Nel decennio che abbiamo trascorso, dal 2000 al 2010, le
tecnologie ICT hanno mostrato un progresso straordinario in
termini di diffusione del loro impiego in tutte le attività
umane. Citiamo qui alcuni indicatori importanti. Per quanto
riguarda la penetrazione delle telecomunicazioni a livello
planetario, a fine 2010 ci sono quasi 5 miliardi di
utenti di telefonia radiomobile e oltre 2 miliardi di utenti di
Internet. Il traffico di trasmissione dati che circola
nelle reti mobili, in Internet e nelle reti private è
cresciuto del 40% all’anno negli ultimi cinque anni, e
raggiunge a fine 2010 la straordinaria cifra di oltre 20
exa-byte al mese (un exa-byte è 10 elevato alla 18 byte, e
cioè è un miliardo di miliardi di byte!). Il traffico mobile
è destinato a crescere nei prossimi 5 anni con un tasso del
100% all’anno, mentre è il video
l’applicazione che consuma più traffico: nel 2010
rappresenta già il 50% del traffico totale in
rete e nei prossimi 10 anni raggiungerà
valori dell’ordine dell’80% del
totale. Anche la quantità di informazione digitale
immagazzinata nelle memorie elettroniche, magnetiche e
fotoniche, si accumula in rete con velocità vertiginosa: un
recente studio mostra che l’informazione globale
memorizzata nei sistemi informativi del pianeta a fine del 2010
è uguale a circa un zetta-byte (un zetta-byte è pari a mille
exa-byte!) e cresce del 50% all’anno.
In un recente rapporto di Morgan Stanley viene previsto il
sorpasso degli accessi mobili a Internet rispetto agli accessi
da postazioni fisse, entro quattro anni da oggi, e cioè entro
il 2014. A fine 2009 Internet è popolata da circa 1,3 miliardi
di utenti “desk-top” e da circa 700 milioni di
utenti mobili. Mentre la crescita degli utenti fissi è
limitata dal numero di abitazioni (circa 2 miliardi),
l’accesso mobile a Internet tende a raggiungere tra un
decennio gli oltre 4 miliardi di abitanti del pianeta che già
oggi usano i telefoni cellulari. Una vera e propria
“rivoluzione della radio” si infatti è verificata
a partire dall’inizio di questo secolo con il fiorire
delle tecnologie senza fili (wireless), che si prospettano come
pervasive di tutte le attività umane e abilitano in
prospettiva la cosiddetta “Internet delle cose”,
ove gli oggetti che ci circondano diventano
“intelligenti”, grazie alla dotazione di
nano-calcolatori, e comunicano in rete via radio. Per quanto
riguarda le tecnologie wireless a larga banda
di tipo radiomobile cellulare, ci sarà quindi una
travolgente crescita nel prossimo decennio,
passando dai correnti sistemi di terza generazione (3G) che
offrono ormai velocità di trasmissione dell’ordine dei
Megabit al secondo (sistemi HSPA, High Speed Packet Access), ai
sistemi di quarta generazione (4G – LTE, Long Term
Evolution) che permetteranno velocità dell’ordine dei
100 Megabit al secondo.
In parallelo allo sviluppo delle comunicazioni wireless, le
comunicazioni da postazioni fisse evolvono verso
l’impiego delle fibre ottiche per la realizzazione delle
cosiddette reti NGN (Next Generation Networks) che consentono
il dispiegamento delle fibre fino a casa degli utenti e il
raggiungimento di velocità di trasmissione dati che vanno dai
100 Megabit fino a 1 Gigabit al secondo.
I dispositivi portabili per l’accesso a Internet in
mobilità, quali iPhone e iPad, hanno aperto nuove strade per
la fruizione dei servizi a rete da parte dei consumatori.
Questi terminali sono dotati di nuove tecnologie (sensori di
movimento – giroscopi; schermo sensibile al contatto –
touch screen; ricevitori GPS- Global Positioning System – per
il posizionamento geografico) che ne esaltano le capacità di
uso e in un certo senso banalizzano la tecnologia stessa per
potenziare l’uso delle applicazioni e dei servizi.
Nel futuro i dispositivi mobili saranno dotati di sensori
capaci di interagire via radio con l’ambiente
intelligente circostante, con l’Internet delle cose, e
serviranno per accedere ad un vasto menù di servizi di
contesto ambientale, quali: pagare parcheggi, ricevere
informazioni locali, aprire varchi e porte. Il paradigma
vincente tuttavia oggi è quello dell’Apple Store, e
cioè di un servizio di distribuzione online di musica, video,
applicazioni, ecc., secondo il modello del “Cloud
Computing”, del “calcolo nella
nuvola” o meglio dei “servizi a
nuvola”, offerto da un fornitore di prodotti, di
interfacce d’utente: Apple.
La catena del valore in Internet
È interessante osservare come si articola la catena del valore
in Internet ed in particolare come si ripartisce il mercato
della Rete tra le imprese e i consumatori. Un recente rapporto
di AT Kearney fa riferimento alla classificazione in cinque
settori di mercato, e relativa a:
• interfacce d’utente, dispositivi terminali e
applicazioni;
• connettività, reti di accesso, di transito e core;
• servizi di tecnologie abilitanti, housing e hosting,
fatturazione, pagamenti, pubblicità;
• servizi online, comunicazioni, contenuti, ricerca,
intrattenimento, transazioni; • diritti sui contenuti,
posseduti dai media e generati dagli utenti.
Con riferimento al fatturato globale dei vari settori
dell’anno 2008 per complessivi 1.900 miliardi di US$, la
ripartizione dei ricavi è la seguente: servizi online 62%;
connettività 17%, interfacce utente 16%, servizi abilitanti
3%, contenuti 2%. Molto importante è la distinzione tra ricavi
di tipo globale e ricavi locali, dal punto di vista geografico:
la connettività è un mercato locale, mentre tutti gli altri
settori sono globali. Si osserva che i diritti sui contenuti
comportano ben pochi ricavi su Internet.
Molto significativo poi è l’indicatore di redditività
degli investimenti nel settore, che in termini di ROCE (Return
on Capital Expenditure) si ripartisce così: interfacce utente
25%, servizi online 21%; contenuti 14%. servizi abilitanti 13%,
connettività 11%. Gli operatori di servizi online non solo
operano su un mercato globale, ma hanno anche una redditività
doppia rispetto agli operatori di telecomunicazioni.
Inoltre, risulta che il 62% del mercato complessivo di 1.900
miliardi è costituito da ricavi business e il restante 38% da
ricavi consumer. I servizi online rappresentano ben l’80%
dei ricavi business, contro il 33% dei ricavi consumer. La
connettività, invece, vale soltanto il 10% dei ricavi
business, contro il 35% dei ricavi consumer. Queste
considerazioni fanno capire perché il modello di erogazione
dei servizi IT “as a service” del Cloud Computing
è molto attraente e perché tutti vogliono diventare erogatori
di servizi Cloud: da Apple, agli operatori di
telecomunicazioni.
Gli operatori di telecomunicazioni offrono in aree geografiche
limitate servizi di connettività con margini bassi e in calo e
sono schiacciati dagli operatori Over The Top (OTT) che, liberi
dal peso di infrastrutture capillari di rete, offrono servizi
applicativi online ad alto margine per un mercato globale.
D’altro lato i fornitori di prodotti terminali, di
interfacce d’utente, si stanno diversificando verso la
fornitura di servizi online grazie all’accesso garantito
dai terminali stessi e alla fidelizzazione dei clienti.
E’ recente la disputa tra Apple e gli operatori
radiomobili per l’uso della SIM card virtuale di Gemalto
al posto di quella fisica degli operatori. Apple identifica
infatti tramite carta di credito i propri clienti di servizi
online nonché di servizi di manutenzione dei dispositivi
terminali.
ICT per l’energia: Smart Grid
Il rispetto per l’ambiente è una priorità ineludibile
per uno sviluppo sostenibile del pianeta che ha assunto livelli
di massima rilevanza nazionali e internazionali. La tecnologia
ICT mette a disposizione strumenti che abilitano e affiancano
le trasformazioni in atto e quelle attese nei processi di
produzione, distribuzione, stoccaggio e utilizzo delle risorse
(energia, aria, acqua, ambiente). I temi rilevanti per
l’energia del futuro sono: risparmio energetico,
riduzione delle emissioni di gas serra, ricorso a fonti di
energia rinnovabili e distribuite, erogazione flessibile
dell’energia e gestione intelligente dell’energia
negli edifici, nei trasporti, nei sistemi industriali.
La strategia 20-20-20 approvata dall’EU nel 2008 impegna
l’Unione entro il 2020 a raggiungere i seguenti
stringenti obiettivi:
• riduzione delle emissioni di gas serra del 20%,
• aumento dell’efficienza energetica del 20%,
• aumento del consumo di energia da fonti rinnovabili del
20%.
L’ICT è a sua volta sia un settore industriale soggetto
all’applicazione dei requisiti illustrati (Green ICT,
ovvero: Green IT e Green Telco), sia uno strumento importante
per poter rispettare questi requisiti in tutti gli altri
settori industriali, dai trasporti all’agricoltura (ICT
for Green). Senza azioni di contrasto (business as usual) la
tendenza mondiale è quella di un rilevante aumento
dell’emissione di CO2, sia in generale, sia del settore
ICT specifico. Le riduzioni dovranno riguardare
complessivamente il 40% del valore atteso al 2020 (circa 22
GtCO2e, tonnellate di CO2 equivalenti, su 52). Le riduzioni
abilitate dall’ICT negli altri settori sono pari ad un
terzo del fabbisogno (circa 8 GtCO2e) e sono 5 volte superiori
alle emissioni inerziali del settore ICT nel 2020 (circa 1,4
GtCO2e).
I settori dell’energia, degli edifici, dei trasporti e
dei sistemi industriali sono responsabili di oltre il 75% delle
emissioni di gas serra, e in particolare il settore della
distribuzione dell’energia contribuisce per ben il 30%
delle emissioni. Le riduzioni abilitate dall’ICT in
questi settori sono molto importanti: e si ripartiscono così:
• 27% – energia intelligente (Smart Grid),
• 28% – edifici intelligenti,
• 28% – trasporti intelligenti (Electric Vehicle),
• 17% – motori intelligenti.
L’ICT abilita la riduzione dell’impatto
ambientale realizzando il monitoraggio e il controllo dei
sistemi a rete, quali appunto la distribuzione di
energia, le abitazioni e gli edifici, i trasporti, le utilities
e i sistemi di produzione industriale. Ma le modalità con cui
si esplica l’ICT for Green comprendono anche gli altri
importanti aspetti di de-materializzazione (informazione
digitale) e di introduzione di servizi di comunicazione evoluta
che siano sostitutivi degli spostamenti (telepresenza).
Particolare rilevanza assumono i
sistemi ICT nella realizzazione delle Smart
Grid e cioè delle future reti di distribuzione
dell’energia che impiegano sofisticate tecniche di
monitoraggio e controllo elettronico per consentire il
miglioramento della qualità dell’energia, la riduzione
delle emissioni di gas serra, la generazione diffusa e
discontinua dell’energia (tramite energie rinnovabili per
le abitazioni, gli edifici e le fabbriche), e un comportamento
proattivo da parte degli utenti della rete di energia,
consentendo loro di essere sia consumatori che erogatori di
energia, e permettendo il diffondersi di tecniche di
tariffazione dinamica e di forniture su domanda.
Le reti di distribuzione dell’energia subiranno nei
prossimi decenni una rivoluzione epocale paragonabile a quella
che si è verificata nell’informatica nel passaggio dai
sistemi centralizzati, del tipo mainframe, ai sistemi
completamente distribuiti e “autonomici”, del tipo
peer-to-peer. La rivoluzione delle Smart Grid è abilitata
dalla tecnologia ICT che contribuisce ai vari aspetti della
loro realizzazione, tra cui:
• I contatori intelligenti, gli Smart Meters, che
costituiscono i punti terminali verso gli utilizzatori/
produttori di energia, ed assumono la valenza di veri e propri
“portali intelligenti” nella rete informativa delle
Smart Grid.
• I sistemi di monitoraggio, comunicazione e controllo che
vanno impiegati ai vari livelli delle Smart Grid (la casa,
l’edificio, il comprensorio, l’area) per la
generazione e il consumo dell’energia, compresa la
gestione dei veicoli elettrici.
• I sistemi di gestione e amministrazione delle Smart
Grid, compresi i sistemi di tariffazione dinamica e i
pagamenti.
In Italia l’Enel ha praticamente completato il proprio
sistema di telelettura dei contatori, iniziato
pioneristicamente all’inizio del secolo, ed è oggi
protagonista in Europa per lo sviluppo degli standard degli
Smart Meter. La realizzazione delle Smart Grid, così come
quella del Public Cloud, richiede infatti enormi sforzi di
normalizzazione e standard adeguati di interoperabilità e
sicurezza informatica per sistemi ICT di grande complessità.
Negli Stati Uniti il Governo Federale ha stanziato 7 miliardi
di US$ per lo stimolo nazionale alle Smart Grid nel 2010,
mentre le iniziative di standardizzazione si svolgono sotto
l’egida del NIST (National Institute of Standards and
Technology) e coinvolgono sia l’IE TF (Internet
Engineering Task Force) che l’IEEE (Institute of
Electrical and Electronics Engineers).
Nel 2010 l’IEEE ha lanciato un programma
integrato sulle Smart Grid coinvolgendo tutte le
branche dell’ingegneria elettrica ed elettronica, dal
signal processing, al power control, al networking, al software
engineering. Uno degli aspetti affrontati è quello
dell’educazione dei nuovi ingegneri alla progettazione e
alla gestione delle Smart Grid, un settore che si prospetta in
forte evoluzione nei prossimi ventitrenta anni e che richiede
esperti con conoscenze in energetica, informatica,
comunicazioni, automatica, ed elettronica.
I servizi a nuvola e la metafora di Internet
Google, Amazon, eBay, Apple, sono i pionieri del modello di
distribuzione dei servizi a nuvola per i consumatori e per le
piccole aziende. Questo modello, da sempre presente in
Internet, sta per essere adottato anche dalle imprese, da tutte
le imprese, grandi, medie e piccole, ed è destinato a
diventare pervasivo nell’arco dei prossimi dieci anni.
Non si tratta soltanto di offrire online applicazioni e
business processes, con pagamento a consumo (Software as a
Service, SaaS), ma anche di servizi di middleware, e cioè
della fornitura “as a service” degli strumenti di
sviluppo delle applicazioni stesse (Platform as a Service,
PaaS). E’ ciò che fa Apple fornendo gli strumenti di
sviluppo delle applicazioni che vende nel suo Apple Store.
Inoltre, il CSP offre come servizio anche le infrastrutture
hardware tipiche dei Data Center: server virtualizzati,
memorie, e reti (Infrastructure as a Service, IaaS).
I fornitori di servizi Cloud sono quindi differenti dagli
storici ASP (Application Service Provider) perché offrono
anche piattaforme e infrastrutture, oltre che applicazioni, e
perché sono costituiti in generale da associazioni di
operatori (ciascuno specializzato appunto in hardware,
middleware e software) che si presentano unitariamente sul
mercato delle imprese. Mentre il modello a nuvola di tipo
generale, detto “pubblico”, è immediatamente
applicabile alle piccole imprese, le medie e le grandi imprese
(le banche ad esempio) possono ricorrere più convenientemente
a modelli a nuvola di tipo “privato” e
“ibrido”. Nel modello Private Cloud, una grande
banca o una federazione di banche centralizzano
progressivamente i servizi IaaS, PaaS e SaaS e li offrono a
consumo all’interno dell’organizzazione o della
federazione. Questo modello mitiga drammaticamente le
problematiche di adozione delle forniture Public Cloud da parte
delle grandi aziende, relative alla sicurezza e privatezza dei
dati, e ai complessi aspetti contrattuali (si pensi soltanto
alla natura trans-nazionale dei contratti e alle legislazioni
nazionali). Inoltre, la realizzazione del Public Cloud richiede
l’adozione di standard adeguati di interoperabilità e
sicurezza informatica per sistemi ICT di grande complessità.
Nel modello Hybrid Cloud, l’impresa o la federazione
d’imprese si approvvigionano in parte con servizi Private
Cloud e in parte con servizi Public Cloud.
Il modello di fornitura dei servizi a nuvola è applicabile a
tutti, consumatori e imprese, e promette il raggiungimento di
due grandi obiettivi: 1) una diminuzione dei costi
dell’IT aziendale (hardware, licenze software, personale
addetto) con trasformazione dei costi da Capex a Opex; 2) un
aumento dell’agilità aziendale, in termini di
flessibilità e rapidità di immissione sul mercato di
prodotti/servizi innovativi e competitivi.
Il Cloud Computing avrà un impatto molto significativo nei
prossimi dieci anni sul mercato dei servizi e dei prodotti ICT
per le imprese e per le pubbliche amministrazioni. In un
recente rapporto, Forrester stima che il mercato mondiale ICT
del 2010 sia di circa 2.400 miliardi di US$, di cui la metà va
alle telecomunicazioni (70% ai servizi e 30% ai prodotti per
gli operatori e per le imprese). L’altra metà va
all’IT ed è ripartita in circa 250 miliardi per
l’IT Outsourcing e circa 950 miliardi per Servizi IT,
Apparati IT e Software. Il Cloud (che nasce nel segmento IT
Outsourcing) impatta su oltre il 70% dell’ultimo segmento
di mercato per un valore complessivo di oltre 700 miliardi di
US$. Gartner stima che il mercato mondiale del Cloud (pubblico
e privato) raggiunga i 150 miliardi di US$ nel 2013.
Tornando al mondo dei consumatori, che è stato pioniere
nell’adozione e nella diffusione dei servizi Cloud. I
servizi dei motori di ricerca sono servizi Cloud e Google offre
i servizi di e-mail e di telefonia come Cloud, gratis. Anche i
Social Network, come Facebook, offrono servizi di tipo Cloud,
per le foto, le applicazioni e i documenti. Salesforce. com
invece offre servizi Cloud alle piccole e medie imprese e
recentemente ha adottato la strategia di coniugazione del Cloud
e del Social networking, con l’intento di semplificare i
servizi Cloud per le imprese: “al punto di renderli
facili da usare come Facebook”. I servizi a nuvola sono
quindi una vera e propria metafora di Internet.
L’Italia verso la gara per l’assegnazione
delle licenze per il Mobile Internet
La crescente necessità di elevata capacità del backhaul tra
stazioni radio base è un fenomeno che sta caratterizzando lo
sviluppo vertiginoso degli accessi HSPA (High Speed Packet
Access), sia tramite terminali mobili (quali iPhone e iPad),
sia tramite “chiavette” per modem USB applicate ai
lap-top. Si prevede infatti che il traffico delle applicazioni
dati mobili a larga banda cresca vertiginosamente al ritmo del
100% all’anno nei prossimi cinque anni, mentre si stimano
oltre un miliardo di utenti mobili a larga banda alla fine del
2015.
Di conseguenza crescono le necessità, sia di banda tra le
stazioni base di terza generazione (3G), sia di disponibilità
spettrale: un utente HSPA che esegue un download occupa lo
spettro radio molto di più di un utente che telefona. Si sta
eseguendo una ristrutturazione (refarming) dell’uso delle
frequenze per i sistemi GSM e i sistemi 3G, spostando i sistemi
3G sulle bande molto più favorevoli a 900 MHz dei sistemi GSM,
e quest’ultimi sui 1.900 MHz oggi occupati dal 3G,
proprio al fine di favorire lo sviluppo dell’accesso
HSPA.
È assolutamente necessario avere a disposizione nuove bande
spettrali da dedicare agli accessi mobili a larga banda, in
particolare ai nuovi sistemi di quarta generazione (4G) di tipo
LTE (Long Term Evolution). Questi sistemi necessitano di ampie
porzioni dello spettro, in prospettiva dai 20 ai 70 MHz per
ciascun operatore, ove 20 MHz servono per i primi sistemi LTE
che hanno capacità di download di 100 Mbit/s, mentre i 70 MHz
serviranno per la generazione successiva dell’LTE (detta
LTE-Advanced) che promette fino a un Gigabit/s di download. Per
il lancio del nuovo sistema LTE in Europa sono previste due
possibili bande, quella che va da 2.500 a 2.690 MHz e che
appare tuttavia problematica per le comunicazioni out-door, e
quella UHF (Ultra High Frequency) da 790 a 862 MHz (9 canali
analogici da 8 MHz ciascuno), che deve essere messa a
disposizione dal “dividendo digitale” nella
transizione alla televisione digitale terrestre, ed è molto
attraente per l’economicità di realizzazione delle
infrastrutture 4G.
Molti grandi Paesi europei, tra cui Inghilterra, Francia e
Germania, hanno avviato le procedure di assegnazione agli
operatori wireless delle bande UHF tramite gare competitive,
nella prospettiva, sia di stimolare lo sviluppo della larga
banda mobile per la crescita del Paese, sia di incassare
interessanti introiti per le licenze. Per i 72 MHz citati di
banda UHF, in Germania hanno incassato circa 3,4 miliardi di
Euro, mentre nella finanziaria italiana di fine 2010 sono
previsti incassi pari a 2,4 miliardi di euro, circa 800 milioni
di euro per ciascuna delle tre licenze da 20 MHz da assegnare.
Nella distribuzione del dividendo digitale (esterno) ai sistemi
wireless il nostro Paese ha stentato a procedere perché le
bande UHF sono occupate dalle televisioni locali: nella
previsione fatta in finanziaria si prevede infatti che il 10%
dei 2,4 miliardi di euro incassati vada alle tv locali a titolo
di compensazione.
Purtroppo, nel nostro Paese la priorità è data ai servizi
televisivi e si sta oggi procedendo alla distribuzione del
dividendo digitale (interno) per assegnare nuove licenze di
televisione digitale terrestre con modalità di gara del tipo
beauty contest. In questo contesto appare evidente
l’enorme differenza che c’è tra i miseri incassi
che lo Stato fa assegnando l’uso dello spettro ai servizi
televisivi (i canoni d’uso sono commisurati ai fatturati
dei concessionari e spesso sono insignificanti, così come i
contenuti trasmessi sono spesso inesistenti), e gli strepitosi
incassi che lo Stato fa assegnando invece l’uso dello
spettro alle comunicazioni wireless (nelle previsioni del
Ministero del Tesoro lo spettro televisivo UHF viene assegnato
ai carrier per una cifra di circa 40 milioni di euro a MHz).