Umberto Bertelè, professore emerito al Politecnico di Milano, è autore di “Strategia”, edizioni Egea, disponibile nella seconda edizione, focalizzata sulla trasformazione digitale.
Da un lato PayPal che supera American Express in Borsa e Ikea che, come era già successo a Nike, è costretta a venire a patti con le grandi piattaforme di ecommerce (quali Amazon o Alibaba). Dall’altro il libro cartaceo che riprende slancio rispetto all’ebook e Aldi che punta sul suo ormai storico modello discount per crescere (sfidando Walmart e Amazon) sul mercato US. Quattro storie recentissime, che ho scelto per mostrare come la digitalizzazione continui in molti comparti a generare disruption, ma come in altri le imprese incumbent stiano reagendo, non necessariamente digitalizzandosi.
PayPal supera per la prima volta American Express. In Cina i pagamenti e i trasferimenti di danaro sono da tempo saldamente nelle mani delle grandi del digitale, Alibaba e Tencent (ambedue con una capitalizzazione di Borsa di oltre 400 miliardi di $), che hanno saputo approfittare della debolezza del sistema bancario-finanziario locale per occupare i nuovi spazi che la crescita tumultuosa del PIL metteva progressivamente a disposizione. Alibaba ha anche creato un fondo monetario che – con 370 milioni di sottoscrittori e oltre 200 miliardi di dollari raccolti – è ora il più grande del mondo, con una consistenza doppia rispetto al secondo (gestito da JPMorgan). Ma in Occidente le grandi banche e le società che gestiscono le carte di credito continuano a essere molto forti, per cui il temporaneo superamento da parte di PayPal di un mostro sacro come American Express e il suo avvicinamento (sempre in termini di capitalizzazione) ad altri due mostri sacri come Morgan Stanley e Goldman Sachs appare molto sintomatico delle scommesse che la finanza fa sul futuro del comparto. E non va dimenticato che alle spalle di PayPal, e in concorrenza con essa, ci sono i sistemi di pagamento di Apple e Amazon.
Ikea è costretta dopo 74 anni a cambiare il suo storico business model. Fino a poco fa un business model di grandissimo successo, quello di Ikea, che aveva nei suoi enormi punti di vendita – alla periferia delle città – e nel loro coinvolgente layout uno degli elementi più caratterizzanti. Ma in questa fase storica Ikea soffre un problema simile a quello dei grandi centri commerciali periferici: c’è sempre meno gente disposta a spostarsi fisicamente, quando molta informazione è rintracciabile sui siti delle grandi piattaforme di ecommerce. E disporre di un proprio sito di vendita può non bastare. Di qui l’annuncio che Ikea, a 74 anni dalla nascita, ha deciso di essere presente anche sulle grandi piattaforme di terzi (quali Amazon e Alibaba): con un potenziale impatto sui margini ma soprattutto con la necessità di ripensare il suo rapporto con i clienti.
Aldi scommette invece sul suo business model pre-digitale per crescere negli US. Sull’onda del successo del modello discount sul mercato UK, ai danni del gruppo leader Tesco e in concorrenza con l’ecommerce, la tedesca Aldi vuole accrescere del 50% le sue vendite negli US e per questo ha deciso di investire 3,4 miliardi di $. Il modello discount, che vede come co-protagonista in Europa l’altra tedesca Liedl e ha diversi epigoni, è un tipico modello low cost (come peraltro quello di Ikea): la qualità dei prodotti offerti è buona, ma la scelta (ovvero il numero di referenze) è limitata, l’arredamento dei punti vendita è spartano e il servizio – agli antipodi rispetto a quello offerto dall’ecommerce – è al livello minimo indispensabile.
Il libro cartaceo riacquista fascino. Dato prematuramente come moribondo, quando la crescita dell’ebook (introdotto nel 2007) sembrava inarrestabile, il libro cartaceo ha ripreso fiato. Ovviamente è cambiata la domanda. Ma l’offerta ha giocato un ruolo importante, ricorrendo soprattutto a strumenti di ristrutturazione tradizionali: concentrandosi (si sono ridotti a 4 i grandi editori che dominano il mercato mondiale), accrescendo il controllo sui costi, riducendo sensibilmente (con processi più snelli) il time to market, segmentando con più attenzione la domanda.