La direttiva europea sulla sostenibilità delle filiere, nota come Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), Supply Chain Act, Direttiva (UE) 2024/1760 o, ancora, CS3D, è stata approvata dal Parlamento Europeo (con 374 voti a favore, 235 contrari e 19 astensioni) e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il 5 luglio 2024, diventando legge a partire dal ventesimo giorno successivo a questa data.
Cos’è e cosa prevede la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD)
Con l’entrata in vigore della normativa, che stabilisce requisiti di Due Diligence per le imprese, le organizzazioni di tutti i settori economici diventeranno responsabili per gli impatti negativi, reali o potenziali, sull’ambiente e sui diritti umani derivanti non solo dalle proprie attività, ma anche dalle relazioni commerciali con fornitori e subfornitori.
In pratica, attraverso la nuova direttiva, l’UE mira a implementare modelli di business e strategie di sviluppo che rispettino i principi ESG, con l’intento di diminuire l’impatto ambientale e allinearsi agli obiettivi dell’Agenda 2030, che include i 17 SDG (Obiettivi di Sviluppo Sostenibile).
Nello specifico, la CS3D mira a:
- Incorporare pratiche aziendali etiche all’interno delle politiche e dei sistemi di gestione;
- Rilevare, analizzare e classificare gli impatti negativi, sia reali che potenziali, sui diritti umani e sull’ambiente;
- Agire per prevenire, ridurre o eliminare gli effetti negativi, offrendo soluzioni correttive quando necessario;
- Coinvolgere in modo attivo le parti interessate e stabilire efficaci meccanismi di gestione delle lamentele;
- Valutare l’efficacia delle azioni intraprese e rendere pubbliche le informazioni due diligence.
La CSDDD si inserisce, dunque, all’interno del quadro di altre iniziative come la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) e il Regolamento UE sulla Tassonomia, che sono parte del Green Deal europeo.
Ambito di applicazione della CSDDD e tempistiche di adeguamento
L’ambito di applicazione della direttiva CSDDD è stato oggetto di un lungo dibattito politico, con preoccupazioni sollevate riguardo alle potenziali ricadute sui costi degli approvvigionamenti industriali, sulle imprese stesse e su nuove probabili spinte inflazionistiche. Tuttavia, nell’ultima versione della direttiva, queste preoccupazioni sono state attenuate attraverso un’applicazione graduale e proporzionale, grazie anche all’intervento del Governo italiano che ha negoziato una soglia dimensionale più alta per le imprese soggette a compliance.
La Direttiva (UE) 2024/1760 deve ancora essere integrata nel diritto nazionale degli Stati membri, con una scadenza fissata per la metà del 2026. La sua attuazione è prevista tra il 2027 e il 2029, variando in base alla dimensione dell’impresa.
In particolare:
- A partire dal 2027 le aziende con oltre 5mila dipendenti e un fatturato che supera i 1.500 milioni di euro;
- A partire dal 2028 le aziende con oltre 3mila dipendenti e un fatturato che supera i 900 milioni di euro;
- A partire dal 2029 tutte le altre aziende che rientrano nel campo di applicazione della direttiva, ossia quelle con più di mille dipendenti e un fatturato superiore a 450 milioni di euro.
Appare evidente che, almeno al momento, ne rimangono escluse PMI e microimprese, che comunque potrebbero rimanerne coinvolte indirettamente qualora parte integrante di filiere di grandi aziende.
CSDDD, obblighi e responsabilità per le grandi aziende
Sotto il regime della Corporate Sustainability Due Diligence Directive, le responsabilità delle aziende si intensificano significativamente. Le realtà interessate dalla legislazione CSDDD dovranno, infatti, adottare e implementare un sistema basato sul rischio per monitorare, prevenire o porre rimedio alla violazione dei diritti umani o ai danni ambientali identificati dalla direttiva.
Qualora venga identificata una inadempienza di tali diritti o un danno ambientale, le imprese dovranno adottare le misure appropriate per prevenire, mitigare, far cessare o ridurre al minimo gli impatti negativi derivanti dalle proprie attività, da quelle delle loro filiali e dei loro partner commerciali che agiscono sulla loro catena di attività. Inoltre, secondo il Consiglio UE, le aziende interessate dovranno inoltre adottare e mettere in atto un piano di transizione climatica in linea con l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.
Opportunità di business per le PMI italiane
Mentre la CSDDD rappresenta una sfida significativa per le grandi imprese, potrebbe anche offrire opportunità di business per le PMI italiane. Inevitabilmente, le grandi società dovranno attivarsi per limitare i rischi e mantenere come fornitori solo le realtà, anche di piccole dimensioni, in grado di rispondere alle richieste di informativa sulle questioni rilevanti di sostenibilità ambientali e sociali e fornire adeguate certificazioni. Sotto questo profilo, la Corporate Sustainability Due Diligence Directive potrebbe rappresentare un’opportunità per le PMI italiane, poiché molte multinazionali potrebbero sceglierle al posto di fornitori low cost (esteri o in dumping sociale o ambientale) con profili di rischio più alti.
Sfide e adempimenti per la compliance alla nuova direttiva
Le aziende dovranno innanzitutto determinare se rientrano nella portata applicativa della CSDDD. Questo implica valutare le dimensioni e il fatturato dell’azienda per capire se si è soggetti agli obblighi comunitari. Una volta stabilito che l’impresa è soggetta alla direttiva, sarà necessario formulare un piano di adeguamento che dovrà includere una serie di misure per verificare il proprio operato e quello delle società con cui si hanno rapporti commerciali.
Le aziende dovranno introdurre misure per monitorare e verificare le loro attività, così come quelle dei loro fornitori e subfornitori. Questo include, come già accennato, l’implementazione di sistemi per prevenire, correggere o minimizzare gli impatti negativi sull’ambiente e sui diritti umani. Ecco perché sarà essenziale implementare sistemi di monitoraggio basati sul rischio per identificare e gestire le potenziali violazioni dei diritti umani e i danni ambientali. Questi sistemi devono essere in grado di rilevare tempestivamente qualsiasi problema e attivare le misure correttive necessarie.
Come integrare la CSDDD in un framework di Risk Management: alcune best practice
Con l’entrata in vigore della Direttiva (UE) 2024/1760, le aziende si trovano di fronte alla sfida di integrare questa nuova normativa nel loro quadro di gestione del rischio. Il monitoraggio delle catene del valore e la gestione degli impatti ambientali rappresentano un banco di prova, specialmente per quelle imprese che attuano per la prima volta misure di due diligence e desiderano farlo nel modo più efficiente ed efficace possibile.
Fare tesoro dell’esperienza accumulata negli anni precedenti
La buona notizia è che la conformità alla CSDDD non richiede necessariamente di partire da zero. Le aziende possono, infatti, sfruttare l’esperienza maturata con normative nazionali esistenti, come la legge tedesca sull’obbligo di diligenza nella catena di approvvigionamento e la legge francese sull’obbligo di vigilanza. Queste regolamentazioni si basano sui Principi guida dell’OCSE sulla condotta responsabile delle imprese, offrendo così un terreno già parzialmente esplorato su cui costruire.
Coordinamento delle competenze
Per un’implementazione di successo della CSDDD, diventa cruciale coordinare un ampio ventaglio di competenze all’interno dell’azienda. Per questo, sarà necessario coinvolgere team operativi con una profonda conoscenza delle operazioni aziendali, delle questioni relative ai prodotti, della conformità legale e dei sistemi di gestione del rischio, oltre a esperti in tematiche di sostenibilità.
Centralità dell’analisi dei rischi
La Corporate Sustainability Due Diligence Directive richiede un monitoraggio approfondito delle catene del valore e degli impatti sulla sostenibilità e, per questo, la Risk Analysis rimane un pilastro fondamentale che si struttura come processo a più fasi. Inizierà con un’analisi astratta basata su classi di rischio (rischio Paese, settore, tipo di servizio/consegna e fatturato), seguita da un’analisi più dettagliata per i fornitori particolarmente vulnerabili. Gli esempi di rischi ambientali includono impatti negativi sulla biodiversità, inquinamento marino e violazioni dei requisiti per la gestione dei rifiuti pericolosi. Le analisi e le conclusioni devono essere documentate in modo verificabile e integrate nei processi aziendali esistenti.
Garantire l’efficacia
L’intero processo di gestione del rischio deve essere efficace. È essenziale definire meccanismi di controllo interno per ogni nuovo processo e sviluppare modelli per verifiche di adeguatezza proporzionate. KPI chiari permettono di identificare sinergie con altre normative ambientali applicabili, come la CSRD. Questi indicatori possono includere il livello di emissioni di gas serra, dati sulla gestione dei rifiuti e violazioni delle normative ambientali.
Gestione dei contratti
La direttiva prevede la richiesta di garanzie contrattuali da parte di un partner commerciale diretto e, se necessario, un piano d’azione di prevenzione. È fondamentale chiarire le aspettative con i fornitori attraverso un codice di condotta formale, che definisca chiaramente gli obblighi di cooperazione per affrontare gli aspetti ambientali lungo la catena di approvvigionamento.
Vantaggi per cittadini e aziende
La Commissione Europea stessa ha evidenziato i vantaggi derivanti dall’applicazione di questa direttiva. Se per i cittadini i benefici includono migliore tutela dei diritti umani, compresi quelli dei lavoratori, un ambiente più sano per le generazioni attuali e future, maggiore fiducia nelle imprese e trasparenza che abilita scelte più informate, dall’altro lato le aziende traggono vantaggio da un quadro giuridico armonizzato nell’UE, che crea certezza del diritto e condizioni di parità, fiducia da parte dei clienti, impegno dei dipendenti, migliore consapevolezza dell’impatto negativo delle attività sull’ambiente e sui diritti umani, ma anche una gestione del rischio più efficace e una maggiore capacità di adattamento.
Inoltre, le imprese diventano più attraenti per i talenti più brillanti e giovani (da sempre attenti a queste tematiche), così come per gli investitori orientati alla sostenibilità e i committenti pubblici, mentre si intensifica l’attenzione all’innovazione e si migliora l’accesso ai finanziamenti.