Anche nel 2016, l’eCommerce B2c in Italia fa segnare una confortante crescita (+18%), con cui il valore degli acquisti online degli italiani arriva a sfiorare – con 19,6 miliardi di euro – la soglia dei 20 miliardi. Il 17% di questa cifra (3,3 miliardi) viene spesa da smartphone: una quota cresciuta addirittura del 63%, e triplicata in soli 3 anni. Contando anche i tablet, più di un quarto della spesa online degli italiani viene da dispositivi Mobile.
Intanto i web shopper italiani, ossia i consumatori che hanno effettuato almeno un acquisto online nell’anno, nel 2016 sono cresciuti del 7% raggiungendo quota 19 milioni: circa il 60% degli internet user. Per avere un termine di paragone, in UK gli web shopper sono 48 milioni (85% degli internet user), in Francia 41 milioni (76% degli internet user). Tornando all’Italia, gli acquirenti abituali, che effettuano almeno un acquisto online al mese, sono 12,9 milioni e generano il 91% della domanda totale eCommerce (a valore), spendendo online in un anno, mediamente, 1382 euro ciascuno.
Sono i dati più indicativi del report 2016 dell’Osservatorio eCommerce B2c della School of Management del Politecnico di Milano e di Netcomm, presentato oggi. Diversi segnali, come l’aumento del peso dei prodotti (fatturato 9 miliardi) rispetto ai servizi (10,6 miliardi), e le forti crescite di comparti tipicamente “Made in Italy” ma finora poco incisivi nelle vendite online (food, arredamento), sono positivi, ma non è ancora abbastanza, ha sottolineato Alessandro Perego, Direttore Scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano.
«L’eCommerce rappresenta ormai quasi il 5% del totale acquisti Retail in Italia, ma è un risultato che ci soddisfa solo in parte, poiché non riusciamo a recuperare terreno rispetto ai principali mercati stranieri comparabili al nostro (UK, Francia e Germania), dove l’eCommerce ha penetrazioni da 2 a 4 volte superiori».
In questo scenario, secondo l’Osservatorio, l’offerta è chiamata a un esame di maturità. «Servono capacità di investimento e innovazione per rendere sempre più semplice e appagante l’esperienza d’acquisto, consapevolezza di non poter essere profittevoli da subito, e convinzione di potercela fare. Le Dot Com hanno percorso questa strada e continuano a crescere (+28% contro +10%) più delle imprese tradizionali, che hanno fatto finalmente il primo passo e devono ora giocare la partita fino in fondo, provando a innovare ma anche facendo leva sui loro tipici asset: base clienti, patrimonio informativo sulle loro abitudini di acquisto, punti vendita sul territorio, e conoscenza estremamente approfondita del mercato e dei prodotti».
Roberto Liscia, Presidente di Netcomm, ha evidenziato la “ibridizzazione” in corso di molti modelli di business nell’eCommerce. «Cross border, cross canalità e cross device sono i termini che raccontano l’evoluzione a partire dai nuovi modi di comportamento degli shopper. Gli acquirenti comprano da siti italiani e stranieri, confrontano i prodotti nel canale fisico e in quello digitale e lo fanno attraverso smartphone e PC. Il digital export rimane comunque un’opportunità che l’Italia non riesce a cogliere per la piccola dimensione delle imprese, che non riescono ad aggredire i mercati esteri».
Un ordine medio di prodotti vale 75 euro, uno di servizi 236 euro
«Nel 2016 l’acquisto di servizi, e cioè Assicurazioni, Couponing di servizi, Ricariche, Ticketing per eventi, Turismo e trasporti, vale 10,6 miliardi di euro, contro 9 miliardi di prodotti, ossia Abbigliamento, Beauty, Arredamento, C2C (consumer-to-consumer, cioè vendita di prodotti tra consumatori, ndr), Couponing di prodotto, Editoria, Merchandising, Giocattoli, Food&Grocery, Informatica ed elettronica. Un ordine medio di prodotti vale 75 euro, uno di servizi 236 euro», spiega Riccardo Mangiaracina, Direttore dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm-Politecnico di Milano.
Una crescita degli acquisti dei prodotti 4 volte superiore a quella dei servizi (+32% contro +8%) ha portato a una ripartizione 46% di prodotti/54% di servizi
nel fatturato complessivo che come accennato avvicina l’eCommerce italiano alla media europea, che vede incidenze dei prodotti intorno al 70%. «Da notare che gli acquisti da Mobile (63% prodotti, 37% servizi) si avvicinano molto di più alla ripartizione europea. Per i prodotti giocano un ruolo importante sia i siti di vendita temporanea (flash sales) sia quelli, marketplace in primis, che puntano su customer experience semplici sul Mobile. Per i servizi invece prevale l’acquisto di biglietti di trasporto (aerei e ferroviari) e la prenotazione di alloggi in hotel e case private», aggiunge Mangiaracina.
Il Turismo (+10%) trascina ancora la crescita dei servizi soprattutto grazie a trasporti e prenotazione di alloggi: con 8,6 miliardi di euro vale il 44% dell’eCommerce italiano e se ne conferma il primo comparto.
L’Informatica ed elettronica di consumo, con 2,9 miliardi, vale il 15% del mercato e si conferma il primo comparto di prodotto anche nel 2016 con una crescita del 28%. L’Abbigliamento, con 1,9 miliardi, vale il 10% degli acquisti online e cresce del 27% rispetto al 2015. L’Editoria, con 687 milioni di euro, cresce del 16% grazie agli acquisti di libri (anche scolastici) soprattutto dalle grandi Dot Com. L’Arredamento è il comparto che cresce di più in assoluto (+48%), raggiungendo 652 milioni di euro.
Gli acquisti in tutti gli altri comparti di prodotto valgono insieme 2,3 miliardi nel 2016, in crescita del 44% rispetto al 2015. Si tratta soprattutto di profumeria e cosmetica dai grandi retailer e dalle Dot Com sia generaliste sia specializzate, giocattoli dalle grandi Dot Com e dai marketplace, articoli da bazar, per lo più dai marketplace cinesi, e merchandising dai siti di società sportive ed eventi musicali.
Export, il fenomeno abbigliamento
L’Export, inteso come valore delle vendite da siti italiani a consumatori stranieri, cresce nel 2016 del 17% e supera 3,4 miliardi di euro. Turismo e Abbigliamento, grazie a un’offerta più matura, sono i comparti più incisivi. Il Turismo, spinto soprattutto dagli operatori di trasporto, vale il 42% delle esportazioni online, l’Abbigliamento vale il 36%, e realizza oltre confine quasi la metà delle vendite online. La forza e la notorietà dei brand, le competenze digitali sviluppate negli anni da alcune Dot Com italiane e da alcune boutique multibrand, unitamente alla carenza di offerta sui canali tradizionali all’estero, sono le ragioni di questo successo. Gli altri comparti Made in Italy con ottima reputazione all’estero (Arredamento e Food) contribuiscono ancora molto poco all’Export, per via di offerte poco sviluppate e alte complessità operative.