Le soluzioni al servizio di un contract management evoluto hanno conosciuto un vero e proprio boom durante l’emergenza pandemica. La necessità di lavorare da remoto senza per questo rallentare o peggio bloccare i flussi approvativi strategici, a partire da quelli legati alla contrattualistica, ha spinto molte imprese a digitalizzare strumenti e procedure, facendo leva sulle piattaforme di BPM (Business Process Management) per dare vita a workflow sicuri e conformi a norma di legge.
«Non solo, grazie al BPM è possibile definire ruoli e responsabilità in modo specifico all’interno dei processi, rendendo il digital workplace non solo un’opportunità per migliorare la resilienza operativa, ma anche per potenziare la tracciabilità di ciascuna operazione, a prescindere da dove sia stata effettuata o autorizzata». A parlare è Carlo Vismara, Head of Sales, Supply Chain & Procurement di Archiva Group, che sottolinea anche il ruolo fondamentale di un approccio corretto al contract management quando si tratta di sfruttare il BPM per semplificare le strategie di internazionalizzazione sul piano della gestione documentale. «Una governance centrale è essenziale per assicurarsi che le sedi estere e le consociate, pur godendo della loro autonomia operativa, rispettino le policy in materia di contrattualistica digitale stabilite dall’headquarter».
Who's Who
Carlo Vismara
Head of Sales, Supply Chain & Procurement di Archiva Group
Le premesse e gli obiettivi di un contract management efficace
Questo significa ingegnerizzare flussi, ruoli e processi in funzione dei quadri normativi che stabiliscono le azioni da intraprendere e le precauzioni da considerare per produrre, trattare e conservare in modo sicuro un documento informatico. «A maggior ragione se parliamo di contratti, visto che si tratta di documenti che rappresentano atti giuridicamente rilevanti», continua Vismara.
«Digitalizzare i contratti non basta: l’altra medaglia dell’efficienza operativa, infatti, è il mantenimento del valore probatorio. È del tutto inutile ricorrere alle soluzioni BPM più performanti del mercato e integrarle con componenti di machine learning se preliminarmente non è stato condotto uno studio che metta in evidenza tutti i requisiti normativi che vanno soddisfatti nella creazione di una procedura automatica di contract management».
Al contrario di quanto si possa immaginare, il tema non è solo quello della compliance normativa. In gioco ci sono le ragioni fondanti per cui conviene ricorrere al digital document management: la tracciabilità di ogni transazione e la possibilità di recuperare e condividere con gli stakeholder, in tempo reale, qualsiasi informazione contenuta negli archivi aziendali.
«Qualcuno, d’altra parte, non è ancora nemmeno consapevole di cosa voglia dire digitalizzare un documento”, precisa Vismara. «Non è infrequente che i responsabili amministrativi o i Chief Procurement Officer tengano i Pdf dei contratti più importanti sul proprio desktop. Al di là del fatto che in questo modo i documenti non sono certamente conservati a norma (e che nel momento in cui dovesse arrivare il controllo di un’autorità, la richiesta di un contraente o la necessità di andare in giudizio non sarebbe possibile produrli in tempi rapidi), il vero svantaggio sta nell’impossibilità di metterli a disposizione dei colleghi che potrebbero averne bisogno per portare a termine pratiche urgenti».
Cosa significa digitalizzare – davvero – i contratti e i flussi approvativi
Dematerializzare – e ancor più digitalizzare – un contratto vuol dire anche generarlo e conservarlo in repository sicuri e corredarlo di tag e metadati che consentano di mappare i log di sistema di ciascun utente che ha contribuito a redigerlo. Questo vuol dire essere in grado di tracciare tutto il processo di approvazione fino all’archiviazione, identificando con precisione ciascuno dei ruoli ricoperti dagli utenti e ricostruendo con accuratezza eventi accaduti a distanza di anni.
«Ma non solo: le piattaforme BPM dedicate al contract management di fatto abbattono i silos compartimentali, mettendo a disposizione di tutti i dipartimenti e gli utenti che abbiano le credenziali le informazioni contenute nei contratti», spiega Vismara. «Arricchendo i file con metadati e prevedendo dei sistemi di data extraction si possono letteralmente rendere vive queste informazioni, creando scadenziari e suddividere i documenti in funzione di criteri che agevolano le diverse funzioni di business. Da qui è possibile, inoltre, far discendere sistemi di analisi più mirati per il potenziamento dei rapporti con gli stakeholder, che individuino per esempio elementi ricorrenti o eccezioni a partire dalle categorie merceologiche o dalla tipologia di fornitori e clienti con cui l’azienda è chiamata a confrontarsi».
Gli interlocutori aziendali che potrebbero sprigionare il massimo potenziale dalle piattaforme di contract management avanzate sono molti: oltre ai responsabili delle aree acquisti e legal, più immediatamente impattati dall’implementazione di un sistema del genere, secondo Vismara anche i CFO e chi ha il compito di gestire le risorse umane possono riscontrare immediati benefici. C’è poi l’orizzonte ESG, a cui fa capo una serie di temi destinati a diventare dominanti nel mondo aziendale, soprattutto nel momento in cui, a partire da gennaio 2025, diverrà esecutivo l’obbligo di redigere bilanci di sostenibilità per le organizzazioni con più di 250 dipendenti. «Il bacino di utenza delle soluzioni di contract management si allargherà notevolmente, sia per l’esigenza di produrre informazioni che dimostrino quello che si sta dichiarando, sia soprattutto per abbattere l’uso di carta e consumabili per i processi di stampa e contenere gli sprechi».
Il contributo di Archiva: valore nella consulenza e nell’implementazione tecnologica
Archiva può supportare questa trasformazione aiutando le imprese ad affrontare le diverse fasi che caratterizzano l’adozione di una piattaforma di contract management. «Tendenzialmente le realtà aziendali hanno bisogno di sostegno su due aree in particolare», dice Vismara.
«La prima è quella dell’assessment, rispetto a cui siamo in grado di offrire consulenza per mappare i processi in essere e definire quelli da implementare. Un percorso di questo tipo implica la volontà di migliorare, non di replicare l’esistente, e a partire da questo concetto si prova a capire insieme al cliente se c’è margine per ricorrere a soluzioni di automazione. C’è poi il supporto sulla configurazione e sul deployment. Archiva ha scelto di sviluppare una piattaforma BPM con un approccio low code: questo significa che qualunque tipo di utente, anche senza un background tecnico, può – ovviamente dopo un’adeguata formazione – creare da zero nuovi processi senza scrivere una riga di codice. Ciò vale non solo durante la fase di avvio del sistema, ma soprattutto quando il progetto è andato live da tempo e le piattaforme necessitano di modifiche e integrazioni, in seguito a variazioni normative o semplicemente perché lo richiede il business, in base a inaspettati cambi di scenario».
Questo fa sì che i clienti siano di fatto autonomi dal vendor nello sviluppo della suite, e permette all’IT aziendale di affrancarsi dalle richieste quotidiane degli utenti alle prese con gli strumenti di produttività, che possono gestire autonomamente la modifica dei processi in funzione del tipo di attività da svolgere.
«Secondo noi è questa la strada da percorrere per favorire una vera transizione digitale», commenta Vismara. «Siamo convinti che se un utente finale che lavora nell’ufficio legale o nel dipartimento acquisti trova facilità nel dialogare con la piattaforma, riuscirà ad accrescere la propria fiducia negli ambienti digitali e collaborativi. C’è un altro aspetto a mio avviso molto importante quando si parla di piattaforme BPM low code», chiosa Vismara. «Rendono la digitalizzazione dei processi veramente alla portata di qualsiasi azienda: possiamo dimenticarci di quei progetti che duravano anni e che costavano dai 300 mila euro in su. Oggi bastano 15mila euro e un’implementazione di 3-6 settimane per cominciare a toccare con mano i primi benefici».