La maggioranza dei retailer presenti in Italia non considera prioritaria e strategica l’innovazione digitale. Lo confermano i nuovi dati
dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano, che rileva come la spesa in digitale dei top retailer sia ancora esigua, inferiore nel 2016 a un punto percentuale del fatturato. Eppure qualcosa si muove. Se i numeri assoluti sono piccoli, la crescita è considerata interessante (dal 15% del totale degli investimenti annuali nel 2015 al 17% nel 2016) e sono diverse le iniziative in atto, come hanno testimoniato all’evento i manager di Autogrill, Ikea, Percassi, Carrefour e Gucci, tutti brand che, nella loro diversità, hanno avviato progetti di innovazione con una forte sponsorship e con un disegno strategico coerente. Si tratta di due requisiti fondamentali: per innovare, insomma, si devono attivare i CEO, i CMO, i Supply manager e gli altri top executive, senza lasciare l’IT isolata. Le tecnologie ci sono: il problema è anzi quali scegliere. Forse anche per questo, in un periodo certo non favorevole per il settore, si fanno sì dei passi avanti, ma piccoli: l’80% dei retailer intervistasti ha innovato e il 93% continuerà a farlo: il back end è più interessato da nuovi progetti, probabilmente per cercare di fare efficienza. L’omnicanalità avanza. Ma uno su tre si dichiara ancora refrattario o titubante.
Più in dettaglio, i dati emergono da una survey sui top retailer italiani (i primi 300 retailer per fatturato, presenti in Italia con negozi fisici) che ha analizzato la maturità digitale attraverso lo studio del livello attuale di adozione e dell’intenzione di adozione futura delle tre principali categorie di innovazioni: nel back-end (processi di interazione retailer-fornitori o processi interni del retailer), nella customer experience in punto vendita e a supporto dell’omnicanalità.
Il digitale per competere: più efficienza e migliore servizio al cliente
«In un contesto di domanda complessivamente stagnante, il futuro dei retailer italiani è legato alla capacità di individuare target e strategie, muovendosi sul piano dell’efficienza e su quello della bontà del servizio ai clienti finali. Sono sostanzialmente gli stessi problemi che stanno affrontando i retailer tradizionali di tutte le economie avanzate, con la differenza – rispetto non solo agli Stati Uniti ma anche a molti Paesi europei – che la nostra distribuzione è estremamente frazionata e che le nostre imprese maggiori sono piccole – ha affermato Alessandro Perego, Direttore Scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano. – Sia l’efficienza sia la bontà del servizio offerto al cliente possono trarre notevoli giovamenti dalla digital transformation».
Si investe più nel back end che nel negozio e online
Valentina Pontiggia, Direttore dell’Osservatorio, ha presentato i risultati dettagliati nelle tre aree considerate (si vedano anche le infografiche in basso). «Nel back-end la diffusione delle diverse tecnologie è piuttosto soddisfacente: il 93% del campione ha adottato almeno un’innovazione. Le priorità sono state CRM, fatturazione elettronica, ERP, business intelligence analytics e soluzioni per gestire il magazzino».
Minore è invece la diffusione nel front-end e molto più variegate le soluzioni adottate: nell’Alimentare ad esempio si investe soprattutto per rendere più efficienti i percorsi dei visitatori in negozio e per fidelizzare i clienti con sistemi di loyalty e couponing; mentre nell’Abbigliamento si privilegiano le innovazioni che mirano a stupire (specchi e camerini smart, vetrine intelligenti…) e a trattenere i clienti in negozio (chioschi, totem e touch point). Cresce, con differenze molto rilevanti, l’omnicanalità: l’eCommerce è ormai sviluppato dall’80 per cento dei top retailer dell’Abbigliamento e solo dal 30 per cento dei top dell’Alimentare. Ma ora che è arrivato Amazon a portare la spesa a casa, è facile immaginare che ci sarà un’accelerazione.