L’Italia ha l’opportunità di cambiare solo se il digitale affonderà in tutti i livelli della società, dello Stato e dell’economia: il Governo ne è consapevole e utilizzerà il semestre europeo di presidenza italiana per mostrare questa via. Ma i fronti di ritardo sono numerosi, in Italia ma anche in Europa al confronto con le altre potenze mondiali. L’industria Ict apprezza gli ultimi progressi dell’Agenda digitale italiana ma ora chiede una governance più salda e costante su questi temi.
E’ il calderone di suggestioni emerse durante il Digital Venice (7-12 luglio). Qui abbiamo visto il battesimo pubblico di una visione di Agenda digitale che finora era rimasta sotto traccia.
Per l’Italia è un raro caso: un premier che dedica parole molto ambiziose alla capacità del digitale di trasformare il Paese e di restituirgli speranza e crescita. E lo fa nella cornice di un evento a cui ha partecipato il gotha dell’industria, con i principali esperti, e al fianco Neelie Kroes, il commissario Ue. La Commissione ha infatti organizzato l’evento insieme con la Presidenza italiana.
Quello che ha declinato Matteo Renzi è insomma il manifesto digitale di questo Governo. E’ la prima volta che un premier esprime in modo così strutturato l’importanza che il digitale può avere per questo Paese, anche se il discorso sembrava pronunciato a braccio e con notevole enfasi retorica. Se la prende con la burocrazia, con il modo vecchio di fare le cose, e cita l’impegno a cambiarlo radicalmente grazie al digitale: nella Giustizia, nel sistema dell’identità dei cittadini, nella pubblica amministrazione, nella gestione dei pagamenti, dove- dice- un ruolo importante potranno averlo i cellulari.
Altri programmi di Governo si possono trovare nelle dichiarazioni del ministro dello Sviluppo Federica Guidi: “ci concentreremo sulla trasformazione delle Città e delle Comunità Intelligenti in Laboratori per la crescita dell’Economia Digitale e poi sulla diffusione delle tecnologie e della cultura digitale all’interno di tutti i settori imprenditoriali, attraverso misure che innalzino il livello di utilizzo delle tecnologie nei processi produttivi ed organizzativi e producano un balzo verso un modello industriale 4.0. E poi sul sostegno alla generazione e alla crescita dimensionale di startup innovative ad alto valore tecnologico in ambito digitale, attraverso condizioni sempre più favorevoli in ambito fiscale, burocratico e finanziario. Da ultimo, sull’educazione per favorire la diffusione delle competenze digitali e promuovere la cultura tecnico scientifica”.
Gli annunci e le attese
E’ un po’ il riassunto delle norme dell’Agenda digitale come già l’avevano impostata i due Governi precedenti. Si prosegue sul solco già tracciato, insomma. Dove però finora si è avanzati con ritardi sulla tabella di marcia dell’Agenda. La domanda è come farà il Governo ad accelerare sul piano di trasformazione dell’Italia.
Ci si può chiedere insomma quale sia la realizzazione pratica delle parole di Renzi, così ambiziose. Viene il sospetto che non abbia ancora le carte giuste in mano per farlo: è possibile interpretare così il suo annuncio fattivo più importante a Digital Venice: “a ottobre presenteremo, al Consiglio UE, la proposta di escludere gli investimenti in infrastrutture digitali dal Patto di Stabilità”.
Significa forse che il Governo, nell’attuale situazione, non può investire altro denaro pubblico. Sarebbe il motivo per cui Renzi a Digital Venice non ha fatto l’annuncio più atteso dall’industria: l’impegno a potenziare i fondi nazionali ed europei dedicati all’Agenda digitale, alla banda ultra larga, all’innovazione delle aziende.
Sono in molti, eppure, a denunciare che i fondi stanziati dal precedente Governo, nella programmazione 2014-2020, sono largamente insufficienti per raggiungere gli obiettivi indicati dalla Commissione. Per altro, questo Governo non trova ancora la copertura per i 750 milioni stanziati da Destinazione Italia per l’innovazione delle Pmi.
Insomma, dal Digital Venice emerge questa sensazione: il Governo finalmente dice di credere all’importanza massima del digitale, ma ancora deve darne le prove. Questa contraddizione è lampante dalle parole dell’industria Ict, durante l’evento.
“L’imperativo è l’execution, per far in modo che la visione e le priorità scendano sul terreno della concretezza”, ha detto Elio Catania, presidente di Confindustria digitale. “Siamo profondamente convinti che un miglior uso dei fondi strutturali europei possa essere di grande supporto per la realizzazione di piattaforme strategiche applicative – sottolinea – In questo senso un’adozione più estesa delle partnership pubblico-private potrà, senza dubbio, comportare l’apertura di nuove fonti di risorse finanziarie”, ha aggiunto.
Un po’ lo stesso senso si può trovare nelle parole degli amministratori delegati venuti a Venezia: dei principali operatori tlc, vendor di reti, multinazionali del software. Apprezzano l’impegno, ma ora vogliono fatti, perché l’Italia ha ritardi che frenano economia e occupazione.
Chiedono un nuovo impegno all’Europa gli operatori tlc, con un documento comune: verso una “cornice regolatoria europea che favorisca gli investimenti, semplificata e amica del digitale”.
E’ la prima volta che i principali operatori europei condividono un documento per premere sull’Europa. Segno che il momento è giusto, per cogliere l’opportunità di cambiare. Ma significa anche che il tempo degli indugi è davvero finito. Per l’Europa e soprattutto per l’Italia.