Comprendere le opportunità offerte dalle nuove tecnologie digitali è un importante punto di partenza, ma la vera sfida è la trasformazione organizzativa. È l’opinione di Paolo Cederle, CEO di UBIS – UniCredit Business Integrated Solutions, realtà con 10 mila persone sparse in 11 paesi, intervenuto di recente a un evento organizzato da SAP a Cernobbio durante una tavola rotonda dal titolo: “La rivoluzione digitale tra sogno e realtà”.
«ll vero tema non è diventare esperti, anche perché le tecnologie sono tante e cambiano velocemente. È riuscire a costruire degli “environment” in cui si lavora in modo nuovo. Servono competenze diverse, non solo nell’informatica ma anche in altri ambiti. Ma il problema è come ne usufruisco». Lo scenario per le banche è profondamente cambiato. In passato, infatti, il cliente era l’ultimo anello di una catena sequenziale di persone che lo serviva: il marketing, le vendite, l’organizzazione, l’IT, il back office, la sicurezza. Un approccio che va radicalmente trasformato.
«Questo modello non funziona più. Per due motivi. Primo perché il cliente non usufruisce più, come prima, di un listino: anche nella filiale fisica, e non solo sui canali digitali, oggi non possiamo presentargli un foglio di carta con le varie possibilità. Il cliente vuole costruirsi il suo servizio, come ne ha bisogno adesso, per doddisfare tutte le esigenze che ha in questo momento, che sono diverse da quelle di domani». Il secondo motivo è che questo modello è troppo lento. «Un tempo i progetti per mettere in vendita nuovi prodotti duravano 12 – 18 mesi. Ora il prodotto cambia giornalmente, e questo implica all’interno un modo completamente di lavorare. Bisogna costruire modelli organizzativi, processi e culture, che compongono le competenze dinamicamente, per seguire quel cliente o per risolvere quel problema».
Questo approccio personalizzato porta a profondi cambiamenti, che riguardano la cultura delle persone, i modelli organizzativi, il modo di seguire il cliente. Sicuramente le tecnologie nuove svolgono un ruolo fondamentale e abilitante, «ma sono una delle componenti in gioco», ha detto Cederle. «Una delle frasi che citiamo con più favore dell’AD del nostro gruppo, Ghizzoni, è questa: Il mio sogno è entrare domani in una stanza e vedere le nostre persone di business e i clienti – e io aggiungo anche gli altri servizi – e non distinguere chi è l’uno e l’altro». L’ulteriore sfida, dunque è coinvolgere il cliente. E qui entrano in gioco i Big Data.
«Spesso interpretiamo il tema dei Big Data come una fonte per ricavare nuove informazioni utili per servire il cliente. La vera sfida è capovolgere il paradigma: riuscire a dare al cliente informazioni di cui lui stesso possa usufruire nella relazione con noi». UniCredit sta facendo i primi passi in questa direzione, per permette al cliente di accedere alla ricchezza informativa della banca. «Oggi Il Gruppo UniCredit dispone di circa 45 petabyte di dati e sono tutti dati ricchi, parlanti. Ma spesso non sappiamo utilizzarli, portarli al clienti. La vera sfida dunque è inglobare in questo lavoro congiunto anche il cliente in modo che lui sia in centro e noi possiamo a seguirlo con tutte le nostre competenze».