Performance, capacità, crescita e innovazione hanno nelle competenze Ict un medesimo comun denominatore, soprattutto in un mercato caratterizzato da processi basati su architetture tradizionali al fianco di una crescente ingegnerizzazione tecnologica.
E proprio le competenze, in ottica Modern Data Center, sono state al centro di un recente incontro organizzato da Ict4Executive, in collaborazione con Oracle, che ha riunito attorno a un tavolo quindici Responsabili Ict di grandi aziende, pronti a condividere opinioni e punti di vista su un percorso alla ricerca del giusto equilibrio tra massima rapidità ed elevata efficienza.
“Il Chief information officer deve poter interpretare le esigenze di business e garantire flessibilità – ha aperto la serata Stefano Mainetti, Co-direttore dell’Osservatorio Cloud & ICT as a Service della School of Management del Politecnico di Milano – e proprio per ottenere il giusto mix di competenze in direzione di quella semplificazione ormai prioritaria per concertarsi sulla vera innovazione, serve un’infrastruttura agile, scalabile e ad alte prestazioni, pronta a recepire Big Data, Mobility e nuovi processi di lavoro”.
La trasformazione di ruolo passa, infatti, per esigenze variabili e costanti richieste di contenimento dei costi.
“Per questo il Cio deve riuscire a ridurre la complessità – ha proseguito Mainetti -. Una strada percorribile è quella di far evolvere l’infrastruttura ponendo l’accento sul modern data center, in un orizzonte di competenze in evoluzione”.
E se il passo per arrivare a un modern data center automatizzato può sembrare difficile, non bisogna dimenticare che ormai, sempre di più, il business è dominato da pianificazioni strategiche dinamiche, che richiedono elasticità, aumento di valore e velocità di provisioning.
“Altro driver – ha aggiunto Mainetti – è rappresentato dalla possibilità di recuperare competenze anche da attività a basso valore aggiunto: la gestione di un’infrastruttura che si evolve rapidamente rappresenta un costo per l’organizzazione e non consente di liberare risorse per digitalizzare i processi di impresa. Un mezzo per ottimizzarne la capacità operativa è proprio quello di consumare meno risorse operative e dare più spazio ad attività di valore sui processi di business, liberando tempo-uomo. Bisogna, quindi, far maturare gli skill interni, anche se ciò comporta investire in un momento in cui ci sono costi da tagliare, oltre che standardizzare le procedure interne e il delivery delle risorse”.
Evoluzione infrastrutturale e di conoscenza vanno dunque di pari passo, spazio quindi a competenze manageriali, di innovazione, relazionali e di progetto, con cambiamenti in corso anche per profili architetturali e sistemistici, con una forte attenzione al presidio dei clienti interni.
“Governare fino all’ultimo bit è una rincorsa che il Cio non può sostenere né a livello di costi né di persone – ha concluso Mainetti -. Bisogna abbandonare la tradizionale visione di maestria artigianale per legarsi a infrastrutture ingegnerizzate che permettano di superare le aree di scopertura”.
Ed è qui che entra in gioco la capacità dei vendor di diventare specchio delle esigenze dei Chief information officer, seguendoli in questo cambiamento di ruolo, capendone le esigenze e soddisfacendone le necessità, perché cambiare il mix di competenze è sicuramente impegnativo.
“Sul mercato osserviamo una crescente affermazione del modello “SMAC”, ovvero social, mobile, analytics, cloud, dove per analytics si intendono i big data – ha esordito Emanuele Ratti, system country leader di Oracle -. Ma esistono altri tre pilastri: server, storage database e middleware security, in cui si registra forte complessità e larga presenza di competitor. Per questo bisogna semplificare la tecnologia e rendere maggiormente efficiente l’IT, liberando così risorse intellettuali.
L’ingegnerizzazione dei sistemi in direzione della semplificazione unisce obiettivi di efficienza e di standardizzazione, ottimizzando attività che non sono più in carico del cliente e garantendo accelerazione sulla potenza computazionale per nuovi sviluppi e nuove analisi fino a ieri non possibili, offrendo così un elevato recupero di marginalità e una ridefinizione dei ruoli e delle competenze”.
La parola ai Cio
Tecnologia innovativa e un foglio bianco su cui tracciare un percorso di valore, dunque, come realizzato da Banca Popolare di Milano che, con 149 anni di storia e un milione e mezzo circa di clienti finali, negli ultimi anni ha ridefinito il ruolo dell’It al suo interno.
“Fino a qualche tempo fa – ha raccontato Luigi Maisto responsabile It settore sistemi dell’istituto di credito, aprendo la discussione tra i partecipanti all’incontro -, l’Information Technology era considerata da Bpm come una commodity, in una visione tradizionale e lineare. Negli ultimi anni, però, si è trasformata in un supporto al cambiamento. Sono state ridotte le strutture organizzative di sede e iniziata una fase di spending review. Per quanto riguarda le infrastrutture, poi, la strada seguita è stata quella della semplificazione, con soluzioni ingegnerizzate e ottimizzazione delle risorse umane impiegate. Ad esempio, abbiamo affiancato al nostro database storico due Exadata Oracle su ognuno dei nostri due siti; scelta che ci ha permesso di ottenere un centro di competenze realmente trasversale per essere pronti a governare il mondo che cambia, muovendoci con più sicurezza anche nel “gap” di know how esistente”.
Da un’impostazione “full outsourcing”, Bpm si è orientata verso un profilo di “banca digitale” grazie anche a un refresh tecnologico con nuovi sistemi ingegnerizzati, che ha consentito la redistribuzione delle attività e delle risorse.
“Il cambiamento è ancora in corso – ha specificato Maisto – ma per far comprendere una volta di più l’importante ruolo dell’It, abbiamo dato vita a una sorta di “comitato” che si riunisce mediamente due volte al mese per produrre idee e scambiarsi opinioni, confrontandosi anche con le altre unit per dare veramente vita a nuovi progetti”.
“Il Cio deve evolvere – gli ha fatto eco Fabio Degli Esposti, Direttore Ict di Sea Aeroporti di Milano -, a maggior ragione rispetto alle nuove frontiere SMAC. Serve esperienza pragmatica sul campo, a quotidiano confronto con complessità, sicurezza, livelli di servizio, modernità, cambio di paradigma. Certamente bisogna essere capaci di comprendere e applicare le nuove opportunità offerte dalla tecnologia, affrontandole con attenzione e professionalità per una trasformazione di ruolo completa, sempre nell’ottica dei propri rispettivi business”.
“Il business richiede rapidità e per ottenerla un ruolo di rilievo è sicuramente giocato dai data center, anche per gestire il fenomeno dei big data, intesi come integrazione con dati non strettamente aziendali – ha evidenziato Tarcisio Zacchetti, Ict Director di Salumificio Beretta -. Serve costante attenzione a come evolve il mercato, in modo da far crescere le competenze per poter risolvere la complessità interna. Una strada che, però, non sempre è percorribile perché, spesso, le risorse sono risicate, senza che vi sia la necessaria ridondanza”.
“Stiamo guardando dal buco della serratura un problema molto vasto – è intervenuto Claudio Pieri, Cio di Lotto Sport Italia -. Oggi i data center non possono non tenere conto del cloud, principalmente nella sua veste ibrida, e della necessità di equilibrio con complessità, costi e mobility. I precedenti paradigmi stanno inesorabilmente mutando e così anche i rapporti tra It e front end aziendale, rispetto al fatto di avere delle risorse interne e delle professionalità esterne con cui confrontarsi, caratterizzati da diversi livelli di competenza, prospettive di soluzioni ed erogazione dei servizi”.
Considerazioni che hanno trovato sponda anche in Paolo Caffaratti, data center manager di TNT Express: “La continua innovazione tecnologica consente un più facile utilizzo, ma una integrazione rapida nei sistemi informativi esistenti è un traguardo ancora da raggiungere. Data center e servizi interni vanno di pari passo alla capacità del Cio di riuscire a far comprendere al management la differenza e l’importanza dell’It per il business. Un aiuto importante nella direzione di questo avvicinamento può venire dalla formazione, perché l’agilità richiesta non sempre è facile per le risorse interne senza una continua riqualificazione”.
Dario Bonavitacola, Responsabile Direzione Infrastrutture Tecnologiche, Servizi e Sicurezza di Gruppo Cedacri, ha invece spostato l’attenzione sull’innovazione, per cui, in generale, la dicotomia è tra strategia ed esecuzione, con ruoli in cambiamento: “La complessità che si sta generando è dovuta al fatto che le proposte di opportunità sono tante, ma per concretizzarle, le inclinazioni devono andare in direzione dell’execution. Ed è proprio a livello di data center che si sente maggiore necessità di concretezza, di processi strutturati e di capacità di gestire il cambiamento”.
Il servizio prima di tutto
“Abbiamo preso coscienza di una trasformazione – ha posto l’accento Milo Gusmeroli, vicedirettore generale e Cio di Banca Popolare di Sondrio -, ma prima di tutto bisogna avere chiaro lo scopo a cui mira l’infrastruttura
aziendale, che deve essere sì funzionale e performante ma, principalmente, erogare servizi. Anche i nuovi ruoli e il rinnovato capitale intellettuale dell’It devono diventare risorse di governance e porsi l’erogazione del servizio come obiettivo, con competenze tecniche ma sensibilità verso il cliente. Solo in questo modo si potranno coniugare i nuovi e ineludibili trend digitali con la realtà dei diversi ambiti di attività. Perché la trasformazione è importante ma non bisogna rinnegare la propria storia e concretezza, applicando correttamente l’innovazione al business, per il quale è indifferente se le risorse necessarie sono gestite internamente o provengono dall’esterno”.
“La mole di dati da gestire è estremamente elevata e, sicuramente, va trasformata in conoscenza – ha confermato Angelo Redaelli, Cio del marchio di elettroforniture Sacchi Giuseppe -. Per semplificare la complessità aziendale sempre crescente servono iniziative specifiche e strumenti adeguati, nonché risorse preparate ma soprattutto “portate” per approcciare questo percorso, non solamente dal lato tecnologico ma anche di business e di processo, in modo che l’It possa essere abilitatrice del successo d’impresa, in ottica servizi”.
E il servizio è anche il concetto attorno a cui ha fatto perno l’intervento di Ernesto Bonfanti, Direttore Centrale Ict di Gruppo Fiera Milano: “La guida di tutto è proprio il servizio da erogare al nostro cliente interno o esterno, in funzione del miglioramento dei processi della macchina operativa aziendale o di nuovi servizi digitali per il business. Gli aspetti infrastrutturali e tecnologici ne sono una conseguenza, spesso frastagliata e molteplice, che automaticamente chiede chiarezza, semplificazione e competenza”. A tutto tondo, anche in realtà multinazionali che devono affrontare la problematica considerando un ulteriore chiave: le differenti esigenze territoriali.
“Il nostro è un gruppo internazionale – ha puntualizzato Cristiano Guglielmetti, It Manager & Is Contract Manager di Air Liquide Healthcare – orientato al continuo miglioramento e rivolto al settore pubblico sanitario, che richiede estrema flessibilità. Il ruolo dell’It è quindi quello di riuscire a trovare il giusto equilibrio tra questi due punti di partenza, in cui big data e mobility stanno acquisendo un peso sempre maggiore. Competenze molto importanti sono dunque quelle dal punto di vista della business capability, all’interno di uno scenario di global infrastructure operation e riduzione di costi, per portare a fattor comune esperienze esistenti in diversi ambiti e realtà nazionali”.
In ambito pubblico si muove anche Graziella Dilli, Cio di Arpa Lombardia, sensibile al tema della dedizione al servizio: “Più che su singoli pezzi di tecnologia le competenze It devono concentrarsi sull’erogazione dei servizi, anche critici, dagli sviluppatori ai business analyst, per essere sempre pronti e reattivi alle esigenze dell’ente. E così deve essere anche da parte dei fornitori, per essere certi di concentrare gli sforzi nella medesima direzione, vale a dire innovazione e governance”.
La capacità di leggere il futuro
“Il mondo dei data center è in costante movimento – si è fermato a riflettere Dario Seghezzi, Direttore Sistemi Informativi della catena di retail Bricoman – ed è difficile immaginare cosa sarà delle competenze da qui a pochi anni. Nel costruire la squadra del futuro, prevarranno gli skill interni o emergeranno ulteriormente figure esterne cui demandare un numero sempre maggiore di attività, con libertà di disinvestire o non far crescere il personale aziendale su alcuni temi, affidandosi a specialisti al di fuori del perimetro aziendale?”.
Un dubbio lecito, al pari del richiamo all’autocritica lanciato da Giuseppe Galati, Cto di Che banca!, interpellato a latere della discussione: “Non sempre l’It ha saputo e voluto modificare la propria organizzazione per rispondere ai piani industriali delle società e non sempre è pronta a misurarsi con le richieste dei giovani colleghi presenti in azienda che, però, rappresentano al tempo stesso i nostri clienti, nonché una fucina di nuove idee. Per realizzare un vero cambiamento culturale, dobbiamo porci domande puntuali, pertinenti e con un linguaggio appropriato, in risposta a un mercato evoluto, che mette a disposizione di tutti i medesimi strumenti. Dobbiamo creare organizzazioni camaleontiche, pronte a recepire le esigenze di business e capaci di cambiare mentalità in corsa”.
Un’obiezione sostenuta anche da Enrico Cavalli, system administrator di Cineca, ente che come core business ha proprio la gestione It di università e mondo della ricerca, che ha sottolineato come, spesso, i sistemi informativi abbiano difficoltà a cambiare modo di pensare e lavorare.
La partita del business
I Chief information officer sono dunque pronti a giocare la partita del business grazie a una chiara evoluzione di mentalità.
“Per affrontare il cambiamento – ha tirato le somme il professor Mainetti – è emersa la chiave dei servizi in direzione del cliente. Bisogna, però, saper governare le tecnologie sottostanti e i processi che portano a questo servizio. La via è quella della standardizzazione e della certificazione delle persone”.
Ma serve anche tanta comunicazione: “L’It deve trovare un nuovo dialogo con le aziende – si è accomiatato dai partecipanti Emanuele Ratti -, un impegno che deve valere anche per i vendor, i quali devono avere chiare in mente le diverse esigenze dei propri clienti per supportarli in un percorso graduale verso la completa affermazione del servizio, con sistemi semplici e affidabili”.