Reportage

Come portare le applicazioni di GenAI in azienda: esperienze italiane, strategie e soluzioni tecnologiche



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14 manager di importanti realtà del nostro Paese si sono confrontati su come stanno introducendo l’Intelligenza Artificiale dei processi di business, in una tavola rotonda organizzata da Digital360 in collaborazione con Ibm e Uno Informatica. Ecco cosa è emerso

Pubblicato il 28 nov 2024

Manuela Gianni

Direttrice, Digital4Executive



APPLICAZIONI GENAI

«Se qualcun altro distrugge il nostro vecchio modello di business, saremo rovinati. Ma se lo distruggiamo noi stessi, sopravviveremo». La frase, attribuita al giapponese Nobuhiro Tsunoda Chairperson, Ernst & Young Tax, riassume bene il pensiero che i top manager dovrebbero avere verso le applicazioni GenAI (basate cioè sull’Intelligenza Artificiale generativa), una tecnologia che sta cambiando le regole del gioco e che non può essere ignorata, perché il rischio è quello di vedersi sorpassati da chi, invece, ne ha colto per tempo le opportunità. Ma come affrontare, nel concreto, questa trasformazione?

Per dare risposta a questa domanda, Digital360 ha organizzato a Firenze una tavola rotonda in collaborazione con Ibm e Uno Informatica da cui sono emerse esperienze e approcci diversi ma significativi, a conferma del fatto che nelle aziende italiane il percorso di trasformazione è avviato. Hanno partecipato manager di Aetna Group, Alessanderx, BNP Paribas, C.F.P., Cassa depositi e prestiti, CIA CONAD, Florim Ceramiche, HDI Assicurazioni, Kering, Impresa Pizzarotti, Nexi, Pelliconi, Sacmi, che hanno condiviso le loro esperienze e dialogato con gli esperti presenti al tavolo.

AI Business: di cosa stiamo parlando

Ha aperto il dibattito Duccio Manganelli, Sales Manager di Uno Informatica, che ha premesso che «c’è un processo in corso che difficilmente sarà arrestato», e ha sottolineato che esiste una profonda differenza fra le applicazioni GenAI business e quelle consumer. «Il 100% dei modelli è addestrato sui dati pubblici, mentre meno dell’1% dei dati aziendali è presente nei Foundation Model. L’AI business si indirizza a questo 1% e per farlo serve soddisfare almeno due requisiti minimi: trust e transparency, ovvero fiducia e trasparenza, su dati, applicazioni e processi». Significa definire quali dati estrarre e come utilizzarli, preferire strumenti open da fruire indifferentemente on-prem, su cloud pubblico o privato e garantire la governance. «Tutto questo è possibile con WatsonX di Ibm, una piattaforma orientata alle aziende, facilmente utilizzabile, personalizzabile e che permette di tenere sotto controllo i rischi. Questa per noi è l’AI Generativa Enterprise: c’è un netto spartiacque con quella consumer».

WatsonX si declina in tre componenti necessarie per sviluppare applicazioni GenAI: WatsonX.ai, che incorpora tutto quello che serve per la gestione e lavorazione del dato, inclusi tutti i Foundation Model, ma già pre-addestrati e quindi facilmente adattabili. C’è poi watsonx.data, che ha una interfaccia per utilizzare e uniformare tutte le fonti di dati, ad esempio quelli del CRM o dei DB Sql. Il terzo modulo è quello Governance, che assicura il controllo sui processi e il rispetto di regolamenti, come AI Act, in tutte le fasi del progetto.

Una metodologia incentrata sulla co-creazione

Ma qual è la metodologia per sviluppare applicazioni GenAI utili alle aziende, ovvero per indagare sui dati, ottenere delle proiezioni, rispondere a esigenze delle varie funzioni di business, come HR, Marketing, Finance?

Il consiglio è di partire con un caso d’uso circoscritto e poi ampliare il raggio d’azione, collaborando con i partner.

Patrizia Guaitani, Distinguished Engineer, Technical Community & Client Engineering Director di Ibm, ha spiegato che, tramite l’utilizzo di un processo iterativo di co-creazione, il team da lei guidato sviluppa Proof of Experience (PoX) che trasformano le idee innovative in valore aziendale. «L’AI richiede quello che a me piace chiamare un ecosistema di cervelli, ancor più che in passato: non esiste la soluzione pronta all’uso, e ciascuno, cliente e fornitore, deve essere parte attiva e creatore. Sembra banale dirlo, ma per sviluppare i modelli bisogna partire da uno scouting sui dati, perché spesso si è convinti di avere dei dati perfetti, significativi, ma non è così, e oltretutto sono sparsi nei sistemi. Bisogna poi prepararli, allenarli, validarli, testare la soluzione, mettere in produzione e ritestare, in un circolo continuo. Tutto questo WatsonX lo fa con le tre componenti già citate».

I nuovi trend dell’AI generativa per il business

Un aggiornamento su alcuni aspetti innovativi dell’AI Business è stato fornito da Federico Della Bella, Senior Advisor Osservatorio Digital Transformation Academy, Politecnico di Milano nonché Partner, Data Insights and Organization Practice Lead, P4I.

Il docente ha parlato dell’importanza dei dati sintetici, che «stanno rivoluzionando il modo in cui le industrie accedono e utilizzano i dati su scala globale. Questo approccio innovativo prevede la creazione di dataset artificiali che replicano i dati del mondo reale, offrendo una soluzione alle sfide legate a informazioni limitate o sensibili.  

Altro trend notevole è l’AI multimodale, che «utilizza testi, immagini, audio e altri formati di dati per creare una visione sfumata del mondo, più vicina che mai a come il cervello umano lo percepisce. L’IA multimodale affronta sfide simili a quelle delle prime forme di intelligenza artificiale generativa, ma queste questioni sono più complesse, aumentando i rischi di conformità e legali legati alla tecnologia», ha detto l’esperto.

Della Bella ha parlato anche di agenti generativi autonomi, in grado di agire, e non solo di manipolare informazioni, gestendo catene di attività complesse, che richiedono workflow specifici, e di RAG (Retrieval Augmented Generation) che rispondono a diverse tipologie di task.  

Esperienze italiane: creare cultura è il punto di partenza

Un filo rosso che accomuna le esperienze delle aziende italiane presenti al tavolo è l’approccio all’AI come processo di change management. Perché i progetti abbiano successo, infatti, occorre preparare il terreno diffondendo conoscenza e coinvolgendo le persone. L’AI va comunicata correttamente sia per la portata trasformativa di questa tecnologia sia perché spaventa i lavoratori. La realtà è che non si sostituirà alle persone, come molti ancora temono: il suo scopo è liberare tempo in attività a basso valore aggiunto e aumentare le capacità e la creatività di chi la usa, ma è pur vero che molte professioni si stanno trasformando, come sempre accade quando l’innovazione fa un balzo in avanti. È il top management il primo a dover interiorizzare il cambiamento, acquisire consapevolezza per fare le scelte corrette, guidare e accompagnare le persone nell’adoption.

Per questo, la formazione è cruciale. Molte aziende hanno creato Academy interne, con corsi in presenza o percorsi di e-learning, designato ambassador, ovvero selezionato persone con il ruolo di pivot per guidare il cambiamento, avviato progetti pilota che fanno toccare con mano i vantaggi a chi utilizzerà le soluzioni. L’obiettivo di queste iniziative è anche generare idee dal basso, creando una sorta di laboratorio attivo, che aiuti anche a individuare use case specifici per poi avviare POC (Prove of Concept) e progetti pilota, oltre che a identificare i KPI e capire il ROI degli investimenti.

Le applicazioni GenAI già in uso nelle aziende italiane

Sono le aziende già abituate a ragionare in ottica data-driven e che hanno fatto esperienza con il Machine Learning quelle più all’avanguardia nello sviluppo di soluzioni di GenAI.

Nelle esperienze condivise alla tavola rotonda emerge, trasversalmente, un uso ormai pervasivo di strumenti come ChatGPT e chatbot intelligenti a supporto delle attività quotidiane in vari ambiti, una sorta di palestra per un gran numero di persone e ruoli, che certamente contribuisce a diffondere la conoscenza dei nuovi strumenti e aumentare la produttività.

Ma c’è molto di più. In ambito manifatturiero, ad esempio, si utilizzano telecamere supportate dall’AI per attività di Visual Recognition e Anomaly Detection, in grado di aumentare la qualità dei prodotti, rilevando i difetti: il vantaggio dei software di nuova generazione è che il sistema non ha più bisogno, come in passato, di essere allenato manualmente, perché apprende dai dati.

Altre applicazioni già in uso riguardano le applicazioni IoT (Internet of Things), ovvero l’analisi dei dati rilevati dai sensori in ottica predittiva. Ad esempio, dai sensori inseriti sulle macchine si possono ricavare dati che, analizzati, permettono di anticipare le manutenzioni, rilevare scostamenti fra stabilimenti diversi e metterne in luce le motivazioni, oltre che aumentare la sicurezza sul lavoro.

Un altro ambito molto esplorato è quello del Knowledge Sharing, ovvero la possibilità di interrogare documenti, conversazioni, ticket degli interventi di manutenzione e via dicendo per poter estrarre informazioni e mettere questa conoscenza a disposizione di tutta la popolazione aziendale. Queste soluzioni trovano vari impieghi: in produzione o sul campo, ad esempio, supportano i manutentori meno esperti, che possono avere informazioni dagli interventi precedenti e quindi fare propria l’esperienza di colleghi con maggiore anzianità; ancora, semplificano il lavoro di generazione dei documenti per le gare d’appalto, estraendo know how dalla documentazione già redatta in precedenza.

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