Non ha nulla a che fare con la contabilità e le scritture. Non è obbligatorio ma piace sempre più alle imprese e agli enti. Si tratta del bilancio di sostenibilità ovvero la prassi di comunicare periodicamente (ogni anno), in modo totalmente spontaneo, i riflessi dell’attività dell’azienda sull’ecosistema socio-ambientale in cui è inserita. L’obiettivo è promuovere una visione più completa dell’operato dell’organizzazione, che tenga conto non solo dei risvolti economico-finanziari ma anche dell’impatto sulla società e il territorio in cui è immersa.
In un’economia che è sempre più globale e interconnessa, consumatori e investitori sono alla ricerca di maggior trasparenza, in particolare per quel che riguarda tematiche che toccano da vicino la sensibilità personale dei cosiddetti stakeholder, i portatori di interesse verso l’azienda, che si tratti di soci, dipendenti clienti o investitori.
I dati dell’ultimo Osservatorio nazionale sullo stile di vita sostenibile di LifeGate evidenziano come ben 36 milioni di italiani, ovvero il 72% della popolazione maggiorenne del nostro Paese (era il 67% lo scorso anno), ritengono la sostenibilità un tema sentito o molto sentito.
Il 26% dei consumatori, inoltre, si dice disponibile a pagare un sovrapprezzo per l’acquisto di un prodotto o di un servizio con caratteristiche di maggior sostenibilità. A parità di rendimento, poi, anche l’89% dei finanziatori è più incline a privilegiare un investimento sostenibile rispetto a uno che non offre queste garanzie.
Cos’è il bilancio di sostenibilità o report di sostenibilità
“L’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”. È questa la definizione che l’Unione Europea dà del bilancio di sostenibilità nel 2001, citandolo all’interno del Libro Verde della Commissione UE. Cinque anni dopo, il Ministero dell’Interno italiano ha messo nero su bianco una definizione nazionale di questo documento aziendale.
“Il Bilancio Sociale è l’esito di un processo in cui l’amministrazione rende conto delle scelte, attività, risultati e dell’impiego di risorse in un dato periodo, in modo da consentire ai cittadini e ai diversi interlocutori di conoscere e formulare un proprio giudizio su come l’amministrazione interpreta e realizza la sua missione istituzionale e il suo mandato”.
In parole semplici, è il documento di carattere informativo con cui l’azienda comunica il proprio impegno (in gergo si chiama accountability o assunzione di responsabilità), gli obiettivi che intende raggiungere e i traguardi già ottenuti in tre aree chiave della relazione con il suo ecosistema di riferimento:
- Ambiente ecologico: come utilizza le risorse naturali e qual è il suo impatto ambientale
- Ambiente economico: come genera e ridistribuisce ricchezza, aiuta a far progredire il Paese e ridurre la disoccupazione
- Ambiente sociale: come tutela i diritti dei lavoratori, si impegna a ridurre i divari di genere e favorire la crescita del territorio in cui opera
Caratteristiche del bilancio di sostenibilità
Oggi consumatori e investitori sono sempre più attenti agli aspetti della riduzione dell’impatto ambientale delle attività e attribuiscono a questo valore un peso crescente nelle proprie decisioni di consumo e finanziarie.
Il bilancio di sostenibilità rappresenta, quindi, un incentivo allettante per le aziende che non sono obbligate per legge a redigere la dichiarazione non finanziaria ma che vogliono comunque pubblicizzare l’impegno dimostrato nel ridurre l’impatto ambientale e socio-economico della propria attività.
Scegliere di rendicontare la sostenibilità significa promuovere un modo di operare più trasparente e responsabile per l’azienda, che assicura vantaggi evidenti.
- Migliorare la Brand Reputation dimostrando un impegno concreto sulle tematiche ESG (Environmental, Social e Governance), superando i limiti del Greenwashing.
- Costruire un modello di business più solido e improntato alla resilienza operando un Risk Management più efficace che tiene conto degli effetti delle dinamiche socio-ambientali sulla Supply Chain e, più in generale, su tutta l’attività.
- Impegnare l’azienda nella rilevazione periodica dei dati relativi all’andamento della gestione aziendale, con la conseguenza di attuare un monitoraggio più granulare e un miglioramento continuo delle performance aziendali.
- Identificare e ridurre inefficienze e sprechi, a vantaggio dei risultati economico-finanziari.
- Aiutare a identificare minacce e opportunità di business attraverso una più attenta valutazione dell’ecosistema socio-ambientale di riferimento.
- Accedere un più ampio ventaglio di finanziamenti, per esempio quelli che rientrano nell’ambito dell’Impact Investing.
- Ridurre gli oneri finanziari potendo contare su iniezioni di risorse pubbliche (stanziamenti PNRR) e operando una gestione dei rischi più completa.
- Ampliare la platea dei clienti affacciandosi a nuovi mercati o nicchie di consumatori più attenti all’impatto ambientale e sociale dei propri comportamenti.
- Realizzare un elemento di differenziazione solido e duraturo rispetto alla concorrenza. L’attenzione ai temi della sostenibilità è, infatti, un denominatore comune alla maggior parte delle aziende di successo in questo periodo storico.
- Motivare, attrarre e fidelizzare i migliori talenti. I giovani lavoratori dimostrano una sensibilità sempre più alta rispetto alla dimensione etica dell’operato delle organizzazioni presso cui operano.
Quando è obbligatorio il report di sostenibilità
Il bilancio socio ambientale non è una prassi vincolante per le organizzazioni. L’obbligo di rendicontare iniziative e obiettivi legati alla responsabilità sociale d’impresa (CSR, Corporate Social Responsibility) riguarda infatti come già sottolineato la sola dichiarazione non finanziaria. La materia è disciplinata dalla Direttiva UE 95/2014 (Direttiva sull’informativa non finanziaria NFRD), recepita a fine 2016 dal Consiglio europeo e dal Parlamento Europeo, che ha reso la DNF un documento obbligatorio per alcune categorie di imprese ed enti.
La stesura di questo documento riguarda al momento le sole aziende di grandi dimensioni, con un attivo di stato patrimoniale superiore ai 20 milioni di euro oppure con ricavi netti superiori ai 40 milioni di euro; i gruppi che impiegano oltre 500 dipendenti su base consolidata e gli enti di interesse pubblico, come le case madri di grandi gruppi industriali. Le informazioni da includere nel documento sono quelle relative ad ambiente, rispetto dei diritti umani e parità di genere, anticorruzione e contrasto alla concussione.
Tutte le altre organizzazioni potranno comunque decidere di stilare su base volontaria un report di sostenibilità o bilancio di sostenibilità. La situazione sembra però destinata a cambiare presto.
La rettifica alla CSRD
Il 21 aprile 2021, infatti, la Commissione europea ha approvato una proposta di rettifica della Direttiva sulla Rendicontazione della Sostenibilità Aziendale (CSRD), che modifica gli attuali obblighi di rendicontazione contenuti nella NFRD.
La proposta estende il campo di applicazione dell’obbligatorietà di stilare la dichiarazione non finanziaria a tutte le grandi aziende e alle società quotate in Borsa a prescindere dalla loro dimensione (con l’eccezione delle sole microimprese).
Inoltre, istituisce l’obbligo di verifica (assurance) delle informazioni documentate nel rapporto di sostenibilità e richiede di etichettare digitalmente (taggare) i dati indicati, in modo che possano confluire in un macro database gestito a livello europeo. Infine, introduce una maggior granularità nei requisiti di rendicontazione, prevedendo quindi l’indicazione di informazioni più dettagliate, oltre all’obbligo di uniformarsi a standard validi nella zona della UE.
La differenza tra bilancio di sostenibilità e bilancio sociale
Quando si parla di reportistica relativa alle informazioni di carattere non finanziario, non ci si deve confondere. Diversi sono, infatti, i documenti che è possibile produrre, ciascuno con contenuti e scopi differenti. Vediamo i principali:
- Bilancio ambientale (rendiconto di sostenibilità ambientale): questo report informativo redatto su base volontaria si concentra sulle strategie adottate nell’ambito della gestione aziendale per ottenere risultati tangibili in tema di tutela ambientale ed efficienza ecologica, così da ridurre riducendo la cosiddetta carbon footprint.
- Bilancio sociale (rendiconto della responsabilità sociale): documento aggiuntivo al tradizionale bilancio d’esercizio, che rappresenta un trait d’union tra la rendicontazione economico-contabile e quella sociale. Il report offre una valutazione a 360° degli effetti che l’attività dell’azienda produce sulla società in cui opera ed è stilato su base esclusivamente volontaria, fatta eccezione per le imprese sociali e per quelle che operano nel terzo settore
- Bilancio integrato (report integrato): comunicazione sintetica che illustra le come l’organizzazione intende creare valore per il contesto in cui opera distinguendo obiettivi e azioni di breve, medio e lungo periodo. ll documento si ottiene allineando processi di reportistica esterni e interni all’azienda e copre le stesse aree del bilancio di sostenibilità esponendole, però, in una logica di capitale (umano, economico-finanziario…).
- Dichiarazione non finanziaria (dichiarazione consolidata non finanziaria): documento che trova origine nelle disposizioni della direttiva UE 95/2014. Utile per rendicontare le informazioni inerenti l’impatto ambientale e socio-economico dell’attività aziendale, in modo che siano facilmente accessibili e confrontabili da parte di investitori e clienti.
- Bilancio di sostenibilità (report di sostenibilità o rapporto di sostenibilità): prospetto che nasce come evoluzione del bilancio sociale e fa parte della categoria di reportistica di carattere non finanziario redatta su base volontaria. Questo strumento permette di rendicontare gli impegni presi sul fronte delle prestazioni economiche, sociali e ambientali, documentando i progressi fatti e i risultati ottenuti. Lo stesso documento illustra anche il sistema di governance a cui va soggetta l’organizzazione.
Come si redige un bilancio di sostenibilità
Ma come si redige in concreto un report di sostenibilità? Non esiste allo stato attuale un riferimento normativo unico, a livello europeo, che indichi la documentazione da produrre, uno schema di organizzazione dei contenuti o una procedura specifica per la sua stesura. Uno schema valido può essere questo.
- Spiegare i valori fondanti dell’azienda, i principi che ispirano l’operato dei suoi manager, la sua mission.
- Inquadrare le aspettative degli stakeholder (in primis soci, finanziatori e clienti).
- Identificare strumenti e dati idonei a supportare il top management nella definizione delle strategie sociali e ambientali.
- Indicare le prestazioni ottenute sotto il profilo socio-ambientale.
- Quantificare il contributo sociale e ambientale netto dell’azienda nei confronti dei diversi portatori di interesse.
- Verificare la coerenza tra obiettivi fissati e risultati ottenuti e valutare i gap.
- Indicare gli obiettivi di miglioramento nel lasso temporale identificato.
Le aziende possono anche riferirsi ad alcuni framework internazionali e il più diffuso è il GRI (Global Reporting Initiative). L’ente ha pubblicato 36 linee guida da seguire nella stesura dei bilanci di sostenibilità, in modo che siano il più possibile omogenei e trasparenti nei contenuti, così da fornire informazioni facilmente confrontabili.
Le organizzazioni che decidono di seguire queste indicazioni – in modo assolutamente volontario e non vincolante – hanno la garanzia di pubblicare documenti dettagliati sotto il profilo dei temi trattati e completi nella disamina dei diversi ambiti di intervento (politiche sociali e del lavoro, consumo di energia, impronta idrica, emissioni di gas serra…).
Uniformandosi a questi standard, l’azienda dichiara un livello di reporting basandosi sull’autovalutazione delle proprie prestazioni e obiettivi rispetto ai criteri definiti dal GRI. In aggiunta a questa autodichiarazione, poi, l’organizzazione potrà scegliere anche di:
- Richiedere al GRI di verificare i contenuti dell’autodichiarazione
Oppure (o in aggiunta)
- Avvalersi di una società di audit per ottenere un giudizio professionale sull’autodichiarazione
A chi si rivolge
Il report di sostenibilità si indirizza a un ampio pubblico di portatori d’interesse nei confronti dell’azienda (personale interno, collaboratori esterni, fornitori, clienti, comunità locali, media, investitori, finanziatori ecc.).
I decision maker aziendali prendono quotidianamente delle decisioni che hanno un impatto diretto o indiretto sui diversi stakeholder. Queste scelte non si basano unicamente sulle informazioni finanziarie, anzi spesso sono frutto di una valutazione del costo-opportunità o di stime che contemplano diversi KPI e informazioni non finanziarie. Metriche che riguardano l’impatto futuro di eventi o situazioni che dipendono dalle strategie ESG (Environment, Social, Governance) identificate e messe in atto dall’organizzazione. Strategie che si riflettono inevitabilmente sulla “postura” dell’azienda verso i temi dell’inclusione e della riduzione dell’impronta carbonica.
Tra il pubblico più rilevante, sicuramente un posto d’onore spetta al personale, che può trovare in questo documento una leva di ingaggio e affezione alla propria organizzazione. Gli investitori, inoltre, sempre più spesso consultano il bilancio di sostenibilità delle aziende che vogliono sostenere finanziariamente e, ultimi, ma non per importanza, i clienti finali, sempre più conscious, ovvero attenti all’impatto delle proprie scelte di consumo.
Esempi di bilancio di sostenibilità
Il rapporto di sostenibilità è ormai una prassi consolidata per molti brand globali. Da diversi anni anche alcune multinazionali e grandissimi gruppi industriali italiani rendono pubblica questa informativa. Tra le realtà più attive nel rendicontare l’impegno assunto sul fronte della circolarità e dell’inclusione troviamo:
- Barilla ha investito nella riduzione del contenuto di grassi dei propri prodotti, oltre a donare alimenti alle comunità locali e a promuovere un packaging più sostenibile. L’azienda si è impegnata a ridurre progressivamente l’uso della plastica nelle confezioni dei propri prodotti privilegiando carta e cartone provenienti da foreste gestite responsabilmente. Dal 2010 a oggi, poi, il gruppo di Parma ha ridotto le emissioni di CO2 del 31% e ottenuto la neutralizzazione totale (100% delle emissioni di CO2 compensate) per i brand Mulino Bianco e Wasa. Nella filiera, sono circa 10mila le aziende agricole coinvolte in progetti di agricoltura sostenibile.
- Enel ha presentato nel 2019 il Piano di Sostenibilità 2020-2022, che si focalizza sulla lotta al cambiamento climatico attraverso la crescita delle rinnovabili e la progressiva fuoriuscita del carbone dal mix energetico. Il gruppo misura i propri obiettivi di circolarità, equità e inclusione sociale sulla base di quattro dimensioni significative: energia pulita, lotta al cambiamento climatico, innovazione in infrastrutture più sostenibili, città e comunità più sostenibili. Enel si è impegnata a ridurre dell’80% le emissioni dirette di gas serra per kWh entro il 2030 rispetto ai livelli del 2017, mentre entro il 2040 punta alla completa decarbonizzazione, giocando d’anticipo di 10 anni rispetto agli obiettivi della COP 26 (Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite) e dell’Accordo di Parigi.
- Esselunga rendiconta i risultati delle iniziative di spesa solidale promosse in collaborazione con la Caritas Italiana e il Banco Alimentare. Sul fronte ambientale, ha introdotto diverse innovazioni utili a migliorare l’efficienza energetica negli stabilimenti di lavorazione, che oggi sono in grado di autoprodurre energia elettrica e termica dal gas naturale attraverso due impianti di trigenerazione. L’impegno sociale si esprime, invece, soprattutto attraverso la volontà dell’azienda di sostenere i produttori e le eccellenze nostrane nell’ambito dell’iniziativa Rinascita Italia, per cui l’84% dei prodotti a marchio proprio è interamente prodotto nel Belpaese.
- Ferrero: protezione dell’ambiente, valorizzazione delle persone, promozione di un consumo più responsabile e approvvigionamenti più sostenibili sono i quattro macro obiettivi che il colosso internazionale del food si propone di raggiungere nei prossimi anni. La scadenza fissata è quella del 2030, quando l’azienda di Alba (CN) conta di dimezzare le emissioni derivanti dalle proprie attività prendendo come riferimento i dati del 2018. Già oggi tutti gli stabilimenti europei utilizzano energia elettrica 100% rinnovabile e gli imballaggi riciclabili, compostabili o riutilizzabili già nel 2020 (i dati 2021 non sono ancora stati pubblicati) rappresentavano l’82,9% del totale.
- Lavazza: l’iniziativa che porterà il Gruppo a neutralizzare la propria impronta ecologica entro il 2030 è stata battezzata “Roadmap to Zero”. Il piano si concretizza in tre linee di azione: monitoraggio delle emissioni inquinanti, introduzione progressiva di processi di efficientamento e compensazione delle emissioni non riducibili. Già a fine 2020 il gruppo ha raggiunto il traguardo dell’azzeramento dell’impatto delle emissioni dirette di CO2, quelle generate da punti vendita, stabilimenti, uffici e veicoli aziendali, oltre che quello delle emissioni indirette generate dall’energia acquistata e consumata. Entro il 2030, invece, è previsto il raggiungimento della piena compensazione delle emissioni indirette lungo tutta la Supply Chain.
- Salvatore Ferragamo: la nota casa di moda punta molto sui temi dell’inclusione. Ha aderito infatti alla campagna globale “The Hiring Chain” e avviato un’iniziativa di inclusione lavorativa che ha portato all’inserimento in organico di risorse con sindrome di Down. Nel 2021, inoltre, alla società è stato assegnato un punteggio pari alla categoria massima (“A”) nella prestigiosa “A List” del CDP (Carbon Disclosure Project) relativamente alle azioni di riduzione delle emissioni CO2.