INTERVISTA

Angelini Industries rilancia sull’innovazione: una nuova funzione, diversi focus tematici, risultati misurabili



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La multinazionale italiana, attiva nel pharma, nel mondo industriale e nella produzione di beni di consumo, ha dato vita a un’organizzazione trasversale a tutto il gruppo che include IT, dati e AI, Cyber Security, Open Innovation, Governance. A plasmarla e guidarla c’è da un anno Stefano Brandinali, Chief Innovation Officer

Pubblicato il 10 mag 2024

Manuela Gianni

Direttrice, Digital4Executive



Angelini Industries

Da marzo dello scorso anno Stefano Brandinali è responsabile innovazione di Angelini Industries, eccellenza italiana nata ad Ancona nel 1911 nel mondo farmaceutico e che nel tempo si è diversificata, affiancando al pharma altre linee di business, in particolare macchinari per il settore dei prodotti igienici assorbenti e beni di largo consumo. Brandinali ha una profonda esperienza nella gestione di progetti IT e di innovazione maturata in ruoli di respiro internazionale (Prysmian, Walgreens Boots Alliance, Ferrero) e guida un gruppo di lavoro che complessivamente comprende circa un centinaio di persone, in crescita, di cui 60 nell’area IT.

Who's Who

Stefano Brandinali

Chief Innovation Officer, Angelini Industries

Stefano Brandinali

La neonata funzione innovazione lavora in modo trasversale con tutte le aziende del Gruppo, che ha 5.800 dipendenti e opera direttamente in 21 paesi, con un fatturato che supera i 2 miliardi di euro. In questo primo anno, il manager non solo ha modellato la nuova organizzazione, ma ha anche avviato diversi progetti che stanno già dando i primi significativi risultati, in particolare nell’uso dell’AI Generativa. L’abbiamo incontrato per conoscere da vicino la strategia di innovazione di Angelini.

Brandinali, perché Angelini Industries ha deciso un anno fa di creare una divisione dedicata all’innovazione?

«Innanzitutto, va detto che l’innovazione è sempre stata nel dna di Angelini e oggi è uno dei quattro valori su cui poggia la strategia di Angelini Industries; gli altri tre sono Etica e responsabilità, Performance ed Engagement. Certo, scriverlo nella carta dei valori ha un valore formale, ma anche sostanziale: vuol dire avere sempre lo sguardo rivolto al futuro.
Come spesso capita nelle aziende a conduzione familiare, nella sua storia lunga più di un secolo Angelini Industries ha attraversato diverse fasi di innovazione ben prima che ci fosse una funzione dedicata, pur senza avere modelli di riferimento.
Ad esempio, nel 1919 per prima ha iniziato a fare consegne dirette alle farmacie, il direct delivery, come lo chiameremmo oggi, mentre prima la catena era sempre stata disintermediata. Un altro esempio è la creazione di Fameccanica (oggi Angelini Technologies) negli anni 70: oggi lo chiameremmo venture building. L’ingegneria interna aveva sviluppato una competenza così forte sulla produzione di macchine per realizzare prodotti assorbenti, come pannolini, che si è deciso di creare una realtà a sé stante.
Anche sul fronte dei prodotti, è stato innovativo il posizionamento premium di alcuni farmaci oggi noti a tutti, che si basano su molecole generiche.
È in linea con questa strategia che il 1 marzo 2023 è stata creata a livello di holding una funzione Innovation, un polo trasversale dedicato a coprire anche aree di innovazione finora non del tutto presidiate, in linea con la strategia del gruppo».

Qual è stato il punto di partenza del suo lavoro?

«Il mio sforzo iniziale è stato identificare lo scopo, il why di questa funzione, e in seguito le modalità operative, quindi il come, e poi le aree di applicazione, quindi il what.
Iniziamo dal perché: non è una funzione che si sostituisce a chi già fa innovazione, ma che è complementare e aiuta, cooperando su un tema specifico, offrendo delle capabilities che mancano e quando possibile mettendole a disposizione anche di altre aziende. Ad esempio, stiamo aiutando l’R&D del Pharma a utilizzare tutte le leve tecnologiche digitali moderne, come l’Intelligenza Artificiale a supporto del Drug Discovery. Si tratta di una capability interessante che la ricerca del farmaco fino a oggi ha sviluppato parzialmente.
Questo spiega il “come”: siamo partiti da ciò che c’era, prima di tutto dall’IT, che è quasi completamente in house ed è la prima Factory all’interno della mia galassia. Ci siamo dati una strategia nuova e reinventati: ora si chiama Digital Core, perché il suo ruolo è porre le fondamenta dell’innovazione».

Oltre all’IT, quali sono le altre Factory della divisione innovazione?

«Nei primi sei mesi abbiamo creato altre aree di competenza, ora in totale sono cinque, incluso Digital Core.
La prima, che non c’era, è quella dedicata all’Open Innovation. L’obiettivo di questa funzione è fare sistema, creare link con università, centri di ricerca e startup che possano lavorare su nostri use case, attraverso partnership su temi specifici. Stiamo collaborando col gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano e stiamo aprendo le porte all’Università di Pavia, alla Luiss e La Sapienza.
Abbiamo poi creato la funzione Data e AI, affidandola a un Chief Data Officer di alto profilo, e abbiamo costruito sotto di lui una squadra dedicata.
Analogamente è stata creata l’area dedicata alla Cybersecurity e abbiamo assunto una CISO (Chief Information Security Officer) di grande valore. Questa è stata una scelta non scontata: la percezione di molte aziende è che rientri nelle competenze dell’IT. In Angelini Industries erano già state fatte scelte tecnologiche e implementazioni di sistemi di Protection e di Detection, ma per esempio mancava la parte di Governance e quella di Gecovery, che sono state sviluppate successivamente.
La quarta è una funzione strategia e governance, che ha anche il compito di identificare il valore di tutte le iniziative di innovazione. Prima di essere fatte devono avere una misura del valore atteso e dopo la messa in produzione serve un controllo ingegneristico di quello che è un processo tendenzialmente percepito come molto creativo. Il business, però, non parla solo la lingua della creatività, ma anche e soprattutto quella dei risultati concreti. Certamente esiste una parte creativa, di pensiero laterale, di spinta all’esplorazione che può anche andar male, e questo lo dobbiamo accettare, entro certi limiti. Abbiamo creato un processo strutturato, lasciando però spazio all’attività di libera esplorazione. In questo modo si ottengono delle risposte, con i dati alla mano, altrimenti si lavora sulle percezioni.
Per il futuro stiamo valutando lo sviluppo di nuovi veicoli per accelerare l’innovazione, stiamo ad esempio pensando alla fondazione di una Innovation Factory, un incubatore che lavori in modalità Agile, esclusivamente su cicli molto brevi, tra 2 e 6 mesi, con l’obiettivo di capire se abbia senso spingere sulle idee che sono state generate nel processo creativo sopra citato, o, all’opposto, bocciarle. Opererà con fusion team, i cui membri provengono da aree funzionali diverse, e sarà a trazione business: ci sarà un capo che sarà responsabile del prodotto, mentre le persone dell’innovation team opereranno come facilitatori.
Si lavorerà per prodotti, non per progetti, con l’obiettivo di favorire l’innovazione organica, quindi interna. Non ne prevedo più di 5 che operano in parallelo, focalizzati, con cicli brevi».

Ci può fare qualche esempio concreto di progetto su cui state già lavorando in Angelini Industries?

«Abbiamo iniziato dalle fondamenta, il Digital Core: fino a oggi non esisteva un ERP unico ed è stato lanciato quest’anno un progetto con SAP che in realtà è un progetto di trasformazione organizzativa. Sfrutteremo la migrazione per rivedere il meccanismo operativo interno in aree come Finance o Logistica con una vista di gruppo, con un’unica istanza SAP e un nuovo modello di controllo. È stata definita una strategia IT che si basa su 3 postulati: Harmonize Align and Lift, l’acronimo di HAL, cioè il nome del computer di Odissea nello Spazio.
Align significa che lavoriamo sui grandi progetti di trasformazione, evitando di disperdere gli investimenti IT nella minutaglia, nella raccolta dal basso del demand; Lift significa che facciamo scelte di qualità, meno progetti ma più significativi, solo quelli che hanno veramente un impatto sul business.
Abbiamo poi lavorato sui dati e in pochi mesi sono stati raggiunti dei risultati notevoli nell’adozione dell’Artificial Intelligence. Abbiamo sviluppato internamente modelli di Machine Learning per la previsione della domanda del farmaco che hanno dimostrato un’accuratezza del 5-10% superiore, comparati con i risultati del processo precedente, che già prevedeva l’uso di dati esterni e un’interpretazione umana secondo il principio ‘human in the loop’. Ad esempio, il modello ha dimostrato di saper intercettare i picchi influenzali meglio rispetto al passato. Va detto che nel processo gli esperti della domanda restano fondamentali, ma potranno così prendere decisioni più accurate. Un altro progetto realizzato è AskAI, per l’integrazione dell’AI generativa all’interno di diversi processi dell’azienda, sviluppato in collaborazione con Microsoft Italia.
Si tratta concretamente di una web app utilizzabile sia da desktop sia da dispositivi mobili a disposizione di tutti i dipendenti del gruppo per la redazione di contenuti, testi e traduzioni. In una seconda fase saranno sviluppate soluzioni verticali specifiche, per supportare, per esempio, i team legal nella realizzazione, analisi e ricerca di contratti e brevetti. In ambito HR potrà migliorare in chiave moderna alcuni processi tradizionali (quali il recruiting, il talent management), e avrà un ruolo centrale anche nella formazione degli informatori medico-scientifici in ambito farmaceutico.
Verrà anche utilizzata per affiancare il team di supporto tecnico al cliente per velocizzare le attività e le risoluzioni di problemi di funzionamento dei macchinari e dei beni di largo consumo per la cura della casa e della persona prodotti da Angelini Technologies. Abbiamo allenato il sistema con i nostri dati aziendali fornendo in input la manualistica: il sistema restituisce una risposta che poi viene ovviamente validata dall’operatore del Customer Service che parla con il cliente. A detta dei nostri operatori, il tempo si è ridotto del 50% e la qualità è tendenzialmente migliorata.
Un altro esempio concreto riguarda Fameccanica, che vende macchine molto complesse e articolate: stiamo aiutando lo sviluppo della cosiddetta “servitization”, ovvero come cambiare il modello di business, che diventa pay per use, e definendo il portafoglio di servizi da portare sul mercato.
Stiamo individuando delle startup con cui sviluppare la sensoristica e quindi la piattaforma Iot da inserire nelle macchine».

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