Nato nel 2011 e al suo secondo anno di attività,
l’Osservatorio Contract Logistics dalla School of Management del
Politecnico di Milano costituisce un tavolo permanente di
analisi critica e discussione sul ruolo di spinta
all’innovazione che l’ecosistema della Contract
Logistics può giocare per la diffusione di pratiche di
eccellenza nella gestione della logistica e della supply chain in
Italia.
In particolare, l’Osservatorio è nato per misurare
quantitativamente i principali numeri del settore
– attori, fatturato, mercato, concentrazione, grado di
terziarizzazione, redditività – ed esaminare il
processo che genera innovazione e che “muove” le
imprese committenti a prendere consapevolmente decisioni
strategiche di outsourcing del processo logistico.
I driver delle decisioni di outsourcing
Prima di parlare di outsourcing strategico della logistica è
doveroso intendersi sul concetto di “outsourcing
strategico”. Con questo termine, in senso lato, ci si
riferisce al percorso di analisi strategica che porta una
organizzazione a prendere decisioni di outsourcing di processi
aziendali, con implicazioni competitive di medio-lungo periodo.
Da questo punto di vista è bene ricordare che la
strategia competitiva di un’azienda è
“costruita” su competenze in cui si eccelle
(le core competence) e competenze che sono comunque co-essenziali
per valorizzare le competenze distintive e che, se non presenti
internamente, vanno cercate fuori.
Diventa quindi tanto più “strategico” dare in
outsourcing un’attività quanto più esiste qualche
operatore sul mercato in grado di “fare meglio” tale
attività e di generare quindi un vantaggio competitivo
significativo per l’azienda.
Tuttavia, come ben illustrato in figura 1, la possibilità di
generare un vantaggio competitivo non è l’unico driver da
considerare nelle decisioni di outsourcing.
Queste dipendono infatti anche dal grado di rischio(legato
soprattutto alla possibile perdita di controllo sul processo):
qualora tale rischio risulti elevato, o quantomeno la percezione
dei benefici sia minore della percezione del rischio associato
all’outsourcing, la scelta consigliata è quella di
mantenere “in casa” tali attività. Vi è un
interessante corollario.
Questa premessa ci permette infatti di sfatare uno dei principali
“falsi miti” dell’outsourcing, in base al quale
le aziende danno in outsourcing solo le attività che non sono
centrali nella definizione o nella realizzazione della propria
strategia, dove non si realizza cioè un vantaggio competitivo.
È invece del tutto ragionevole dare in outsourcing un processo
chiave se vi sono le condizioni interne (non si hanno core
competence su quel processo) ed esterne (l’ecosistema
dell’offerta è affidabile e competitivo). E la logistica
è per molte aziende in diversi settori proprio un processo
chiave, fonte di vantaggio competitivo – di costo o di servizio.
Quando l’outsourcing può essere definito
“strategico”
Con “Outsourcing strategico della logistica” si
intende usualmente descrivere quel processo decisionale che porta
ad affidare in outsourcing un processo logistico completo, sia
esso la logistica distributiva o la logistica di
approvvigionamento (in una certa area geografica o relativamente
a un determinato insieme di stabilimenti o centri distributivi).
L’outsourcer si prende quindi in carico la gestione
dell’intero processo avendo responsabilità sui KPI di
processo e conseguentemente prendendosi gradi di
libertà nell’organizzazione delle attività operative
(trasporti, stoccaggio, picking) e in taluni casi anche nelle
principali scelte di assetto della rete. Si considera ad esempio
outsourcing strategico l’affidamento ad un unico fornitore
della gestione del fine linea produttivo aziendale e del
rifornimento dei centri distributivi, in quanto
l’outsourcer deve gestire in maniera integrata un insieme
di attività logistiche non certamente marginali nella strategia
competitiva dell’azienda committente, con la possibilità
di applicare le proprie leve di ottimizzazione del processo.
Allo stesso modo è outsourcing strategico
l’affidamento ad un fornitore dell’intero processo di
approvvigionamento di materie prime o di semilavorati:
in questo caso l’outsourcer si trova a compiere delle
scelte relative alla struttura della rete logistica inbound e si
occupa anche di aspetti di previsione e pianificazione (della
domanda, delle scorte, ecc.), con riverberi sia strategici sia
operativi rilevanti per l’azienda committente.
Per converso non sono definibili “Outsourcing strategico
della logistica” le scelte di outsourcing di attività
logistiche “elementari” – come possono essere
considerate l’affidamento a terzi del trasporto su strada o
il ricorso a cooperativa per quanto riguarda l’handling di
magazzino -, che piuttosto rientrano nella categoria del
Commodity Outsourcing.
La ricerca ha evidenziato che l’outsourcing
strategico della logistica è interessante qualora sussistano tre
condizioni di fondo: (i) l’azienda committente non
abbia forti “core competence” in ambito logistico,
(ii) vi siano operatori terzi che hanno oggettive possibilità di
svolgere le attività logistiche con prestazioni di costo,
servizio o flessibilità decisamente superiori rispetto
all’azienda committente, e infine (iii) i costi della
relazione – ad esempio i costi di integrazione per la
pianificazione strategica e operativa – e i rischi – ad esempio i
rischi legati alla condivisione di informazioni e dati sensibili
con altri attori – non siano tali da annullare i benefici
ottenibili.
Alla luce di queste considerazioni, è quindi decisivo –
per chi deve prendere le scelte di “make or buy” del
processo logistico – avere tutti gli elementi per formulare
un giudizio sulla “qualità” dell’offerta di
servizi logistici in Italia. Infatti il mercato dei servizi
logistici non è “perfetto”, con differenze di
prestazioni tra operatori tali da rendere comunque fonte di
vantaggio (o svantaggio) competitivo la scelta
dell’outsourcer.
Da qui discendono due delle domande che hanno guidato la Ricerca
2011 dell’Osservatorio:
• Quale la dimensione e la qualità dell’offerta di
servizi di Contract Logistics in Italia?
• Quale capacità di fornire prestazioni best-inthe- class e
di innovare hanno i principali fornitori di servizi di Contract
Logistics in Italia?
L’offerta di logistica conto terzi in Italia
(Contract Logistics)
L’offerta di logistica conto terzi in Italia è molto
ampia, eterogenea e articolata: oltre 114.000 fornitori di
servizi legati da complesse relazioni di subfornitura. Il valore
del fatturato delle aziende «italiane» di logistica
conto terzi (escludendo i trasporti aereo e navale) è stato pari
a 71 miliardi di euro nel 2009, con 32 miliardi di euro di scambi
interni e quindi 39 miliardi di euro di “mercato”
(somma dei contratti verso le sole aziende committenti), pari al
36% del totale dei costi logistici delle aziende italiane.
Focalizzandosi però sulla sola offerta di servizi di outsourcing
strategico della Logistica (Strategic Contract Logistics), il
valore del mercato si riduce (dai 39 miliardi di euro) a circa
7,5 miliardi di euro. Il valore della sola Strategic Contract
Logistics risulta quindi pari al 7% del totale dei costi
logistici e risulta assai più basso che considerando la Contract
Logistics in generale, a evidenza che l’approccio oggi
dominante nelle relazioni di outsourcing della logistica è il
Commodity Outsourcing, una sorta di “spezzatino”
delle attività, con affidamento di parti del processo logistico
a operatori diversi.
Inoltre stiamo parlando di un mercato decisamente più
concentrato rispetto al mercato della Contract Logistics in
generale: i primi 100 operatori “fanno” oltre i due
terzi del mercato. Si tratta principalmente di Operatori
logistici e Spedizionieri, che rappresentano quasi l’85%
del mercato della Strategic Contract Logistics, mentre i
Corrieri/Corrieri espresso, seppur caratterizzati da un rapporto
stretto con i committenti, hanno un peso minoritario (6%) in
quanto la loro offerta è ancora fortemente focalizzata sul solo
trasporto.
Focalizzando l’attenzione sui primi 100 operatori, 72 sono
“italiani”, mentre 28 sono filiali di aziende
multinazionali. Tuttavia, se si considera il fatturato, il 56% è
appannaggio di queste ultime. Sempre in relazione a queste 100
aziende, 48 presentano un fatturato maggiore di 100 milioni di
euro, 21 un fatturato maggiore di 200 milioni di euro e solo 6 un
fatturato maggiore di 500 milioni di euro. Possiamo quindi dire
che la misura del grado di penetrazione attuale della Contract
Logistics evidenzia grandi opportunità di crescita.
Vi è in primo luogo un 64% di mercato potenziale non attualmente
raggiunto. Sono qui ricompresi settori in cui la terziarizzazione
è poco sviluppata (ad esempio la logistica ospedaliera, o più
in generale la logistica a supporto delle aziende di servizi) e
settori in cui le scelte di terziarizzazione della logistica sono
estremamente variegate (a pari contesto, alcune aziende
terziarizzano, altre non terziarizzano). La valutazione di quale
componente di questo mercato potenziale possa tradursi in mercato
reale dipende dalla comprensione delle motivazioni alla base
delle scelte di outsourcing.
In secondo luogo, la differenza tra penetrazione
dell’outsourcing complessivo (36%) e penetrazione dello
Strategic Outsourcing (7%) evidenzia come vi sia – almeno
sulla carta – un elevato potenziale di sviluppo dei modelli
di Strategic Outsourcing.
Le competenze dei fornitori
“best-in-the-class”
Il successo di una iniziativa di terziarizzazione dipende in
primo luogo dalla capacità del fornitore di servizi logistici di
offrire prestazioni migliori rispetto a quelle del committente.
Sono emersi 6 fattori chiave che possono spiegare la capacità
dei principali operatori di logistica conto terzi di offrire
prestazioni migliori rispetto alle aziende committenti.
• Sfruttamento di economie di scopo. Si tratta di cogliere
opportunità di risparmio derivanti dall’erogazione di
servizi logistici facendo leva su una base comune di fattori
produttivi (risorse ICT, magazzini, know-how, ecc.). Va ad
esempio in questa direzione il tentativo di alcuni operatori di
utilizzare lo stesso WMS (Warehouse Management System) in tutti i
siti logistici, in modo da condividere le best practice e
favorire la mobilità del personale fra i diversi siti. Sempre in
questa direzione rientrano le scelte di
specializzazione/focalizzazione su specifici settori in modo da
sviluppare know-how specifico e ottimizzare i principali processi
operativi.
• Sfruttamento di economie di scala. Ne sono un esempio i
poli logistici multi-cliente (si pensi ai poli
dell’Editoria, dell’Alimentare fresco,
dell’Elettronica di consumo) che hanno come primo effetto
positivo l’aumento dei volumi e quindi della saturazione
dei mezzi di trasporto in uscita dai depositi.
• Forti competenze di ICT, ossia la capacità di sviluppare
e gestire soluzioni ICT a supporto dei processi operativi –
ad esempio lo sviluppo dei TMS (Transportation Management System)
con funzionalità di “control tower” – e di
interfaccia cliente-fornitore in modo da favorire la
comunicazione fra i sistemi informativi del cliente e del
committente.
• Forti competenze di logistica operativa, ossia la
conoscenza approfondita delle principali attività di logistica
fisica e della loro corretta gestione e implementazione
(procedure di entrata merce, modalità di allocazione degli
articoli, pianificazione dei trasporti, organizzazione del
personale, ecc.).
• Elevata capacità finanziaria per gli investimenti in
logistica, ossia la capacità del fornitore di investire in
progetti di terziarizzazione anche in presenza di un ingente
sforzo finanziario. Sono un esempio i casi in cui si investe in
progetti di automazione del magazzino con tempi di ritorno
dall’investimento lunghi, anche molti anni.
• Maggiore controllo dei subfornitori nella filiera dei
servizi logistici. Il “controllo” sugli attori della
filiera della logistica, sia organizzativo sia operativo,
rappresenta un fattore chiave per governare il livello di
servizio e aumentare l’efficienza nella gestione del
processo.
Collaborazione fornitori-committenti: la chiave di
volta
Come in altri contesti la fiducia fra le parti risulta la
condizione principale per favorire l’innovazione. La
costruzione di questa fiducia richiede una modifica
nell’impostazione della relazione sia lato domanda che lato
offerta, ben illustrata da alcuni atteggiamenti tipicamente
rinvenibili nelle relazioni più consolidate:
• aumentare la visibilità reciproca, sia in merito alle
dinamiche del business sia in merito all’evoluzione del
processo logistico aziendale (ad esempio una politica di
riduzione scorte, se non comunicata in tempo utile al fornitore,
può avere effetti devastanti, in particolate a fronte di
eventuali investimenti dedicati);
• lato committenti, superare un atteggiamento di esclusiva
attenzione alla riduzione dei costi e accettare di condividere
– sotto la guida degli operatori logistici –
investimenti e progetti multi-committente in modo da sfruttare
appieno possibili economie di scopo/scala;
• lato operatori logistici, condividere con il committente i
progetti/casi di successo in modo da favorire una fertilizzazione
orizzontale e puntare a rafforzare – e non indebolire!
– la cultura logistica delle aziende committenti.
In un contesto di fiducia reciproca si riduce la percezione di
rischio associata alla terziarizzazione dell’intero
processo logistico e nel contempo aumenta la capacità di fare
innovazione insieme.