Intervista

Archiva Group cresce e potenzia la consulenza. L’AD Marone: “Non basta digitalizzare i documenti, il valore è nei dati”

Il 2021 si è chiuso con una crescita del 20% per il gruppo veneto, specializzato da oltre 25 anni in servizi di Business Process Outsourcing (BPO), come la gestione documentale. Un ambito che offre alle aziende grandi opportunità di efficientamento e che abilita una gestione data-driven, in particolare nell’area Finance, HR e Legal. A colloquio con il fondatore e AD, Giuliano Marone

Pubblicato il 29 Mar 2022

Manuela Gianni

Direttrice, Digital4Executive

Immagine di metamorworks da Shutterstock

Ottimizzare i processi, gestire i documenti, digitalizzare e dematerializzare, riducendo sprechi e inefficienze, grazie anche all’automazione. Di questo si occupa da più di 25 anni l’italiana Archiva Group (plurale di archivum, in latino archivio), che riunisce 10 aziende con differenti specializzazioni negli ambiti della gestione documentale in outsourcing, digitalizzazione e automazione dei processi aziendali, consulenza e formazione in ambito normativo, digitale e di eccellenza di processo.

Il network di aziende è in grado di fornire un servizio personalizzato che parte dall’assessment e revisione dei processi per arrivare fino all’implementazione degli strumenti tecnologici, con un focus sulla consulenza e sulla gestione del cambiamento. La sede principale è a Villafranca, in provincia Verona, i dipendenti in Europa (Italia, Germania, Polonia, Svizzera) oltre 280, i clienti 1600. Abbiamo incontrato Giuliano Marone, l’imprenditore che ha fondato Archiva nel 1991 e che ne sta guidando l’espansione.

Avete chiuso il 2021 in forte crescita, complice anche la pandemia, che ha accelerato la digitalizzazione dei processi. Cosa sta cambiando?

Nel 2021 il gruppo Archiva è cresciuto del 20%, con un fatturato di 22 milioni di euro, e le prospettive sono di una ulteriore espansione, perché la richiesta di servizi di consulenza e outsourcing in questo ambito è fortissima. Due anni di pandemia hanno creato grande consapevolezza e accelerato in un modo incredibile la digitalizzazione dei processi. Adeguarsi è diventato una necessità per le aziende che vogliono restare competitive. Se l’obbligo di Fatturazione Elettronica ha rappresentato un punto di svolta, oggi digitalizzare la gestione di documenti fiscali e contabili non basta: serve estrarre e utilizzare i dati dei documenti, non solo cambiarne il formato. Non si scambiano i documenti ma i dati dei documenti. In più, la fatturazione elettronica si estenderà ad altri Paesi, e occorre prepararsi a gestirla.

Oltre all’area Finance, quali processi sono ancora troppo basati sulla carta?

Inizialmente il nostro interlocutore era principalmente il CFO, per tutti i processi di gestione dei documenti fiscali: bolle, ordini fatture. Oggi il CFO ha bisogno di dati e automazione, non solo di essere compliant alle normative. Ma in molti altri ambiti, come l’HR e la logistica, gli acquisti, circola ancora troppa carta, e vediamo grande richiesta. Nelle aziende ci sono enormi sprechi nei processi documentali. Si può dire che ogni volta che c’è una stampante una fotocopiatrice c’è un’opportunità di ottimizzare e ridurre i costi.

Facciamo un passo indietro. Da dove è nata l’idea imprenditoriale all’origine di Archiva e quali sono state le tappe principali del percorso di crescita?

Ho iniziato a lavorare in questo settore quando la tecnologia era quella dei microchip, e in seguito degli hard disk. Ma erano poco capienti, e c’erano molte complessità nell’archiviare in questo modo i documenti. Capii che serviva una soluzione più semplice per permettere alle aziende di accedere, così misi a punto un sistema indicizzato che utilizzava l’hard disk dei pc, una sorta di prima forma di cloud a cui i clienti potevano accedere in sicurezza.

Già 15 anni fa pensai che l’archiviazione digitale dovesse diventare una commodity, e che il focus dovesse essere sui processi, perché non ha senso digitalizzare lo spreco. Avviai una serie di acquisizioni, fra cui la società di consulenza Maxwell. Oggi il Gruppo offre un parco di soluzioni per migliorare i processi che è molto ampio, per rispondere alle diverse esigenze. Attualmente siamo più presenti nelle aziende di fascia medio alta, nel manufatturiero, nel fashion, nell’automotive e nel food, ma ci stiamo affacciando anche al mondo delle PMI.

Più in dettaglio, quali sono le soluzioni e i servizi?

Come dicevo, il focus è sulla consulenza di processo, e solo in seconda battuta sull’implementazione di piattaforme digitali. Le nostre società Realvalue e Honu implementano tecnologie di Business Process Management (BPM) e Case Management con le piattaforme Pega e Kissflow. La prima è più sofisticata, pensata per organizzazioni più articolate, dove serve anche automazione di processo, che realizziamo con la RPA (Robotic Process Automation) della società Robotique, per eliminare azioni ripetitive. Honu invece utilizza una soluzione no-code che consente di essere operativi in tempi brevissimi, poche settimane. Ad esempio, si può creare un workflow per gestire un ordine d’acquisto, abilitando la collaborazione da remoto in 4-5 settimane.

Per quanto riguarda i servizi di fatturazione elettronica, ci distingue la grande capacità di riuscire a fornire un servizio base che estendiamo e personalizziamo. L’obbligo non basta, c’è ancora molto da fare. Le fatture estere, ad esempio, sono ancora cartacee. Le aziende sono globali, il panorama normativo è variegato. Noi siamo in grado di interporci fra fornitore e azienda, anche il full outsourcing, integrando il flusso direttamente sull’ERP.

In ogni caso, le soluzioni che proponiamo sono scalabili: pensiamo in grande ma agiamo subito. Il miglioramento è continuo, i processi evolvono. Un altro aspetto cruciale è la sicurezza: utilizziamo un data center proprietario, e abbiamo 11 certificazioni relative alla sicurezza.

Qual è la difficoltà maggiore che le aziende affrontando quando si digitalizzano i processi?

Investire nei processi significa superare il “si è sempre fatto così”. Il cambiamento organizzativo è l’aspetto più complicato e imporre un nuovo modo di lavorare, con gli ordini che arrivano dall’alto, non funziona. Serve condividere, ascoltare i collaboratori: l’azienda è come il corpo umano, non si può isolare una parte. Un bravo dirigente deve sapersi fare da parte e ricordare che il dipendente è il primo cliente.

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