Gli investimenti in tecnologia da parte delle aziende crescono e gli stanziamenti arriveranno presumibilmente al 5,85% dei ricavi nel 2024. Una spinta allo sviluppo del mercato arriva dalla Data Monetization, il cui giro d’affari toccherà i 15,5 miliardi di dollari nel 2030. I dati emergono dalle evidenze del report “Global Technology Leadership Study 2023” di Deloitte, uno studio internazionale che raccoglie le opinioni dei CIO (Chief Information Officer) e tech leader di grandi aziende globali.
La ricerca è stata condotta su un campione di 1.179 professionisti – di cui 245 italiani – ed esamina l’evoluzione dei budget tecnologici nelle aziende, i cambiamenti in atto nei ruoli tecnici legati al digitale, l’importanza delle strategie per attrarre e trattenere talenti, le sfide legate alla monetizzazione dei dati.
«Un uso consapevole delle nuove tecnologie, tra cui Cloud, Big Data e AI, può fornire un vantaggio competitivo duraturo alle aziende che investono adeguatamente nel digitale. Il principale beneficio è essere all’avanguardia rispetto a queste tendenze ed essere quindi pronti a trasformare il proprio business prima dei concorrenti», ha spiegato Francesco Rossi, Partner e Leader di Technology Strategy, Agility & Architecture di Deloitte Central Mediterranean.
Who's Who
Francesco Rossi
Partner e Leader di Technology Strategy, Agility & Architecture di Deloitte Central Mediterranean
Difficile stimare il ROI
A livello globale, gli investimenti tecnologici sono aumentati in modo significativo nell’epoca post Covid: il budget tech medio delle aziende come percentuale dei profitti è passato dal 4,25% del 2020 al 5,49% del 2022 e si stima che crescerà ancora, fino ad arrivare al 5,85% nel 2024.
Si tratta di un trend che riguarda la maggior parte dei settori, eccezion fatta per i servizi finanziari, le assicurazioni e la sanità, in cui è stata invece registrata una leggera contrazione. La motivazione può essere attribuita agli investimenti significativi effettuati negli anni precedenti, che ora si stanno stabilizzando, ma anche all’incertezza del contesto economico globale attuale.
Un tema particolarmente rilevante che emerge dall’analisi Deloitte è quello legato alla difficoltà di stimare correttamente i risultati ottenibili dagli investimenti digitali. Sembra scontato, tuttavia la ricerca evidenzia come il 60% dei C-level fatichi a quantificare i benefici dei singoli investimenti tecnologici. «Il raggiungimento e la creazione del valore aziendale attraverso una strategia efficace devono tenere conto delle iniziative da avviare in tutte le aree dell’azienda – commenta Rossi -. L’integrazione delle iniziative di investimento all’interno di una roadmap strategica fornirà una visione a 360 gradi dei piani aziendali».
Data Monetization: un mercato in ascesa
In azienda, grazie alla digitalizzazione pervasiva, si moltiplicano i dati prodotti e, parallelamente cresce la difficoltà di valorizzarli al meglio. Il ricorso a soluzioni e servizi di monetizzazione dei dati è, quindi, non solo auspicabile ma spesso ormai necessario per governare la proliferazione dei record e “distillare” valore.
La monetizzazione dei dati può avvenire in diversi modi – dall’ottimizzazione delle operation alla capacità di intercettare e soddisfare al meglio le esigenze dei consumatori – ed è un dato di fatto che il mercato globale delle soluzioni che abilitano queste strategia stia crescendo in modo deciso: il mercato globale della Data Monetization, che nel 2020 valeva 2,1 miliardi di dollari, entro la fine del decennio toccherà i 15,5 miliardi, con un tasso medio annuo di crescita composita (CAGR) del 22,1%. Il 36% dei C-level intervistati a livello mondiale afferma di essere già oggi in grado di generare profitti dai dati e il 16% prevede di farlo nel prossimo biennio.
Anche i leader tecnologici italiani hanno chiara l’importanza delle strategie in ambito “Data & Insight”: per la metà degli intervistati “sono allineate con le priorità aziendali e hanno definito chiaramente gli obiettivi aziendali” (51%) e “le competenze “Data & Insights” abiliteranno l’azienda a generare profitti o a ottenere un vantaggio competitivo” (50%), mentre il 42% risponde che “la strategia core del Data Management e i processi di gestione della governance sono coordinati e allineati in azienda”.
I ruoli tech e la necessità di ripensare le responsabilità
Emerge, in modo trasversale, la necessità per tech leader di acquisire nuove competenze nell’ambito della monetizzazione dei dati. Tra le figure professionali del mondo tech, il CIO (Chief Information Officer) rimane il ruolo più diffuso nelle aziende italiane, è infatti presente nel 78% delle organizzazioni. Non solo, il 67% di queste afferma che si tratta del ruolo tecnologico più alto nella propria organizzazione e spesso quello a cui è associata la maggior responsabilità, anche in presenza di altri C-level.
Dall’indagine risulta evidente che, in alcuni casi, altri ruoli affiancano il CIO. Nel 35% delle aziende è presente un Chief Technology Officer, nel 31% dei casi c’è un Chief Data Officer e nel 36% è presente un Chief Information Security Officer (CISO).
Anche quando queste figure sono presenti, spesso è il CIO a gestire quasi tutte le aree, con un’enfasi particolare sull’aggiornamento dei sistemi legacy e core e lo sviluppo software. Tuttavia, è bene sottolineare che man mano che la tecnologia progredisce, sarà necessario riconsiderare i ruoli e la distribuzione delle responsabilità tecniche all’interno delle organizzazioni.
Recruiting e retention dei talenti tecnologici
Il contesto delle tecnologie digitali a supporto delle aziende è in continua evoluzione, motivo per cui una strategia dedicata all’acquisizione e allo sviluppo di talenti dovrebbe essere una priorità per tutti. Tuttavia, in Italia solo il 15% degli intervistati la ritiene un elemento molto importante – contro il 23% a livello globale.
Ma quali sono le iniziative più efficaci per trattenere i talenti tech? Per i CIO italiani: “creare una missione, una visione e uno scopo coinvolgenti” (59%), “offrire ambienti di lavoro flessibili/ibridi” (53%) e “dare maggiore autonomia e controllo ai singoli team” (48%).