primi mesi della pandemia ma fino ad oggi: al momento in cui si scrive, infatti, il titolo Zoom fa registrare un +708% rispetto alla quotazione di inizio anno, ed è seguito da crescite più “contenute” da parte di Microsoft (+36% YTD), Slack (+28,4% YTD) e Google (+19,2% YTD). Il trend, che identifica chiaramente la reazione delle aziende all’emergenza coronavirus, è peraltro previsto da Forrester che, tra le ipotesi delle conseguenze della pandemia sul mercato ICT, parla di un possibile declino del mercato globale superiore al 2% (50% di probabilità) cui fa da contraltare una forte crescita in comparti quali il cloud e – appunto – il software e l’hardware per soluzioni UCC e servizi di telecomunicazione.
A prescindere da come evolverà la pandemia in questa ultima parte dell’anno e nel 2021, la reazione delle aziende italiane e nel mondo non può che essere quella di puntare al massimo sulla collaborazione a distanza, ovvero su strumenti e piattaforme rientranti in quel macrocosmo UCC che nel Q2 2020 ha fatto registrare un +25,1% rispetto all’anno precedente (fonte: IDC). Come prevedibile, segmento trainante è quello dei servizi UCaaS (Unified Communications as-a-service), ideali per sostenere le esigenze delle nuove dinamiche di lavoro, tra cui velocità di implementazione, scalabilità e sicurezza, mentre ha un pesante segno meno (-21,8% YoY) quello dei sistemi UC on-premises.
Unified Communications come fondamento del new normal
La reazione delle aziende alla prima ondata di coronavirus è nota a tutti: remote working pervasivo supportato da una dotazione di strumenti che permettano di gestire al 100% le attività quotidiane, dalle riunioni con il proprio team a svariati processi, dalla ricezione di chiamate vocali ad e-mail, messaging, presentazioni, gestione documentale collaborativa e via dicendo.
Non vi è alcun dubbio che, a prescindere dall’evoluzione della pandemia, le soluzioni UCC rappresentino il basamento stabile di un nuovo modo di lavorare che sarà presente anche quando gli effetti del covid saranno finalmente svaniti. È dunque più che concreta l’ipotesi di una continua crescita del mercato trainata dall’esigenza delle aziende di trasformare il remote working in agile working, così da non preservare unicamente la continuità del business ma massimizzare la produttività e le relazioni all’interno di ecosistemi sempre più connessi (employee, team, clienti, fornitori, partner…). Per fare ciò, sappiamo quanto sia centrale e determinante puntare su un’evoluzione di tipo culturale, che nei primi mesi del 2020 ha frenato l’intento di molte imprese di diventare “smart” a tempo di record, ma la certezza è che gli strumenti ci sono, verranno usati sempre di più e meglio e su di essi è davvero possibile costruire un nuovo ed efficiente paradigma lavorativo.